ULISSE E POLIFEMO

ULISSE E POLIFEMO

Quando arrivammo alla terraferma, vedemmo una grotta, con molte stalle di greggi, pecore e capre. Qui viveva un uomo, anzi un mostro, che pasceva greggi, da solo e non si mescolava con gli altri, perché d’animo malvagio. Era gigantesco e non somigliava ad essere umano, ma alla cima di alti monti. Allora io ordinai ai fedeli compagni di restare nella nave, per fare la guardia e scelsi 12 compagni coraggiosi, portando un otre di vino nero (…). 
 

Arrivammo velocemente alla grotta, ma dentro non c’era; pasceva le grasse pecore. 

Entrati, vedemmo tante cose: graticci pieni di caci, steccati per agnelli e capretti, boccali pieni di siero e i secchi dove mungeva. 
Allora essi mi pregarono di rubare i formaggi e gli agnelli, di tornare indietro e di ripartire subito. 
 
Ma io non volli ascoltare, e sarebbe stato meglio, perché ero curioso di vederlo e di ricevere i doni ospitali.
Lo aspettammo dentro, mangiando i formaggi ed ecco che giunse, 
spinse dentro le pecore grasse da mungere e, avendo alzato un masso enorme e pesante, 
chiuse la porta: 
nemmeno 22 carri l’avrebbero potuto muovere. 
Seduto, egli mungeva le pecore e le capre, accese il fuoco, e ci disse: 
“Stranieri, chi siete? E di dove navigate…?”. 
A noi si spezzò il cuore per la paura, ma io gli risposi: 
“Noi siamo Achei, di ritorno da Troia, diretti verso la patria, ma deviati da Zeus per altri luoghi. Abbiamo distrutto la città di Toia. 
Ora veniamo supplichevoli da te e ti chiediamo un dono ospitale, come si usa verso gli ospiti. 
Rispetta gli dei. Zeus accompagna gli ospiti stranieri”. 
Ma egli rispose con cuore spietato: 
“Sei uno sciocco, straniero, o vieni da molto lontano se pretendi di rispettare gli dei. 
Ma i Ciclopi non si preoccupano di Zeus che può tutto, né degli dei, perché siamo più forti. 
Non ti risparmierò per volere di Zeus, ma solo se lo vuole il mio cuore. Ma dove hai lasciato la nave?”. Così disse, per provocarmi, ma io, molto prudentemente, gli risposi falsamente: 
“La nave me l’ha spezzata Poseidone, scuotitore della terra, cacciandola contro gli scogli; 
io solo con loro ho evitato la morte”. 
A queste parole, non rispose nulla, ma, con un balzo, afferrò due miei compagni, li sbattè a terra, facendo uscire sangue e cervelli. E fattili a pezzi, si preparò la cena: li maciullò e non lasciò nulla, né viscere, né carni, né ossa. 
E noi piangendo, pregavamo Zeus, ma eravamo impotenti. 
Dopo che il Ciclope si saziò, mangiando carne umana, si sdraiò tra le pecore. 
 
Io pensai d’avvicinarmi e di piantare la mia spada sul suo petto, ma mi venne un altro pensiero, altrimenti saremmo morti pure noi, perché non avremmo potuto togliere l’enorme masso. 
 
Il mattino dopo, il Ciclope divorò altri due compagni ed uscì a pascolare il gregge.  

(Rimasto nella grotta, Odisseo preparò un piano di vendetta: preso un grande tronco d’albero, lo lisciò e lo rese aguzzo sulla punta. La sera, il Ciclope, rientrò e sbranò altri due compagni.)  

Allora io parlai al Ciclope, avvicinandomi con un boccale di vino e glielo offersi, rimproverandolo per la sua ingiustizia verso di loro. Lui bevve e ne chiese dell’altro, chiedendomi come mi chiamavo, finchè si ubriacò. 
 
Così gli risposi che mi chiamavo Nessuno e gli chiesi nuovamente di darmi il dono ospitale. Lui disse che mi avrebbe mangiato per ultimo e si addormentò. 
 
E subito, dopo aver riscaldato il palo appuntito nella brace, con l’aiuto dei compagni, lo ficcai nel suo occhio, che si bruciò. Polifemo gemette di dolore, si strappò il tizzone dall’occhio insanguinato, e chiamò a gran voce gli altri Ciclopi che vivevano nelle grotte vicine. 
 
Essi gli chiesero cosa volesse e lui rispose che Nessuno lo uccideva con l’inganno. Ma quelli gli dissero di rivolgersi al padre Poseidone, visto che era solo e non c’era “nessuno” e se ne tornarono nelle loro grotte. 

(Dopo Odisseo escogitò il modo per uscire da lì: legò i suoi compagni, a tre a tre, sotto il vello dei montoni più grossi). 

Appena fu giorno, Polifemo fece uscire il gregge, tastando la schiena degli animali, non sospettando che gli uomini erano legati sotto le pance villose delle bestie. Appena fummo un poco lontani dalla grotta, per primo mi sciolsi dal montone, poi sciolsi i compagni e raggiungemmo velocemente la nave.