VERGA LIBERTA ANALISI

VERGA LIBERTA ANALISI


La novella Libertà dimostra come la narrativa verghiana si presti bene all’analisi dei fenomeni storico-sociali siciliani. Pubblicata in un primo momento sulla Domenica letteraria del 12 marzo 1882 e successivamente inserita nella raccolta Novelle rusticane, essa è ispirata dai tragici fatti realmente avvenuti a Bronte, un centro contadino posto sulle pendici dell’Etna, tra il 2 e il 5 agosto 1860. I contadini locali avevano riconosciuto nella figura di Giuseppe Garibaldi, in quel momento a capo della spedizione dei Mille per liberare il meridione dalla dominazione straniera, colui che avrebbe posto fine alla loro condizione di miseria e avrebbe provveduto ad una più equa ripartizione delle terre. Animati da un ideale di ribellione essi diedero vita ad una feroce protesta che colpì non solo gli amministratori delle terre, ma anche vittime innocenti. Il generale Nino Bixio giunse a Bronte allo scopo di sedare la rivolta quando ormai la situazione si era già placata, quindi fece arrestare e giustiziare dopo un sommario processo i capi della rivolta.


Il concetto di libertà conferisce alla novella una struttura circolare: il grido “Viva la libertà!” apre il racconto della rivolta, mentre il fallito tentativo di quest’ultima è sottolineato dalle parole del carbonaio “Se avevano detto che c’era la libertà!” pronunciate al termine del processo.

Il racconto può essere suddiviso in quattro parti:
1) l’insurrezione dei contadini, in cui viene descritta la violenza messa in atto contro i notabili del paese
2) l’attesa della arrivo della truppe garibaldine, durante la quale i contadini si dimostrano incapaci di organizzare una forma di governo alternativa
3) l’arrivo del generale Bixio
4) la permanenza in carcere dei rivoltosi e il lento svolgersi del processo.

La prima e la seconda parte sono costruite secondo un ritmo narrativo contrastante. Nella prima parte il moto rivoluzionario dei contadini viene descritto con ritmo incalzante, la violenza cieca, che si abbatte su quanti si trovano lungo il cammino della folla inferocita, è presentata tramite diversi esempi di uccisioni (don Antonio, don Paolo, il figlio undicenne del notaio, la baronessa e i suoi bambini) che vengono raccontati l’uno dietro l’altro. La rabbia irrazionale dei contadini non si ferma nemmeno davanti alle creature innocenti e l’assenza di pietà è frutto delle ingiustizie sociali a lungo subite. Il tumulto della folla viene paragonato a forze della natura, quali “la piena di un fiume” e il mare in tempesta mediante l’espressione “spumeggiava e ondeggiava”. Sul piano stilistico, il ritmo serrato è conferito dall’ utilizzo di frasi molto brevi in stile nominale, del discorso diretto non introdotto da verbi dichiarativi, da ellissi e dal passato remoto. Esaurita la furia omicida, la folla si placa e con essa il ritmo della narrazione. Verga mostra in questo passaggio come i contadini si trovino impreparati a gestire la situazione e necessitino pertanto della direzione dei padroni, considerati fino a poco prima degli oppressori. In altre parole, egli dimostra l’inutilità della rivolta stessa.

Un’ulteriore contrapposizione veloce-lento si trova nelle due parti successive. Con l’arrivo del generale Bixio colpiscono le rapidità e la sommarietà delle esecuzioni, seppur descritte senza il tono drammatico iniziale (al contrario, le fucilate vengono paragonate ai “mortaletti della festa”). Nella quarta parte è invece raccontato l’estenuante e lungo processo a carico dei rivoltosi (descritto come “un processo lungo che non finiva più”) e pertanto l’autore preferisce l’uso del tempo imperfetto e di periodi più lunghi e strutturati.

