UGO CROZIO

UGO CROZIO


Ugo Grozio è un rappresentante importante dell’Umanesimo della fine del Cinquecento e dei primi decenni del Seicento ed è principalmente conosciuto per i suoi contributi alla fondazione del diritto internazionale. Egli ha cercato di rendere la scienza del diritto secolare, opponendosi all’idea del corpo mistico sostenuta dagli scolastici e promuovendo invece l’appetitus societatis, che per sé è sufficiente a creare vincoli sociali tra esseri umani dotati di ragione. Grozio considera le formazioni sociali come autonome, con i loro valori, strutture e funzioni, e non come nozioni tecnologiche o porzioni di un ordine cosmico. Insieme, l’istinto sociale sorretto e disciplinato dalla ragione umana supera una concezione ristretta della natura umana e terrena e si apre a una solidarietà tra popoli che favorisce la formazione di principi normativi relativamente indipendenti dalla volontà degli stati. L’intento di Grozio è quello di separare la specificità della società umana dalla totalità cosmica e religiosa, così come dalle forme chiuse di corporativismo sociale o nazionale. Tuttavia, non tutto sembra filosoficamente coerente e ben argomentato nelle sue opere, la più importante delle quali è il De jure belli ac pacis; nella comparazione, si potrebbe riconoscere qualche merito maggiore ad Altusio, il quale ha dato una teoria della sovranità più chiara di quella di Grozio.


La laicizzazione del diritto Nel contesto politico, Grozio è propenso all’equilibrio e alla moderazione: tutta la sua dottrina si ispira al principio, per lui evidente, che il diritto non deve essere confuso con la forza e che ha una sua specificità concettuale e strumentale rispetto all’autorità. Grozio intende dare al diritto naturale (che non riguarda solo le cose che sono al di fuori della volontà degli uomini, ma anche quelle che emanano dal loro volere) un valore di obiettività razionale ed insieme di evidenza matematica. Il diritto naturale è immutabile e non può essere modificato neppure da Dio; la libera volontà di Dio non è quindi mai in contrasto con il vero giusnaturalismo. Anche se l’assimilazione che egli propone fra astrazione matematica ed astrazione giuridica non sembra molto corretta, si può ritenere che l’astrazione giuridica matematizzante serva a Grozio per rendere più esplicita la sua esigenza che un diritto naturale laicizzato si occupi più dei criteri normativi generali che non di imperscrutabili connessioni fra uomo, natura e società. Ciò comporta un sensibile distacco del diritto naturale dalle sue tradizionali derivazioni ed implicazioni metafisiche.

Pur essendo un calvinista, Grozio prende le distanze dalle eccessive esasperazioni della dottrina della predestinazione, cercando come il teologo calvinista Arminio di conciliarla con il principio umanistico del libero arbitrio, sempre evocato come presupposto essenziale della dignità della persona umana. In questa professione di Umanesimo, Grozio è molto sensibile alla lezione di Erasmo, da lui considerato un patrimonio dell’umanità; dell’Olandese egli ammira la visione del mondo rasserenata, pacata, tollerante, non turbata da inutili dilacerazioni spirituali, la sua dottrina teologica non pressante e costrittiva ma penetrata dalla semplicità e dall’autenticità dei principi evangelici e la sua costante coerenza al principio che niente di umano debba essere estraneo all’uomo. Grozio valorizza quindi l’oggettiva autonomia di un diritto naturale legittimato dai postulati della ragione umana e da quelli dell’esattezza matematica ma accetta insieme il principio dell’appetito sociale, che può sembrare relativamente eterogeneo rispetto ai principi oggettivi del giusnaturalismo. Il diritto si spiega con l’attitudine dominante dell’uomo alla vita sociale, dovuta al fatto che l’uomo è l’unico animale ad essere dotato di quel particolare strumento di comunicazione, di mediazione e di strutturazione che è il linguaggio: inclinazione naturale dell’uomo alla socialità ma anche capacità di darne una valutazione critica.

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