UNO NESSUNO E CENTOMILA PIRANDELLO

UNO NESSUNO E CENTOMILA PIRANDELLO

E’ l’ultimo romanzo del Pirandello. Fu pubblicato nel 1926, prima a puntate sulla “Fiera Letteraria” e poi in volume. Rappresenta il momento estremo e definitivo della concezione pirandelliana sulla frantumazione della personalità, ma appare piuttosto pesante alla lettura, «costruito com’è non tanto su una ben articolata vicenda, vista la scarsità dei fatti raccontati, bensì sull’ambiguo discorso del protagonista, a metà strada fra riflessioni filosofiche ed elucubrazioni deliranti» (F. Spera).

Il delirio esistenziale di Vitangelo Moscarda inizia una mattina, quando la moglie gli fa osservare allo specchio che egli ha il naso che pende verso destra. Di ciò l’uomo non si era mai accorto, benché allo specchio si guardasse tutti i giorni. Da qui ha inizio una serie di riflessioni che portano il Moscarda alla constatazione che ogni uomo ha di sé un’immagine che non corrisponde alle innumerevoli altre che gli altri si costruiscono di lui. Il Moscarda mette dunque a dura prova la consistenza della propria individualità in rapporto alle circostanze ed alle persone in cui quotidianamente si imbatte e avvia un processo inarrestabile di autoemarginazione dal mondo, cioè dalle apparenze e dalle false consuetudini in cui si è costretti a vivere. Si ingegna nel prendere iniziative che appaiono del tutto inspiegabili con la logica del senso comune, con cui gli uomini si illudono di dare un significato oggettivo alla realtà della vita. Ad esempio manda lo sfratto a due suoi inquilini, poveri e vecchi, suscitando un profondo senso di sdegno fra la gente per un atto così disumano, mentre ha già fatto redigere dal notaio un atto di donazione con cui trasferisce la proprietà della stessa casa ai due vecchietti, suscitando questa volta perplessità e rancori da parte dei soci e dei familiari che vedono in pericolo il loro benessere. Quando poi decide di chiudere la banca ereditata dal padre perché assimila la professione di banchiere a quella di usuraio, allora contro di lui si coalizzano tutti gli interessati per citarlo in tribunale e farlo interdire. Conosciuto il piano dei soci e dei parenti, il Moscarda si rivolge al vescovo per consiglio e si lascia convincere a devolvere tutti i suoi beni in opere di carità. Abbandonato da tutti, si ritira in un ospizio costruito col suo stesso denaro e qui porta a compimento la propria autodistruzione: senza più legami col passato e senza progetti per il futuro, si lascia consumare dal tempo, rifiutandosi persino di pensare.

Avvertimento del contrario: uno dei momenti della poetica di Pirandello in cui l’autore mette in risalto l’avvertimento del contrario è quando Vitangelo Moscarda vuole mettere in dubbio l’identità acquisita degli amici. Anche ad essi fa notare i loro difetti fisici, quei difetti che non avevano mai fatto caso prima. Pirandello, in una sapiente caricatura che ci fa sorridere, mette in risalto come in tutto il paese le persone iniziassero a fermarsi davanti agli specchi per vedere la loro nuova immagine. Ridiamo di questo atteggiamento collettivo, ci immaginiamo la scena, ne restiamo affascinati e coinvolti.

Sentimento del contrario: Ma il fine di Pirandello non è quello di farci fermare al primo stadio dell’umorismo, esso deve diventare il punto iniziale di un ragionamento profondo. Deve insomma farci domandare il motivo di tanta insicurezza da parte degli abitanti del paese. È l’insicurezza di ogni individuo, che messo di fronte ad un’immagine di sé diversa da quella consolidata, resta interdetto, vuole vedere se è davvero lui quello che gli altri gli presentano. Allora il lettore capisce l’inconsistenza dei giudizi riguardanti sé stessi e gli altri.

La filosofia vitalistica: Comprende che l’immagine che ci siamo fatti di noi stessi è solo un’immagine delle tante che la società ci mette addosso. Restiamo stupiti e meravigliati da questa rivelazione e cerchiamo anche noi di autodefinirci, ma questo lavoro risulta impossibile in quanto un po’ alla volta scopriamo che l’io non è fisso nel tempo, ma vive in un flusso perenne di trasformazione.

L’indagine sociologica: Ci accorgiamo di essere uno per noi, centomila per la gente, ma alla fine tutte le nostre maschere cadono e non rimane se non la percezione di essere nessuno.

