VIRGILIO BIOGRAFIA E OPERE

VIRGILIO BIOGRAFIA E OPERE

Publio Virgilio Marone Cerca con Google

VIRGILIO BIOGRAFIA E OPERE

Publio Virgilio Marone è uno dei più noti poeti latini. Nacque ad Andes, un villaggio presso Mantova, nel 70 a.C. Studiò a Milano, Roma , Napoli, dove seguì i corsi del filosofo epicureo Sirone. Si interessò anche di astronomia, botanica, zoologia, medicina e matematica. Durante il periodo delle guerre civili dovette subire la confisca dei proprio terreni da parte dei soldati di Ottaviano e Antonio, che avevano sconfitto a Filippi (42 a.C.) i Pompeiani. In tale periodo iniziò anche a coltivare i suoi interessi poetici: intorno al 40 a.C., dopo i primi versi giovanili, compose le Bucoliche , un insieme di 10 ecloghe o componimenti poetici di argomento pastorale, spesso dialogati. Si tratta di una poesia di evasione ispirata all’ideale della vita semplice e appartata, fatta di umili lavori, di gare di canto all’ombra degli alberi. Scritte nel periodo delle guerre civili, in esse vi è una idealizzazione della vita agreste vista come un rifugio alla violenza della storia. Ottenuta una certa notorietà e fama poetica, entrò a far parte del circolo letterario di Mecenate (l’antesignano dei protettori degli artisti, da cui, per antonomasia, deriva il termine “mecenatismo” che indica appunto tale atteggiamento), diventando amico dello stesso Ottaviano e di altri poeti, tra cui il celebre Orazio.

Tra il 37 e il 30 a.C. compose le Georgiche, un poema didascalico (che vuole cioè dare degli insegnamenti) dedicato all’agricoltura. Vi si parla della coltivazione della vite, dell’ulivo, dell’allevamento del bestiame, di apicoltura. Il lavoro dei campi è considerato quale strumento di progresso e di riscatto morale e la vita agreste come l’unica in grado di assicurare la felicità. Successivamente, nel 29 a.C., anche per l’incoraggiamento dell’imperatore Ottaviano, si dedicò esclusivamente alla composizione dell’Eneide, il suo maggiore poema. Vi lavorò per undici anni, ma alcune parti erano ancora considerate provvisorie, tanto che nel 19 a.C. decise di compiere un viaggio in Grecia per visitare i luoghi delle vicende narrate nella prima parte del poema. Ammalatosi nel corso del soggiorno in terra greca, tornò in Italia insieme ad Augusto, incontrato là per caso, e sbarcò a Brindisi dove morì nello stesso anno. Il suo corpo fu poi seppellito a Napoli.

Virgilio e il Medio Evo

Virgilio è stato talmente ammirato nel Medio Evo da essere spesso giudicato in maniera distorta, se non travisato in buona parte negli aspetti umani o nella valutazione della sua opera. Nota è la tendenza medievale a deformare la realtà storica, a causa dello scarso senso cronologico proprio di tale età (i personaggi dell’antichità classica sono spesso assimilati a quelli contemporanei, senza tener conto dei secoli che li separano).

Anche per quanto riguarda Virgilio, avvenne qualcosa di simile e si sviluppò sia la leggenda di un poeta mago- taumaturgo che costruiva talismani, sia quella di un Virgilio cristiano che avrebbe addirittura profetizzato la nascita di Cristo, secondo la nota e quanto mai arbitraria interpretazione della IV egloga (delle Bucoliche), nella quale il poeta narrava la nascita di un Puer che avrebbe portato l’Età dell’oro, probabilmente si riferiva alla nascita del figlio di Asino Pollione, scrittore e uomo politico romano suo amico. Da ricordare anche l’interpretazione medievale in chiave allegorico- cristiana dell’Eneide, testo a cui si applicava il metodo di lettura e interpretazione delle Sacre Scritture, allegorico- morale, appunto.

Virgilio e Dante

Bisogna però precisare che nel Virgilio dantesco non sembra esserci traccia di tali deformazioni e arbitrarietà. Il poeta latino è tuttavia per Dante un punto di riferimento insostituibile, sia in relazione alla formazione letteraria e culturale, sia per gli insegnamenti morali, sia in quanto sintesi dell’intera classicità. Virgilio è il massimo auctor (“Tu sei lo mio maestro e `l mio autore”, come afferma lo stesso Dante nel canto I dell’Inferno). Del resto è tipico dello scrittore medievale appoggiarsi ad un’auctoritas per dare legittimità a ciò che afferma; ciò in quanto gli uomini del Medio Evo sono pervasi da un senso di insicurezza che riguarda sia gli aspetti morali che materiali della vita. Auctor, già nella tradizione latina, indicava un filosofo, un poeta, uno scrittore, che costituiva un esempio e una testimonianza, che aveva una funzione di persuasione e godeva perciò di requisiti morali quali la dignità, l’attendibilità.

Tale concezione viene fatta propria dal Medio Evo, per cui auctor è in generale chi esercita un potere sul piano dottrinale in quanto dotato di auctoritas e il suo pensiero è accettato con rispetto e obbedienza. Anche per Dante il vocabolo indica colui che è degno di essere creduto ed obbedito, che è fonte di scienza e di saggezza, che è esempio, guida, tutore e che assolve quindi un supremo magistero morale. È il caso del Virgilio dantesco, figura centrale della Commedia e del mondo poetico e morale di Dante. A ciò contribuisce anche il fatto che il poeta latino è stato il cantore di Enea, l’eroe capostipite dei Romani e quindi fondatore della monarchia universale, che rappresenta per Dante il supremo ideale e valore politico. Inoltre, nei confronti del medesimo poeta, Dante stesso si riconosce debitore del bello stilo (lo stile tragico) che gli ha dato la fama; tale riconoscimento indica anche un cambiamento di poetica, cioè il passaggio dalla letteratura dantesca o stilnovistica della giovinezza, alla nuova poesia della Commedia.

Quanto al significato simbolico, Virgilio è identificato concordemente già dai commentatori più antichi con la ragione umana, anche se poi si sono aggiunte varie sfumature: Virgilio- sapienza pagana, Virgilio- intelligenza naturale, Virgilio- filosofa. Il poeta latino è anche considerato quale saggio pagano, veggente e vate dell’impero, messo e araldo di Beatrice e, in quanto tale, figura appunto della ragione sottomessa alla fede. Naturalmente, in quanto pagano e abitatore del Limbo, non può condurre Dante oltre un certo limite (inferno e purgatorio); nel paradiso subentrerà Beatrice, beata, quale guida più adeguata che, in prossimità di Dio da parte di Dante, lascerà il compito a san Bonaventura, un mistico, ritenuto più idoneo al contatto diretto con la divinità. In chiave allegorica questi avvicendamenti stanno a significare che la ragione umana (Virgilio), da sola, non è in grado di raggiungere la salvezza, se non interviene la teologia o la grazia divina (Beatrice).