USCITA DI SICUREZZA IGNAZIO SILONE

USCITA DI SICUREZZA IGNAZIO SILONE

Uscita di sicurezza

Ignazio Silone Uscita di sicurezza

in Romanzi e saggi

Mondadori, I Meridiani, Milano 1999,


Uscita di sicurezza è una raccolta di scritti autobiografici che Ignazio Silone pubblicò nel 1965, in piena Guerra Fredda, tre anni prima che lo storico ‘68 sconvolgesse il mondo occidentale.

Il governo americano si avventurava a scontrarsi allora con le difficoltà del clima, con gli intrichi della vegetazione e con la caparbia del popolo del Vietnam, mentre a casa, l’opinione pubblica avrebbe presto messo sul piatto della bilancia un patriottismo sempre più leggero a far da contrappeso all’orrore provocato dalla visione dei sacchi di plastica in cui venivano rispediti a casa i corpi dei soldati meno fortunati. Una guerra, si dirà, combattuta dai mezzi d’informazione, per sottolineare l’influenza giuocata dalla categoria nell’esito del conflitto.

L’Italia è zona di frontiera. Il paese ha il «triste» vanto di avere il Partito Comunista più potente e organizzato al di fuori dell’Unione Sovietica. Va tenuto lontano dalle stanze del comando con ogni mezzo, lecito o illecito. La Democrazia Cristiana è al governo con i Socialisti. Giuseppe Saragat è appena stato eletto presidente fra le voci di un presunto colpo di stato. Gli «anarchici» gettano le bombe e fra pochi anni una di queste bombe scoppierà in una banca in Piazza Fontana, a Milano, inaugurando ufficialmente la triste stagione definita della «strategia della tensione». A Praga i Russi non esiteranno a soffocare un’altra primavera col peso dei loro carri armati.

In uno scenario del genere, non stupisce che Uscita di sicurezza sia stata un’opera controversa fin dal suo primo apparire, bollato dall’intellighenzia di sinistra come anticomunista e, per lo stesso motivo, osannato dalla critica cattolica. In essa l’autore esplora la propria vita, la costellazione di eventi che lo hanno condotto attraverso il secolo (è nato nel 1900), e attraverso un’epoca che sta per giungere al suo culmine.

Silone descrive gli episodi vividi della sua infanzia che hanno influenzato il suo carattere di bambino e di adolescente. Il rapporto col padre, che lo guida con equilibrio nel giudizio degli eventi che scandiscono e regolano le relazioni tra gli uomini, che un bambino normalmente non sa come interpretare. La vista, tra il tragico e il buffo, di un prigioniero in ferri. La contrattazione con un viandante misterioso per mezzo sigaro per il padre dello scrittore, che poi viene inaspettatamente regalato. La successiva visita, a qualche anno di distanza, al carcere e la restituzione di quel favore: «Quanto piacere mi fece che egli subito mi riconobbe.» Il furto della corrispondenza dall’estero (e delle rimesse) di una povera sposa, rea di aver negato al portalettere la vista della propria mitica capigliatura. Il relativo tentato suicidio, la latitanza del postino e l’ospitalità offerta nella casa del padre, prima della costituzione del fuggitivo ai carabinieri. Questi quattro episodi sono accomunati dal senso di sottile distinzione che esiste tra i concetti di legalità e giustizia, e da quel sentimento nei confronti di chi è colpevole, che però non cessa di essere un essere umano, che i cattolici chiamano «carità».

Durante il terremoto che colpì la Marsica, Silone perse la casa e tutti i familiari, ad eccezione della nonna e di un fratello. La sua vita venne sconvolta, la sua adolescenza, interrotta ed egli venne scaraventato nella vita adulta, nelle circostanze estreme in cui ogni uomo mette a nudo qualità e difetti altrimenti insospettabili. Egli stesso descrive la situazione con magistrale e cruda nitidezza. «La maggior parte dei morti giaceva ancora sotto le macerie. I soccorsi stentavano a mettersi in opera. Gli atterriti superstiti vivevano nelle vicinanze delle case distrutte, in rifugi provvisori. Si era in pieno inverno, quell’anno particolarmente rigido. Nuove scosse di terremoto e bufere di neve ci minacciavano. Gli asini, i muli, le vacche, le pecore, per la distruzione delle stalle, erano anch’essi raccolti in recinti di fortuna. E la notte portava i lupi, attirati dal forte e caldo odore del bestiame non più protetto dalle stalle».Mentre fingeva di dormire, fu testimone dell’omicidio di un parente, per l’avidità di un altro parente.