 

La critica alla famiglia: Questo è solo uno degli aspetti in cui Pirandello, partendo dal sorriso, vuole portarci ad una consapevolezza maggiore della realtà. Il romanzo è pieno di questa fusione dell’immagine del mondo e della poetica. La scoperta sociologica dell’essere nessuno viene preceduta dalla critica impietosa che Pirandello fa della famiglia. La moglie del Mostarda si era creata un’immagine del marito, ad essa voleva veramente bene, ne era innamorata. Ma quando questa immagine cade pezzo dopo pezzo, si frantuma anche il suo amore. Alla fine la donna abbandonerà il marito perché Gengé per lei è morto. Al suo posto vede un uomo che non può amare in quanto non corrisponde all’immagine che ella si era fatta. Il Moscarda adesso è completamente solo di fronte a sé stesso, rifiutato finanche da quello che nella tradizione occidentale era il rifugio stesso dell’uomo. La famiglia si dissolve, ma in realtà Pirandello afferma che essa non è mai realmente esistita in quanto si reggeva su inganni e incomprensioni. Solo la morale borghese la faceva continuare ad esistere, ma essa si era già decomposta da tempo. 


La dissoluzione dell’io: Il Moscarda quando si accorge che la sua immagine fisica è diversa da quella che lui si era immaginata, inizia una lenta ma inesorabile dissoluzione della sua vita. Si accorge che quello che gli altri percepiscono di te non è quello che tu pensi di te stesso. lui non lavorava, ma era ricco; la sua ricchezza la investiva prestando denaro. Lui si era sempre visto così, ma adesso che era più attento al giudizio degli altri, si scopre usuraio. Questa maschera imposta dalla gente non gli piace, cerca di disorientare gli abitanti del suo paese per far comprendere l’inconsistenza dei giudizi fissi, mai mutabili. Sta scoprendo la filosofia del vitalismo. Il Moscarda così vuole infrangere la sua maschera, ma per fare questo deve prima di tutto assecondare il giudizio della gente. Trova lo stratagemma. Due vecchietti vivono in un suo appartamento senza pagare l’affitto da diversi anni. Egli, assecondando il giudizio dei suoi concittadini che lo considerano un usuraio, fa sfrattare la coppia di anziani. Il paese lo giudica male, ma è un giudizio tutto sommato che rientra nel giudizio globale di usuraio. I commenti sono duri nei suoi confronti, ma un usuraio poteva tutto sommato comportarsi anche così. La cosa sconvolgente avviene quando il Moscarda regala una sua proprietà ai due vecchietti. La gente e soprattutto la moglie restano interdetti. Una simile azione da parte di un usuraio è inconcepibile. Ma anche questo gesto alla fine viene perdonato: ogni tanto anche un po’ di carità si deve fare. Ciò che la gente e la moglie non possono veramente perdonargli è l’aver voluto dimostrare l’inconsistenza dei loro giudizi. Un po’ alla volta il Moscarda infatti demolirà l’immagine che gli altri avevano di lui, per offrire loro una nuova e più vera immagine di sé. Ma il tentativo non riesce perché nessuno accetta questo nuovo Moscarda. Solo un pazzo può comportarsi in questo modo, Moscarda deve essere per forza un usuraio e un marito dedito a nulla. Questa nuova dimensione risulta fallimentare. Si accorge che è soltanto una nuova maschera che lui indissa. Ormai ha capito che la vita è un flusso perenne, il rapprendersi in una forma definitiva non è che morire, così il protagonista finisce il racconto di sé dicendo che ormai vive questo flusso vitale e lascia agli altri vivere quella vita che credono reale e invece è solo il rapprendersi in una forma o infinite forme di personalità che alla fine trasformano l’individuo in nessuno.

La conclusione del romanzo è il nuovo approdo della filosofia di Pirandello. Questa volta il protagonista non è più il fu Mattia Pascal, cioè il nessuno per sé stesso e per gli altri, ma Vitangelo, anche se per la gente sarà nessuno, per sé stesso è un individuo immerso nel flusso perenne della vita. È l’ultima conclusione della riflessione filosofica di Pirandello che approda quasi verso un aperto misticismo: è solo nel flusso perenne dell’esistenza che l’uomo può compiere pienamente il suo destino anche se significa estraniarsi totalmente dal mondo degli uomini. Il protagonista infatti, rinunciando ad indossare una maschera che lui stesso si mette o imposta dalla società, vive pienamente la vita come fusione con il lento fruire della natura. Il nuovo approdo mistico della filosofia pirandelliana del vitalismo prende forma nel romanzo attraverso l’annullamento dell’azione. Infatti in Uno nessuno e centomila, l’azione è limitatissima, gran parte del romanzo è una riflessione interiore del protagonista.