TRIESTE di Umberto SABA

TRIESTE di Umberto SABA

ANALISI DEL TESTO


Trieste è tra i temi in assoluto più cari a Saba, un tema che si estende, pur attraverso modi e prospettive ogni volta differenti, da un capo all’altro del Canzoniere. Il poeta ama Trieste quasi al di là del fatto che sia la sua città: è il luogo fresco che brulica di vita intensa, il luogo aperto sul porto, sul mare che in continuazione ne rinnova il sangue in una sorta di perpetua giovinezza. Saba intrattiene con la sua città un rapporto tutto speciale: l’ama in se stessa, nelle sue vie, nei suoi colori, nella brulicante umanità dei suoi vicoli oscuri e del suo porto (Città vecchia): qui il poeta ritrova la pienezza di quella calda vita di cui fece prima esperienza nella solidarietà forzosa della caserma. Trieste è per Saba un luogo privilegiato anche per il suo carattere contraddittorio: è una città portuale, aperta, disinibita e sempre giovane di vita nuova e fresca, e al tempo stesso è una città riservata e diffidente, graziosa di una grazia scontrosa e acerba (Trieste). In questa contraddizione Saba ritrova la contraddittorietà della propria anima, tesa a immergersi nel flusso della calda vita della folla, e assieme bisognosa di isolamento, orgogliosa della propria solitudine. Trieste è anche un’inesauribile fonte di poesia; di quella poesia delle cose semplici e concrete, un serbatoio di nomi di uomini, di donne, di vie, di piazze, in ciascuna delle quali Saba riflette e ritrova una parte di sé: come in Tre vie, una lirica in cui a ciascuna strada corrisponde un preciso stato d’animo del poeta.


Trieste

Dalla raccolta “Trieste e una donna” (1910-12)

Metro: strofe irregolari de endecasillabi, settenari e quinari. Alcune rime baciate.


“Ho attraversato tutta la città.

Poi ho salita un’erta,

popolosa in principio, in là deserta,

chiusa da un muricciolo:

un cantuccio in cui solo

siedo; e mi pare che dove esso termina

termini la città

Trieste ha una scontrosa

grazia. Se piace,                                             

è come un ragazzaccio aspro e vorace,

con gli occhi azzurri e mani troppo grandi

per regalare un fiore;

come un amore

con gelosia.

Da quest’erta ogni chiesa, ogni sua via

scopro, se mena all’ingombrata spiaggia,

o alla collina cui, sulla sassosa

cima, una casa, l’ultima, s’aggrappa.

Intorno

circola ad ogni cosa

un’aria strana, un’aria tormentosa,

l’aria natia.

La mia città che in ogni parte è viva,

ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita

pensosa e schiva.”


Analisi

“Trieste” è la prima poesia di Saba che testimonia la sua volontà di cantare Trieste proprio in quanto tale, e non solo come città natale. Saba ama osservare la realtà che gli sta attorno, che lo circonda. Nella prima strofa il poeta descrive la strada in salita che conduce alla collina affollata, vivace, rumorosa all’inizio e sempre più solitaria alla fine. Sbocca in un piccolo spazio chiuso da un muricciolo, “un cantuccio” che segna il confine della città e lì il poeta siede solo ma non diviso dal mondo che ama. Un mondo paragonato a “un ragazzaccio aspro e vorace”: Trieste diventa un personaggio vivo e autonomo. Il ragazzo possiede una grazia innata, una bellezza spontanea e naturale; i suoi occhi azzurrini, che riflettono il colore del mare di Trieste, evocano tenerezza. Le sue mani sono grandi per un gesto gentile ma dietro questa apparenza si nasconde una grande dolcezza. Questo contrasto viene identificato dal poeta come un amore tormentato dalla gelosia. Dall’alto dell’erta che gli consente di guardare e di abbracciare tutta la sua città, gli pare che “ogni chiesa, ogni via”, “l’ingombra spiaggia” e “la collina”, siano tutti suoi e vivano in lui, avvolti nell’ “aria natia”. Dal suo posto il poeta osserva la vita intorno senza farne parte, ma senza neppure sentirsi estraniato. Sa di poter trovare nella città uno spazio adatto alla sua vita “pensosa e schiva”. Dal punto di vista lessicale si può notare come Trieste nella prima strofa venga identificata con il termine “la città”, nella seconda assume il nome proprio e nella terza “la mia città”.  Questa differenza serve a indicare il passaggio da una visione oggettiva a una soggettiva.

Analisi del testo

Analisi del testo di “Trieste” Trieste Prima strofa: è narrativa descrittiva; vi è una successione delle azioni (“ho attraversata, poi ho salita, etc.). Il poeta descrive la strada in salita che conduce alla collina affollata, vivace, rumorosa all’inizio e sempre più solitaria alla fine. Sbocca in un piccolo spazio chiuso da un muricciolo, “un cantuccio” che segna il confine della città e lì il poeta siede “solo” ma non diviso dal mondo che ama. Seconda strofa: 8-14; Trieste è paragonata a un “ragazzaccio aspro e vorace”. La città diventa un personaggio vivo e autonomo. Il ragazzo possiede una grazia innata (“Trieste ha una scontrosa grazia”), una bellezza spontanea e naturale; i suoi occhi azzurrini, che riflettono il colore del mare di Trieste, evocano tenerezza subito repressa dai modi selvatici. Le sue mani sono grandi per un gesto gentile ma dietro questa apparenza si nasconde dolcezza. Questo contrasto viene identificato dal poeta come un amore tormentato dalla gelosia. 15-22; il poeta abbraccia Trieste dal suo punto di vista. La città appare affollata sulla spiaggia e solitaria sulla collina dove si erge una casa. Anche nella vita Saba ha avuto il bisogno di solitudine e l’esigenza di aderire alla natura. Terza strofa: dal suo posto il poeta osserva la vita intorno senza farne parte, ma senza neppure sentirsi estraniato. Sa di poter trovare nella città uno spazio adatto alla sua vita “pensosa e schiva”. Livello lessicale: Trieste nella prima strofa è “la città”, nella seconda assume il nome proprio e nella terza “la mia città”. Questa differenza serve a indicare il passaggio da una visione oggettiva ad una soggettiva. Infine la rima “fiore/amore” richiama il concetto espresso nella poesia “Amai”.