VIRGILIO GEORGICHE I 118-189 LABOR OMNIA VICIT

VIRGILIO GEORGICHE I 118-189 LABOR OMNIA VICIT

Georgiche I, 118 – 189 Labor omnia vicit


TRADUZIONE

Tuttavia, benchè le fatiche di buoi ed uomini abbiano sperimentato a proprie spese queste azioni rivoltando la terra, l’anatra testarda, le gru dello Strimone e la cicoria dai filamenti amari nuocciono o l’ombra nuoce. Proprio Giove volle che la via per la coltivazione non fosse facile ed egli per primo attraverso un intervento ( prodigio ) fece dissodare i campi, stimolando i cuori degli uomini con i bisogni e non permise che i suoi regni si intorpidissero in una pesante apatia. Prima di Giove nessun agricoltore coltivava i campi e non era neppure lecito segnare i confini o ripartire un campo con una linea di confine; procuravano in comune e la terra da sola più spontaneamente produceva, anche se nessuno doveva chiedere. Egli aggiunse ai serpenti terribili il tremendo veleno, ordinò ai lupi di cercarsi delle prede, al mare di agitarsi, scosse via dalle foglie i mieli, tolse il fuoco e fermò i vini che copiosamente scorrevano nei ruscelli, perché il bisogno, attraverso la riflessione, foggiasse le arti diverse, poco a poco, e nei solchi cercasse la pianta del frumento, perché facesse sprizzare il fuoco nascosto nelle vene del sasso. Allora per la prima volta i fiumi sentirono su di sé gli ontani incavati; allora il marinaio creò numeri e nomi per le stelle, Pleiadi, Hiadi e l’Orsa splendente di Licaone; allora si scoprì come catturare coi lacci le belve, catturare col vischio ( gli uccelli ) e circondare coi cani i grandi anfratti boscosi, e chi sferza il largo fiume con una rete, cercando il fondo / dirigendosi al largo, chi ritrae dal mare le reti umide di lino; allora ( nacque ) la durezza del ferro e la lama della sega stridente ( infatti i primi uomini tagliavano il legno tenero con i cunei ), allora vennero le svariate tecniche. Il lavoro ostinato vince tutto, e ( = come ) il bisogno che incalza nelle situazioni difficili. Per prima Cerere insegnò ai mortali a rivoltare la terra col ferro ( dell’aratro ), quando ormai ghiande e corbezzoli della foresta sacra scarseggiavano e Dodona negava il vitto. Ben presto anche ai campi di frumento si aggiunse la fatica ( malattia ), tanto che la dannosa “ruggine” si mangiava la spighe ed il cardo improduttivo pungeva nei campi; muoiono i raccolti, si fa posto la sterpaglia incolta, lappole e triboli, e fra le coltivazioni rigogliose dominano il loglio dannoso e le avene improduttive. E se non strapperai l’erba con i rastrelli di frequente ( = frequenti ) e spaventerai con il rumore gli uccelli e terrai distante con la falce l’ombra ( degli alberi *) della campagna ( = opaca * ) e avrai invocato con le preghiere la pioggia, ohimè osserverai invano il grande raccolto di un altro e sazierai la fame nelle foreste dopo aver scosso una quercia.


TESTO ORIGINALE

Nec tamen, haec cum sint hominumque boumque labores
uersando terram experti, nihil improbus anser
Strymoniaeque grues et amaris intiba fibris
officiunt aut umbra nocet. pater ipse colendi
haut facilem esse uiam uoluit primusque per artem
mouit agros curis acuens mortalia corda,
nec torpere graui passus sua regna ueterno.
ante Iouem nulli subigebant arua coloni;
ne signare quidem aut partiri limite campum
fas erat: in medium quaerebant, ipsaque tellus
omnia liberius nullo poscente ferebat.
ille malum uirus serpentibus addidit atris,
praedarique lupos iussit pontumque moueri,
mellaque decussit foliis ignemque remouit,
et passim riuis currentia uina repressit,
ut uarias usus meditando extunderet artis
paulatim, et sulcis frumenti quaereret herbam,
ut silicis uenis abstrusum excuderet ignem.
tunc alnos primum fluuii sensere cauatas;
nauita tum stellis numeros et nomina fecit
Pleiadas, Hyadas, claramque Lycaonis Arcton;
tum laqueis captare feras et fallere uisco
inuentum et magnos canibus circumdare saltus;
atque alius latum funda iam uerberat amnem
alta petens, pelagoque alius trahit umida lina;
tum ferri rigor atque argutae lammina serrae
(nam primi cuneis scindebant fissile lignum),
tum uariae uenere artes. labor omnia uicit
improbus et duris urgens in rebus egestas.
prima Ceres ferro mortalis uertere terram
instituit, cum iam glandes atque arbuta sacrae
deficerent siluae et uictum Dodona negaret.
mox et frumentis labor additus, ut mala culmos
esset robigo segnisque horreret in aruis
carduus; intereunt segetes, subit aspera silua,
lappaeque tribolique, interque nitentia culta
infelix lolium et steriles dominantur auenae.
quod nisi et adsiduis herbam insectabere rastris
et sonitu terrebis aues et ruris opaci
falce premes umbram uotisque uocaueris imbrem,
heu magnum alterius frustra spectabis aceruom,

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