VIAGGIO NELL’EMISFERO SUD 112-142

VIAGGIO NELL’EMISFERO SUD 112-142

CANTO XXVI INFERNO


Il racconto di Ulisse: viaggio nell’emisfero sud (112-142)
Ulisse si era rivolto ai compagni, esortandoli a non negare alla loro esperienza, giunti ormai alla fine della loro vita, l’esplorazione dell’emisfero australe della Terra totalmente disabitato; dovevano pensare alla loro origine, essendo stati creati per seguire virtù e conoscenza e non per vivere come bestie. Il breve discorso li aveva talmente spronati a proseguire che Ulisse li avrebbe trattenuti a stento: misero la poppa della nave a est e proseguirono verso ovest, passando le colonne d’Ercole e dando inizio al loro folle viaggio. La notte mostrava ormai le costellazioni del polo meridionale, mentre quello settentrionale era tanto basso che non sorgeva più al di sopra dell’orizzonte. Il plenilunio si era già ripetuto cinque volte (erano passati cinque mesi) dall’inizio del viaggio, quando era apparsa loro una montagna (il Purgatorio), scura per la lontananza e più alta di qualunque altra avessero mai visto. Ulisse e i compagni se ne rallegrarono, ma presto l’allegria si tramutò in pianto: da quella nuova terra sorse una tempesta che investì la prua della nave, facendola ruotare tre volte su se stessa; la quarta volta la inabissò levando la poppa in alto, finché il mare l’ebbe ricoperta tutta.


PARAFRASI VV.112-142
Dissi: “O fratelli, che siete giunti all’estremo ovest attraverso centomila pericoli, non vogliate negare a questa piccola veglia che rimane ai vostri sensi (ai vostri ultimi anni) l’esperienza del mondo disabitato, seguendo la rotta verso occidente. Pensate alla vostra origine: non siete stati creati per vivere come bestie, ma per seguire la virtù e la conoscenza”.
Con questo breve discorso resi i miei compagni così smaniosi di mettersi in viaggio, che in seguito avrei stentato a trattenerli;
e volta la poppa a est, facemmo dei remi le ali al nostro folle volo, sempre proseguendo verso sud-ovest (a sinistra). La notte ormai mostrava tutte le costellazioni del polo australe, mentre quello boreale era tanto basso che non emergeva dalla linea dell’orizzonte.
La luce dell’emisfero lunare a noi visibile si era già spenta e riaccesa cinque volte (erano passati circa cinque mesi), dopo che avevamo intrapreso il viaggio, quando ci apparve una montagna (il Purgatorio) scura per la lontananza, e mi sembrò più alta di qualunque altra io avessi mai vista.
Noi ci rallegrammo, ma l’allegria si tramutò presto in pianto: infatti da quella nuova terra nacque una tempesta che colpì la nave a prua.
La fece girare su se stessa tre volte, in un vortice; la quarta volta fece levare in alto la poppa e fece inabissare la prua, come piacque a Dio, finché il mare si fu richiuso sopra di noi».