VIRGILIO ENEIDE II VV 1-49

VIRGILIO ENEIDE II VV 1-49


Traduzione:

Tacquero tutti e tenevano gli sguardi attenti.

Allora dall’alto giaciglio il padre Enea cominciò:

“Mi chiedi, o regina, di rinnovare un dolore indicibile,

in che modo i Danai distrussero la potenza troiana

e il regno sventurato, tristissimi fatti dei quali

fui testimone e protagonista. Chi mai, a raccontare tali fatti,

mirmidone o dolope o soldato del duro Ulisse,

frenerebbe le lacrime? E già l’umida notte discende

dal cielo e le stelle al tramonto conciliano il sonno.

Ma se desideri tanto di conoscere le nostre vicende

e di udire brevemente l’estremo travaglio di Troia,

sebbene l’animo inorridisca al ricordo e rifugga dal dolore,

comincerò. Stremati dalla guerra e respinti dai fati,

i capi dei Danai, trascorsi ormai tanti anni,

per divina arte di Pallade costruiscono un cavallo

a misura di monte e ne intessono i fianchi di abete;

simulano un voto per il ritorno, la fama si sparge.

Qui rinchiudono di frodo nel fianco oscuro prescelti

corpi di eroi designati a sorte, e le vaste

profonde caverne del ventre riempiono d’uomini armati.

C’è in vista Tenedo, famosissima isola,

florida e ricca durante il regno di Priamo,

ora soltanto una baia, una sosta malfida alle navi;

qui, spintisi al largo, si celano nella riva deserta.

Pensammo che fossero partiti e con il vento si fossero diretti a Micene.

Allora tutta la Teucria si scioglie da un lungo dolore.

Si aprono le porte; piace l’andare, e il dorico

campo e i luoghi deserti vedere e la libera spiaggia.

Qui la schiera dei Dolopi, qui di Achille crudele la tenda,

qui la flotta, qui usavano combattere schierati.

Parte (di noi) stupisce al dono esiziale per la vergine Minerva,

ed ammirano la mole del cavallo; e per primo Timete

esorta a introdurlo tra le mura e a collocarlo sulla rocca,

o si trattasse d’inganno, o già comportasse così

il destino di Troia. Ma Capi e quelli che hanno in mente

un migliore pensiero, vogliono che si getti in mare il tranello

dei Danai, il dono sospetto, o si arda appiccandovi fiamme,

o si forino le cavità del ventre e si esplorino i nascondigli.

Il popolo incerto si divide in opposti pareri.

Per primo accorre, davanti a tutti, dall’alto

della rocca Laocoonte adirato, seguito da una grande turba;

e di lungi: “Sciagurati cittadini, quale così grande follia?

Credete partiti i nemici? O stimate alcun dono

dei Danai privo d’inganni? Così conoscete Ulisse?

O chiusi in questo legno si tengono nascosti Achei,

o questa macchina è fabbricata a danno delle nostre mura,

per spiare le case e sorprendere dall’alto la città,

o cela un’altra insidia: Troiani, non credete al cavallo.

Di qualunque cosa si tratti, temo i Danai anche se recano doni.”

 

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