VERSIONE IN PROSA MORTE DI ETTORE

VERSIONE IN PROSA MORTE DI ETTORE

VERSIONE IN PROSA MORTE DI ETTORE


Obbedì, s’appoggiò lieto al ferrato
Suo frassino il Pelíde, e dipartita
Da lui la Diva, al volto, alla favella   290
Dëífobo si fece, e all’anelante
Ettor venuta, O mio german, dicea,
Troppo costui dintorno a queste mura
Con piè ratto t’incalza e ti travaglia.
Or via restiamci, e difendiamci a fermo.   295
Rispose Ettór: Dëífobo, di quanti
Mi diè fratelli Prïamo ed Ecúba,
Sempre il più caro tu mi fosti, ed ora
Lo mi sei più che prima, e più mi traggi
Ad onorarti, perocchè tu solo   300
Da quelle mura osasti a mia difesa,
Tu solo uscir, veduto il mio periglio.
Fratello amato, replicò la Diva,
venerandi genitori, e tutti
Stringendosi gli amici a’ miei ginocchi   305
Di non uscire mi pregâr, cotanto
Terror gl’ingombra: ma l’interno vinse,
Che per te mi struggea, fiero dolore.
Combattiam dunque arditamente, e nullo
Sia più d’aste risparmio, onde si vegga   310
S’egli, noi spenti, tornerà di nostre
Spoglie onusto alle navi, o se piuttosto
Qui cadrà per la tua lancia trafitto.


Achille obbedì, s’appoggiò contento alla sua lancia e la Dea, allontanatasi da lui, si trasformò in Deifobo e, recatasi da Ettore ansante, diceva: “Fratello mio, Achille ti sta incalzando e cimentando troppo con il suo piede veloce. Stiamo vicini e difendiamoci a piè fermo”. Ettore rispose: “Deifobo, fra i fratelli, figli di Ecuba e Priamo, sei sempre stato il più caro, e ora ancor più, e più mi induci a  renderti onore, perché solo fra i Troiani hai osato uscire dalla città avendomi veduto in pericolo.”
La Dea replicò: “Amato fratello, i venerabili genitori e gli amici mi hanno supplicato di non uscire, tanto sono terrorizzati: ma il dolore che provavo per te ha avuto la meglio. Combattiamo con ardimento e non ci sia risparmio di colpi, per cui si veda se lui, morti noi, tornerà carico delle nostre spoglie alle sue navi o se piuttosto morirà trafitto da te.