VIA AMERINA

VIA AMERINA


La via Amerina si staccava dalla Cassia nella valle del Baccano e, attraverso l’antico ager faliscus, metteva in comunicazione Roma con l’Umbria, prendendo nome dalla città di Amelia (Ameria). Costruita dopo la conquista romana del territorio (241 a.C.), inglobò l’antico sistema viario, collegando importanti assi trasversali (Cassia, Flaminia, Tiberina).
Il percorso, ancora identificabile, è segnato dalle città (Nepi, Falerii Novi) e dalle località prossime (Castel S. Elia, Civita Castellana, Fabrica di Roma, Corchiano, Gallese, Vasanello, Orte); altri centri si offrono come punti di riferimento per interessanti diversioni (Faleria, Calcata).

La via Amerina è, in sintesi, una strada romana che attraversa il territorio falisco, conservando l’eco dell’età medievale e della tradizione cristiana; in tal senso, è riuscita ad assorbire le memorie storiche ed artistiche delle aree interessate, offrendo il punto di riferimento per l’identificazione di un preciso itinerario culturale ed ambientale. Il rilievo della zona, pianeggiante e collinare, è stato disegnato dall’azione dei distretti vulcanici Sabatino e Cimino-Vicano. A livello paesaggistico, il primo tratto presenta spazi simili a quelli della campagna laziale, leggermente ondulata, con pascoli, boschi e seminativi, tra ruderi e ampie visuali; il tratto centrale è caratterizzato da vigneti, oliveti e noccioli, mentre il segmento finale si lega all’ambiente tiberino, legato al percorso del Tevere. L’elemento prevalente, con i pianori tufacei, sono le suggestive forre, profonde valli incise dai corsi d’acqua sul plateau vulcanico: l’Amerina le attraversa con numerosi ponti, livellando i dislivelli con le consuete tagliate. Collegata alle forre, l’altra risorsa del territorio è l’acqua, conformatasi in torrenti, fiumi e laghi.
In questo ambiente, l’uomo si è inserito sin dalla fase appenninica, con migrazioni stagionali, agricoltura primitiva, raccolta e caccia. Del periodo falisco restano i pagi, con le relative necropoli: arroccati sui pianori tufacei dominanti le vallate, ospitarono popolazioni dedite alle prime forme di agricoltura organizzata, sostenuta da ingegnosi sistemi di bonifica e drenaggio (cunicoli, pozzi verticali). La conquista romana (241 a.C.), facilitò il decentramento urbano e l’incremento della produzione agricola, con nuove città (Falerii Novi) e nuove vie di comunicazione (Amerina, Flaminia), mentre fattorie e ville rustiche si insediavano nell’ambiente rurale. La fine del dominio romano e le incursioni barbariche, dal V al X secolo, modificarono l’assetto dell’area, con il rafforzamento degli abitati posti sulle alture protette; la guerra greco-gotica (sec. VI) e il conseguente riordino bizantino, decretarono la fortificazione di alcuni centri gravitanti sull’Amerina (Nepi, Falerii, Gallese), risultati poi determinanti nella successiva invasione longobarda: i solidi castra proteggevano l’unico percorso sicuro tra il ducato di Roma e l’esarcato di Ravenna (il corridoio bizantino), garantendo le necessarie comunicazioni. La successiva azione della Chiesa romana restituì tranquillità all’intero tracciato e l’Amerina assunse un ruolo secondario.
La religione cristiana ha lasciato significative testimonianze sul percorso amerino,spesso coincidenti con i luoghi segnati dal martirio dei primi fedeli, dalle catacombe di Nepi e di Falerii Novi (catacomba dei santi Gratiliano e Felicissima), sino ai patroni di Civita Castellana e Vasanello. Sui numerosi castra si sono poi inserite prestigiose strutture rinascimentali e barocche, spesso ospitate negli antichi castelli e rocche, vigili custodi di un nobile trascorso mai sopito dal tempo.

