UGO FOSCOLO ALLA SERA ANALISI

UGO FOSCOLO ALLA SERA ANALISI

Ugo Foscolo, “Alla sera”

analisi dei livelli


Forse perché della fatal quiete
tu sei l’imago a me sì cara vieni
o sera! E quando ti corteggian liete
le nubi estive e i zeffiri sereni,

e quando dal nevoso aere inquiete
tenebre e lunghe all’universo meni
sempre scendi invocata, e le secrete
vie del mio cor soavemente tieni.

Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme

delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
quello spirto guerrier ch’entro mi rugge

  1. strutturale e metrico: si tratta di un sonetto con schema ABAB ABAB CDC DCD. Questo schema è piuttosto innovativo rispetto alla tradizione di questo genere poetico.
  2. fonico: il sonetto risulta da un complicato intreccio di corrispondenze foniche. Oltre all’allitterazione della /s/ (“sempre scendi… secrete… soavemente”7-8, in combinazione con l’assonanza della /e/) sono frequenti altre assonanze e consonanze (la più forte è “questo reo tempo”11), anche spurie, in combinazioni come “guardo la tua pace”13.
  3. livello sintattico: il sonetto può essere diviso in due parti corrispondenti a due ampi discorsi, il primo dominato dalla quiete e il secondo dal movimento. Sono molti gli enjambement che allungano il ritmo del verso provocando un effetto di sospensione. L’equilibrio formale del componimento è tuttavia ottenuto anche con altre soluzioni come parallelismi (“le nubi estive e i zeffiri sereni”4) e inversioni (vedi soprattutto l’iperbato “inquiete / tenebre e lunghe”5-6), mentre l’anafora “e quando… e quando”3-5 separa immagini che si riferiscono rispettivamente all’estate e all’inverno.
  4. livello lessicale: le parole-chiave della poesia sono “sera” e “quiete”, rilevate anche dal fatto che si trovano entrambe in posizione significativa, la prima dopo il lungo enjambement dei vv. 1-2, la seconda in chiusura del v. 1. Al v. 13 la stessa funzione di “quiete” viene assolta in parte dal termine “pace”. La poesia si configura come un gioco di richiami tra la sera e la pace, da intendersi pertanto sia come pace eterna (la “fatal quïete”1, ma anche il “nulla eterno”10), sia come tregua dall’inquietudine dello “spirto guerrier”14. Nella prima parte la sera è associata a immagini di quiete. Nella seconda il ritmo varia, sebbene ai termini che indicano movimento (“Vagar”9, “fugge”10, “van”, 11) segua nella terzina finale una nuova stasi (“guardo… dorme”13).Il movimento richiama lo scorrere del “reo tempo” (e non si può far notare qui la corrispondenza intertestuale con il “fugerit invida aetas” oraziano). Tutta la poesia è dominata, anche a livello lessicale, da una forte impronta soggettiva. Ne sono testimonianza i frequenti pronomi personali e aggettivi possessivi. Il linguaggio è medio-alto. Mancano infatti termini molto ricercati e aulici, caratteristica formale tipicadel neoclassicismo.
  5. retorico-semantico: la sera appare come la personificazione di una divinità.