La perdita della figura paterna fu fondamentale. Improvvisamente si trovò senza una guida e questo spiega la sua destrezza, in seguito, ad accogliere chiunque, nelle circostanze opportune, si proponesse di colmare il vuoto. Fu a volte fortunato. L’incontro con don Orione è una delle pagine più belle del libro. Ne emerge un ritratto espressivo e vivido del prete, ma anche del ragazzo.

In Uscita di sicurezza, il brano che da il titolo alla raccolta, Silone ripercorre le tappe della sua militanza politica, a partire dagli avvenimenti che ne qualificarono la sostanza. Una serie di fatti che stigmatizzano, senza speranza, il destino che riserva sistematicamente l’ingiustizia ai deboli e il diritto ai ricchi all’impunità, nella realtà retrograda di un paese rurale del Sud.

«Uscita si sicurezza» è per lo scrittore l’occasione propizia, un buco nero provvidenziale che gli permette di passare da una serie di circostanze divenute insopportabili a una nuova vita, piena di opportunità e di promesse. La seconda occasione di avvalersi di questa opzione (la prima voltà Silone si mise sotto la protezione di don Orione) si presenta all’autore quando una serie di prese di posizione «originali» lo hanno esposto agli occhi dei suoi conterranei e bollato come «rivoluzionario». Il trasferimento nella città, l’accettazione dell’ideale sociale , dunque, è l’inizio dell’avventura che lo vede percorrere le tappe della carriera politica, fino ai vertici del PCI.

La terza «uscita di sicurezza» che l’autore inforcò, è probabilmente quella di cui tace in questi scritti, quando, arrestato, si aggrappò al brillante commissario Guido Bellone e cominciò segretamente a collaborare con la polizia.

Uscita di sicurezza costituisce anche una straordinaria testimonianza della storia travagliata di questo grande partito internazionale, diretto da un’élite moscovita forte ma inadeguata, che i deboli si aspettavano dovesse porsi in contrapposizione e in alternativa ai governi totalitari che affliggevano l’Europa: il fascismo e il nazismo. È comprensibile che l’insofferenza del personaggio Silone ad accettare acriticamente imposizioni dall’alto non tardarono a provocare dei problemi nei suoi rapporti con la dirigenza, specialmente quando gli ordini, spesso contraddittori, venivano da Mosca, quando il capo era Giuseppe Stalin.

«Ci si libera dal comunismo come si guarisce da una nevrosi.». Alla fine, la stanchezza suscitata dalla querelle tra le fazioni, l’ipocrisia delle decisioni unanimi e il destino del fratello, arrestato nel ‘28, lo portarono a chiedere di essere esonerato da ogni attività politica.

Del fratello Silone dice «lo sport gli interessava assai più della politica. […] Perché confessò di essere comunista? Perché confermò la sua confessione in giudizio, davanti al Tribunale speciale che se ne servì per condannarlo a 12 anni di reclusione?» «”Ho cercato di comportarmi come ho immaginato che ti saresti comportato tu al mio posto”.»

L’uscita dalla politica e, come testimoniano le lettere, anche dalla collaborazione con la polizia, si concretizzò nel 1931 quando il partito, dopo due anni di assenza dal lavoro militante, gli richiese di assumere un ruolo di responsabilità e una dichiarazione contro i trotzkisti.

«Non dovevo lasciarmi sfuggire quella nuova provvidenziale occasione, quell’”uscita di sicurezza”. Non aveva più senso star lì a litigare. Era finito. Grazie a Dio.»

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