ULTIMO CANTO DI SAFFO DI GIACOMO LEOPARDI

ULTIMO CANTO DI SAFFO DI GIACOMO LEOPARDI

ULTIMO CANTO DI SAFFO DI GIACOMO LEOPARDI


In questo canto, scritto nel maggio del 1822, il poeta accoglie la leggenda secondo la quale Saffo, la grande poetessa greca. Sarebbe stata benissimo, e, respinta, per questo, dal giovane Faone, da lei appassionatamente amato, si sarebbe uccisa gettandosi in mare dalla rupe di Leucade. Il canto è, appunto, il monologo della fanciulla prima di morire, un’accusa alla natura e al destino, che le hanno reso impossibile la felicità e l’hanno condannata, incolpevole, a una vita dolorosa e vana. E’ una lirica autobiografica: il poeta dice di avervi voluto rappresentare <<l’infelicità d’un animo dedicato, tenero, sensitivo, nobile e caldo, posto in corpo brutto e giovane>>, condannato, per questo, a non trovare nel mondo corrispondenza d’amore. E’ quindi il canto del crollo dell’ultima illusione, l’amore. Ma l’ispirazione poetica più profonda è un’altra. Saffo che effonde inascoltata la sua pena nella notte tranquilla, che invano si protende verso la divina, dolcissima bellezza del mondo, esprime un motivo tipico della più grande poesia leopardiana: il desiderio di comunione con l’infinita bellezza della natura e il tormento di sentirsene esclusi, il senso del limite umano, reso ancor più doloroso dal fatto che inesplicabile appare la ragione del nostro vivere e del nostro soffrire. L’apparente invito della bella natura cela dunque una tragica assenza.


ULTIMO CANTO DI SAFFO DI GIACOMO LEOPARDI

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