Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono analisi metrica

Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono analisi metrica

di Francesco Petrarca


Analisi metrica

Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono è un sonetto di endecasillabi con schema metrico: ABBA.ABBA.CDE.CDE.


Analisi retorica

Presenza di allitterazioni: s (vv. 1-4), d (v. 2, 4), q (v. 4), v (vv. 5-12), p (vv. 7-8), f (v. 10), m (v. 11), c (vv. 13-14).
Presenza di elisione: ch’ascoltate (v. 1), ond’io (v. 2), quand’era, altr’uom, chi’i’ (v. 3), ch’io (v. 4).
Presenza di aferesi: ‘l (v. 2, 6, 12, 13).
Presenza di apocope: uom, i’ (v. 4), van (v. 6), trovar (v. 8), ben, or, popol (v. 9), vaneggiar (v. 12), conoscer (v. 13).
Presenza di enjabement: vv. 1-2, vv. 8-9, vv. 9-10, vv. 13-14.

Apostrofe: Voi ch’ascoltate (v.1).
Anacoluto: Voi ch’ascoltate…nonché perdono (vv. 1-8).
Chiasmo: Voi ch’ascoltate – ch’i’ sono / del vario stile – spero trovar pietà, nonché perdono (vv. 1-8).
Anastrofe: giovenile errore (v. 3), vane speranze e ‘l van dolore (v. 6), popol tutto (v. 9), favola fui (v. 10), di me medesmo meco mi vergogno (v. 11), vergogna è ‘l frutto (v. 12), breve sogno (v. 14).
Metafora: sospiri ond’io nudriva ‘l core (v. 2), favola fui (v. 10), vergogna è il frutto (v. 12), breve sogno (v. 14).
Polisindeto: e del mio vaneggiar vergogna è ‘l frutto, e ‘l pentersi, e ‘l conoscer chiaramente (vv. 12-13).


Commento

Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono, è la prima poesia della raccolta De Rerum Vulgarium Fragmenta, conosciuto anche come Canzoniere.
Scritto presumibilmente successivamente alla morte di Laura, dopo il 1348, la donna da Petrarca amata e oggetto di tutta la raccolta, il sonetto è posto come ad introduzione di essa. Rivolgendosi ai propri ipotetici (o reali) lettori, tratteggia i termini principali dell’opera: essa non è un poema o un componimento che abbia un principio stilistico unitario, ma è costituita da una raccolta di poesie indipendenti e conchiuse (voi ch’ascoltate in rime sparse il suono) aventi per tema i “sospiri ond’io nudriva ‘l core”, quindi non argomenti alti, filosofici o religiosi, ma semplici “sospiri” d’amore. Tema nei confronti del quale tende immediatamente a prendere le distanze, attribuendone piuttosto la paternità ad un suo “primo giovenile errore”, distanze prese non del tutto però in quanto quell’errore fu determinato dall’essere il poeta in gioventù sì diverso da quello che è ora, ma solo in parte, “quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono”. Un rivendicare in qualche modo, quell’errore di gioventù, il piangere e lamentarsi per futili e vane speranze e dolori, in quanto frutto del sentimento dell’amore, quindi non eludibili per la natura, per l’indole stessa del poeta. Lo scorrere del tempo, l’invecchiare che determina una diversa prospettiva, che procura vergogna per essere stato sulla bocca della gente, ma anche pentimento e consapevolezza che forse l’amore fa parte di quei piaceri terreni che il tempo inesorabilmente cancella, con la morte. Caducità del sentimento che se scompare con il venire meno dell’individuo che lo vive, la quale tuttavia, forse, può essere superata attraverso i versi scritti da un poeta, finché questi ha un pubblico che seguendolo ne mantiene in vita quel barlume alimentato dai “suoni”.
Tecnicamente la poesia si compone di due lunghi periodi, corrispondenti alle due quartine e alle due terzine. Un ritmo dall’incedere lento e costante che ha fatto definire questo da Fubini come un “sonetto di vecchiaia”. Il pubblico, quello che in linguaggio letterario si definirebbe come lettore, nella poesia è colui che “ascolta”, in linea con la tradizione provenzale di una poesia composta per essere declamata con accompagnamento musicale. Quasi a volere accentuare, da parte del poeta, il carattere futile, temporale, in chiave minore delle poesie che ha raccolto nell’opera, riallacciandosi al contempo ad una tradizione ormai consolidata a quei tempi, ad una ragione lirica degna di essere seguita (letta) proprio perché paradigma di vita, del senso di esistere.

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