VITA DI TORQUATO TASSO

VITA DI TORQUATO TASSO

VITA DI TORQUATO TASSO


Nasce l’11 marzo del 1544 a Sorrento, terzogenito dopo sua sorella Cornelia (maggiore di sette o otto anni), e un fratello del medesimo nome vissuto pochi mesi. Il padre Bernardo, di nobile famiglia bergamasca, letterato di fama e uomo politico, era dal 1532 al servizio di Ferrante Sanseverino principe di Salerno. La madre, Porzia de’ Rossi, era gentildonna napoletana d’origini pistoiesi; il matrimonio con Bernardo fu celebrato nel 1536, ma il marito fu spesso lontano dalla famiglia: incarichi diplomatici lo fecero viaggiare in Spagna, Fiandre, Centro e Nord Italia. A partire dal 1542 la famiglia da Salerno si spostò a Sorrento, avendo Bernardo ottenuto una dispensa dagli impegni per dedicarsi ai suoi lavori letterari. Ma al momento della nascita di Torquato il padre era in viaggio. Nel 1545 la famiglia si ritrasferisce a Salerno. Dopo tre anni trascorsi a Salerno[1], i Tasso si trasferiscono a Napoli; poco dopo, nei primi mesi del 1551, Bernardo segue Sanseverino costretto all’esilio e passato dalla parte dei Francesi, mentre Torquato, che aveva già ricevuto i primi rudimenti scolari da un sacerdote di casa, Giovanni d’Angeluzzo, inizia a Napoli degli studi regolari sotto la disciplina dei gesuiti.

Nel 1554 Torquato, in compagnia di d’Angeluzzo, raggiunge il padre a Roma. Porzia e Cornelia sono obbligate, per il comportamento avido e dispotico dei fratelli de’ Rossi (interessati a rientrare in possesso della dote di Porzia), a restare a Napoli. I beni di Bernardo, dichiarato ribelle come il principe Sanseverino, sono confiscati. Nel 1556 muore Porzia e la figlia è costretta due anni dopo a contrarre matrimonio con Marzio Sersale. Nello stesso 1558 Cornelia, fresca sposa, scampa a una selvaggia spedizione piratesca dei Turchi a Sorrento. Le prime durissime vicende della vita di Torquato ebbero conseguenze rilevanti nella formazione della sua personalità: il temperamento “malinconico”, tante volte chiamato in causa nel suo epistolario, si sarebbe negli anni tradotto in un’indole nevrotica e instabile.

Dal 1554 al ’56 padre e figlio vissero a Roma insieme a Cristoforo Tasso, un nipote di Bernardo giunto da Bergamo per studiare insieme a Torquato. Nel settembre 1556 Bernardo, preoccupato (a causa del conflitto tra papa Paolo IV e Filippo II) per la paventata invasione di Roma degli Spagnoli del duca d’Alba, nuovo viceré, inviò i due ragazzi a Bergamo, riuscendo nel frattempo a sistemarsi a Pesaro, alla corte del duca di Urbino Guidubaldo II Della Rovere. Qui Torquato, che lo raggiunse qualche mese dopo, divenne compagno di studi del principe Francesco Maria.

Nel dicembre del 1558 Bernardo si reca a Venezia per curare la stampa dell’Amadigi e di altre opere sue. Torquato lo raggiunge qualche mese dopo, nella primavera del ’59, aiutantolo in vari modi e assorbendo gli stimoli di un ambiente culturale vivace: nel mese di giugno, incaricato di portare in lettura a Sperone Speroni alcuni canti del padre, fa conoscenza a Padova con un personaggio allora fra i piú eminenti con cui si sarebbe a lungo confrontato; a Venezia conobbe artisti letterati e altre figure della civiltà letteraria del tempo. In questo ambiente inizia a comporre un primo abbozzo, il Libro primo del Gierusalemme, di quel che sarebbe divenuto il poema sulla crociata.