È qui che traspare la posizione conservatrice di Verga, enfatizzata negli anni della vecchiaia. Se da un lato la repressione attuata da Bixio è agli occhi dell’autore un fatto cruento, ma naturale, il processo assume un carattere puramente burocratico e artificioso. Verga vuole evidenziare l’ipocrisia di quanti abbiano il compito di amministrare la giustizia e ristabilire l’ordine e mostra inffatti l’indifferenza dei giudici che si lamentano, sbadigliano e chiacchierano tra loro mentre il processo è in atto. In accordo con i canoni del verismo invece avrebbe dovuto limitarsi ad una descrizione oggettiva e distaccata dei fatti, ma in quest’opera egli non rinuncia ad esprimere il proprio giudizio.


La novella venne in principio pubblicata sulla Domenica Letteraria del 12 marzo 1882 e poi confluì nelle Novelle rusticane​. Trae origine da un fatto realmente avvenuto nel 1860 ed è la dimostrazione che la narrazione breve verghiana si presta molto all’analisi dei fenomeni storici-sociali siciliani. Narra un episodio accaduto a Bronte, un paese alle falde dell’Etna, dove in occasione della spedizione dei Mille di Garibaldi, i contadini affamati si ribellarono ai ricchi proprietari terrieri, facendone una strage e venendo poi puniti per questo da Nino Bixio, inviato da Garibaldi .

Il racconto di Verga narra questo episodio dividendolo in tre momenti:

• Nel primo si descrive la sanguinosa rivolta con una violenta carica espressiva. Il racconto si svolge come in presa diretta.
  Le grida della folla fanno intuire le ragioni sociali della rivolta: la fame, le frustate, la corruzione dei preti, la giustizia applicata solo contro i poveri. La ribellione è presentata come una forza del tutto naturale, come un fenomeno paragonabile allo straripare di un fiume o a un mare in tempesta.

• Nel secondo si mostra l’arrivo a Bronte del generale Bixio e dei garibaldini, che fucilano alcuni fra gli insorti.
  In questa parte, il tono cambia: alla drammaticità segue un tono distaccato e oggettivo che registra l’incapacità degli insorti di gestire politicamente la loro azione.

• Nel terzo si rappresenta il ritorno del paese alla precedente situazione, come se niente fosse successo. Qui, pietà e ironia si alternano. Con amaro umorismo, Verga mostra che, essendo tutto tornato come prima, la rivolta è stata inutile.

L’ideologia di Verga

Il motivo sociale che sta alla base della novella stava particolarmente a cuore a Verga, sia per ragioni artistiche, sia per ragioni politiche e personali. Era anche lui, infatti, un proprietario terriero e perciò era preoccupato per la diffusione delle idee socialiste.
Bisogna inoltre ricordare che Verga si era formato nel mito di Garibaldi, di Bixio, dell’Unità d’Italia. Non c’è dunque da meravigliarsi se avvolge in un’aura mitica la figura di Bixio, giustificandone il comportamento. Il fatto, poi, che la conclusione della novella insista sull’ impossibilità di cambiare stato sociale e sull’ assurdità delle rivoluzioni si spiega ricordando il modo in cui Verga concepisce la vita umana. Secondo l’autore, infatti, ognuno mira solo al proprio interesse personale. L’uomo è sempre in lotta con un altro uomo. Non c’è solidarietà di classe. Trionfa l’egoismo, perciò è impossibile che una rivoluzione abbia successo.

Rivoluzioni e manifestazioni

Libertà è una novella che rappresenta una situazione storica ben precisa: la rivolta di Bronte, avvenuta nel 1860. Tuttavia la descrizione della folla agguerrita, paragonata a un mare in tempesta, assume una portata universale. D’altronde, non è difficile trovare nella storia contemporanea italiana qualche evento paragonabile alla rivolta qui descritta: anche le manifestazioni possono degenerare in scontri violenti. Come è successo per esempio a Genova nel 2001, in occasione del G8, il summit dei capi di stato degli otto paesi più industrializzati del mondo. I tre giorni dell’incontro economico e politico furono segnati in maniera tragica dalla violenza di alcuni degli estremisti, dalla reazione rabbiosa della polizia e dall’uccisione di uno dei contestatori, un ragazzo di 23 anni: Carlo Giuliani. L’arte di Verga è proiettata sull’oggi: Libertà non smette di farci riflettere.


 




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