Vita di Vittorio Alfieri scritta da esso

Vita di Vittorio Alfieri scritta da esso

La Vita, L’Epistolario e Commedie

La principale opera in prosa di Alfieri è la Vita di Vittorio Alfieri scritta da esso, un’autobiografia che alcuni considerano la sua opera maggiore. L’opera è divisa in due parti. La prima comprende quattro epoche: la Puerizia (nove anni di ‘vegetazione”, dal 1749 al 1758), preceduta da una Introduzione; l’Adolescenza (otto anni di “ineducazione’, dal 1758 al 1766); la Giovinezza (dieci anni dedicati ai viaggi e alle dissolutezze, dal 1766 al 1775) e la Virilità (trent’anni ed oltre di studio e attività letteraria, dal 1775 al 1790). La seconda parte, continuazione della quarta epoca, è costituita da dodici capitoli, che descrivono un arco di tempo di tredici anni, dal 1790 al 1803. Il materiale – viaggi, esperienze, amori, letture, duelli e quant’altro – è organizzato in rigoroso ordine cronologico e con grande precisione.

La produzione di autobiografie è molto diffusa nel Settecento. Il modello della Vita alfieriana è costituito in particolare dai Mémoires di Carlo Goldoni, pubblicati nel 1787, e da Les confessions (“Le confessioni”) di Rousseau, pubblicate tra il 1782 e il 1789. Nell’’Introduzione Alfieri afferma: allo studio dunque dell’uomo in genere è principalmente diretto lo scopo di quest’opera. E di qual uomo si può egli meglio e più dottamente parlare, che di se stesso? La Vita è dunque un’autobiografia e, come tale, documento prezioso per la conoscenza della personalità dell’autore, delle sue vicende esistenziali, della sua formazione, del suo pensiero, della sua poetica. Ma si tratta di un’autobiografia sui generis, a metà strada fra documento di vita, memoria, confessione e soprattutto autoritratto ideale. Vi sono narrati avvenimenti di vario tipo: incontri, amori, paesaggi, ecc.; soprattutto vi sono riportate le sensazioni che luoghi ed eventi suscitano nell’animo dello scrittore, analizzate e giudicate, sviscerate e riordinate senza alcun apparente sentimentalismo. Non mancano giudizi poco indulgenti verso il proprio operato; né manca – elemento da annoverare fra i maggiori pregi dell’opera – una chiara vena autoironica.

Molte delle pagine della Vita hanno l’evidente scopo di costruire attorno alla figura dell’autore una sorta di mito, di culto della personalità. Questo fatto è testimoniato, fra l’altro, dal gioco delle opposizioni fra il protagonista e tutta una serie di personaggi-comparsa citati al solo scopo di fungere da termini di paragone (Metastasio, che si inchina all’imperatrice Maria Teresa, suscitando lo sdegno di Alfieri, il quale si rifiuta di conoscerlo; l’episodio in cui il poeta si fa legare a una sedia dal servitore per resistere alla tentazione di raggiungere la donna amata; ecc.). Tutto è vissuto dal protagonista altissimamente, in modo passionale e determinato, con sprezzo dei pericoli e alta concezione del proprio ruolo, della propria condizione di letterato. Non a caso il materiale autobiografico è organizzato intorno al punto centrale della ‘conversione letteraria’, vista come una specie di seconda nascita.

La formazione e l’ideologia Gli anni della formazione giovanile, fino alla “fuga” da Torino e alla scoperta della vocazione tragica, sono caratterizzati fondamentalmente da un rapporto molto teso e dialettico tra la personalità del giovane e gli ambienti in cui egli vive. Ne è testimonianza La vita scritta da esso ovvero l’autobiografia alfieriana, fonte primaria ovviamente per la conoscenza dell’esistenza del poeta, in particolare proprio dei suoi anni giovanili, benché non si tratti, come s’è visto, di un documento esauriente né totalmente attendibile dal momento che il poeta vi delinea un autoritratto ideale.

Il primo contesto con cui si misura il giovane Alfieri è, come già accennato, il mondo aristocratico astigiano, nel quale al provincialismo dello Stato sabaudo del secondo Settecento si somma quello di un tipico ambiente nobiliare di periferia. Alfieri, carattere ora taciturno e placido, ora loquacissimo e vivacissimo, subisce di questo contesto tutti i vantaggi, gli svantaggi e gli inevitabili condizionamenti. Da un lato, l’ambiente garantisce allo scrittore una tranquilla vita di nobile, senza problemi economici di alcun genere; dall’altro, sottolinea in chiave aristocratica alcune connotazioni della prorompente personalità del giovane, come il bisogno di emergere, una vigorosa volontà di affermazione, la personalità ribelle e passionale, aliena da ogni limite o legame.

Nella personalità di Alfieri la nobiltà di censo riveste un significato esistenziale assai   ampio. Il rifiuto di ogni vincolo e il desiderio di affermazione di una libertà sentita come totale realizzazione di sé si combinano infatti con una completa estraneità alle vicende storiche, sociali e culturali dell’Europa settecentesca. Lo Stato sabaudo sembra essere, all’epoca, totalmente estraneo al rinnovamento illuministico (che è invece vivace ed attivo, ad esempio, nella Milano asburgica),- ed è il poeta stesso a definirsi asino tra gli asini nel periodo della sua formazione culturale presso l’Accademia di Torino.

Alfieri non giunge in contatto reale con i testi più rilevanti dell’Illuminismo se non dopo la sua “fuga” da Torino verso l’Inghilterra e l’Olanda, dove trova società e governi agli antipodi rispetto al mondo piemontese.

Inoltre, dopo il distacco da Torino e la conseguente conoscenza di paesi stranieri, Alfieri non solo inizia a prendere dimestichezza con i grandi dell’Illuminismo (Voltaire, Montesquieu, Rousseau, Helvétius), ma anche con Machiavelli e Montaigne ed i classici dell’antichità, soprattutto il greco Plutarco. Di quest’ultimo, per sua stessa ammissione, Alfieri rilegge più volte le Vite, dove le gesta eroiche dei protagonisti, impegnati nella lotta per la libertà, trovano nell’animo del giovane aristocratico una piena rispondenza (da quest’opera, più tardi, attingerà anche alcuni personaggi delle tragedie). Nelle letture alfieriane si trovano con abbondanza, accanto alle tragedie classiche, anche le opere del teatro tragico europeo contemporaneo.

I viaggi e la conoscenza degli esponenti dell’Ancien Régime

I viaggi che Alfieri compie in Italia e in tutta Europa sono, in quanto tali, una consuetudine per tutti i giovani nobili italiani. Alfieri tuttavia si differenzia per lo scarso desiderio di relazioni mondane (si limita a frequentare poche, scelte persone, ad esempio Parini o l’amico Gori), senza curarsi più di tanto del lato frivolo della vita delle varie città e senza ricercare in modo particolare la vita delle corti, dove imperano l’adulazione e l’ipocrisia. Ad esempio, durante un soggiorno a Vienna, Alfieri rifiuta di incontrare Metastasio dopo avergli visto compiere la genuflessioncella d’uso davanti all’imperatrice Maria Teresa; si indigna dopo aver conosciuto Federico II di Prussia, il cui Stato definisce universal caserma prussiana; si rifiuta di incontrare Caterina II di Russia.