Nell’autunno del 1560 Tasso si iscrive ai corsi di Legge dello Studio di Padova; ma già l’anno dopo passa ai corsi di Filosofia ed eloquenza, divenendo studente di Francesco Piccolomini e Carlo Sigonio, «espositore» della Poetica di Aristotele.

Ottobre 1570 – aprile 1571: viaggio in Francia al seguito del cardinale Luigi.

Maggio – luglio 1571: viaggio a Roma.

Tasso termina la prima stesura del poema agli inizi del 1575, iniziando nel febbraio l’invio dei canti a Scipione Gonzaga, da tempo di stanza a Roma. Il comitato di lettura romano è composto da Scipione Gonzaga, Pier Angelio da Barga, Flaminio de’ Nobili, Sperone Speroni e Silvio Antoniano.

Il 7 giugno 1577 si reca dall’inquisitore di Ferrara, ne riceve l’assoluzione e nel contempo denuncia «cose gravissime» contro il Montecatini, segretario del duca: lo sappiamo grazie alla testimonianza stessa del domenicano, che avvisava Alfonso delle intenzioni di Tasso, non soddisfatto dell’esame cui era stato sottoposto, di recarsi dall’inquisitore bolognese. Il 18 giugno è messo in carcere con l’accusa di aver minacciato un servo con un coltello. Qualche giorno dopo torna nelle sue stanze, trasformate in prigione. A luglio gli è concesso di raggiungere il duca a Belriguardo. Da lí passa nel convento di San Francesco a Ferrara. Tornato da qualche giorno nel castello di Ferrara, guardato a vista, evade nella notte fra il 26 e il 27 luglio e fugge rocambolescamente a Bologna.

A Sorrento, ospite della sorella Cornelia dall’agosto 1577 sino agli inizi del 1578. Dopo una tappa a Napoli, nel febbraio 1578 è a Roma, ospite del card. Luigi d’Este e poi dell’ambasciatore estense. Il 16 aprile rientra a Ferrara, ma inizia subito un’altra fase di peregrinazioni: a inizio luglio a Mantova, poi a Padova, a Venezia, quindi a Pesaro, infine ad agosto nella vicina Urbino. Durante la permanenza nei territori dei Della Rovere Tasso compone la bellissima canzone Al Metauro (Rime, 573), incompiuta alla terza strofa, in cui evoca le sventure della propria esistenza.

All’inizio del settembre del 1578 Tasso è di nuovo a Ferrara, da dove, senza che gli sia concessa udienza, riparte alla volta di Mantova per proseguire verso Torino, dove giunge a fine mese.

L’occasione delle terze nozze del duca Alfonso, stavolta con Margherita Gonzaga, figlia del duca di Mantova, persuade Tasso, dopo un carteggio con il card. Albani che intercede per lui presso il duca, a tornare a Ferrara; vi giunge a fine febbraio del 1579 ed è alloggiato in casa del cardinale. Insoddisfatto del trattamento, l’11 marzo prorompe nel palazzo di Cornelio Bentivoglio, capitano generale, alla presenza delle dame di casa, in «insolenti pazzie» e in parole «brutte e disoneste». Fatto prigioniero, è portato all’Ospedale di Sant’Anna e messo alla catena come «furioso».

Dopo vari tentativi compiuti da amici e conoscenti, finalmente il principe di Mantova Vincenzo Gonzaga ottiene dal cognato Alfonso II un affidamento – che sarebbe dovuto essere solo temporaneo – del poeta: nel luglio del 1586 Tasso lascia finalmente Sant’Anna per seguire il principe alla corte mantovana, luogo di tanti ricordi di giovinezza.

 In questo periodo il piccolo Tasso visitò in piú occasioni l’abbazia di Cava dei Tirreni, legata alla memoria di Urbano II, il papa banditore della prima crociata, la cui tomba è però a Roma, diversamente da quello che si ripete sulla scorta della Vita di Angelo Solerti.

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