Dopo la guerra romano-falisca del 241 a.C. e la conquista di Nepi, Sutri e Faleri Veteres (l’odierna Civita Castellana), i Romani, per controllare il territorio appena acquisito, realizzarono la via Amerina, seguendo nel tracciato un’antica pista etrusca, rettificando i percorsi tortuosi e realizzando dei ponti sui numerosi torrenti della zona.
Raggiungeva Nepi, Falerii Novi, Castello Amerino, Orte e l’antica città di Ameria (Amelia).
Tipicamente adibita a traffico locale, essa accrebbe la sua importanza nel basso medioevo, poichè divenne l’unico collegamento rimasto aperto per i Bizantini tra Roma e l’Esarcato di Ravenna, stretto tra i territori occupati dai Longobardi.
Inizia in località Tre Ponti (incrocia la SS 311, al km 10.300, tra Nepi e Civita Castellana), e vi si possono osservare il caratteristico basolato della via, le massicciate, le “tagliate”, le opere di drenaggio e, soprattutto, i ponti (sul fosso Tre Ponti e sul Fosso Maggiore). Intorno numerosi insediamenti di necropoli, soprattutto in corrispondenza delle ampie e profonde tagliate.

Nell’anno 438 a.C. Falisci e Veienti coalizzati in difesa di Fidene (l’attuale Castel Giubileo) che s’era ribellata ai romani scacciando la guarnigione che le era stata imposta.
I romani mandarono un esercito per soffocare la ribellione.
Falerii Veteres e Veio, il cui territorio era a diretto contatto con quello di Fidene si sentirono minacciate dalla prepotente espansione di Roma, il cui carattere aggressivo e bellicoso costituiva un elemento di disturbo nei rapporti di buon vicinato stabilitosi tra loro da secoli. Di conseguenza fu inevitabile lo scontro armato tra i Romani e le tre città coalizzate.
L’entusiasmo combattivo dei Falisci e l’avvedutezza dei Veienti e Fidenati nulla poterono di fronte alla potente organizzazione militare e all’efficace tattica dei Romani.
La battaglia fu disastrosa per gli alleati.Iniziò un periodo di scontri sporadici; Veio, Fidene e Falerii Veteres cercarono aiuti e alleanze con le altre città etrusche che rifiutarono a causa d’invidie e rivalità reciproche.Nel 241 le vessazioni romane, soprattutto amministrative e fiscali, inducono i Falisci a nuove ribellioni che hanno un tragico epilogo.
Falerii Veteres (Civita Castellana) viene totalmente distrutta e riedificata in pianura in posizione facilmente espugnabile a circa 5 chilometri; la nuova città è chiamata FALERII NOVI) per distinguerla dall’antica FALERII VETERES.
L’infelice posizione difensiva della nuova città era compensata dalle ricchezze naturali del luogo, dalle buone acque sorgive, dal terreno fertile e di facile coltivazione. Per difendere in qualche modo questa città, intorno al 210 a.C. fu costruita una poderosa cinta muraria, con enormi blocchi di tufo rosso disposti di testa e di taglio, a filari alternati, senza malta secondo la tecnica Etrusca.
Le mura, che sussistono ancora, si sviluppano per un perimetro d’oltre due chilometri, racchiudendo una superficie di circa 28 ettari. Esse erano rinforzate da 50 torri quadrate sporgenti all’esterno della cinta.
Lo spessore delle mura è di due metri e l’accesso alla città era agevolato da nove porte monumentali. Le più importanti erano quattro e s’aprivano verso i quattro punti cardinali. Emerge, fra tutte, per architettura la ” Porta di Giove”.
Durante il periodo imperiale, il Cristianesimo penetrò anche a Falerii Novi. A poca distanza dalla ” Porta di Giove ” si trova un complesso di catacombe dei santi Gratiliano e Felicissima ricavate dalla cava che ha fornito il materiale da costruzione della cinta muraria della città di Falerii Novi.Nel X secolo la città fu distrutta dai Normanni e nel 1143 la città di Falerii fu trasformata in monastero dai padri Benedettini a cui seguirono i Circestensi .Nel 1400 circa, dopo che fu lasciata dai monaci Circestensi, l’abbazia fu data in commenda a diversi Cardinali sino ad arrivare al 1597 quando la città fu lasciata in completo stato d’abbandono, così come trovasi tuttora.
Tra le principali cause che hanno determinato l’abbandono di Falerii Novi, primeggiano senza dubbio le invasioni Barbariche che tra il III e V secolo si rovesciarono ad ondate sulle terre di tutto l’impero; dopo la distruzione nel 773 da parte del Re Longobardo Desiderio e in seguito da parte dei Normanni, priva com’era di baluardi naturali, gli abitanti di Falerii Novi cercarono rifugio nella loro città madre Falerii Veteres delimitata da profondi burroni, ricostruendo così l’attuale Civita Castellana.