TOMMASO D’AQUINO LA RISCOPERTA DI ARISTOTELE LA MORALE e LA POLITICA

TOMMASO D’AQUINO LA RISCOPERTA DI ARISTOTELE LA MORALE e LA POLITICA


L’eterno pensiero di Dio, il pensiero secondo cui sono state create tutte le cose, è anche la “LEGGE ETERNA” a cui devono obbedire tutte le creature, è il fondamento dell’ordine della natura e dell’oggettività delle norme etiche.

Questa “legge eterna” non può essere conosciuta in se stessa, compiutamente e perfettamente, dall’intelletto umano.

Come Dio può essere conosciuto solo imperfettamente, in quanto Egli partecipa il suo essere alla creazione, così la “legge eterna” può essere conosciuta solo in modo limitato, in quanto è partecipata o “irradiata” alla creatura razionale. Questa “partecipazione o irradiazione della legge eterna nella creatura razionale” vien detta “LEGGE NATURALE”: la legge naturale è quindi la consapevolezza razionale di alcuni principi morali che hanno origine nella Legge eterna (ma che non l’esauriscono): fa parte della legge naturale l’inclinazione di ogni essere alla conservazione di se stesso, l’inclinazione di ogni essere vivente alla riproduzione, l’inclinazione dell’essere umano, razionale, alla conoscenza della verità e alla vita in società ecc. in altri termini la legge naturale consiste in quella consapevolezza del bene e del giusto che ogni uomo, essendo dotato di ragione, possiede.

Una vita conforme alla legge naturale realizza la natura razionale dell’uomo, gli permette di conseguire una felicità terrena; tuttavia la suprema realizzazione e la suprema felicità per l’uomo consiste nella visione di Dio, di cui potremo godere pienamente solo nell’altra vita. Questo è il fine soprannaturale a cui Dio ha elevato l’uomo per grazia; a cui Dio guida l’uomo con la “LEGGE DIVINA”, che è la legge soprannaturale rivelata nel Vangelo (per esempio la legge naturale ci impone di “non fare agli altri ciò che non vorremmo fosse fatto a noi”, il Vangelo invece ci chiede anche di “perdonare le offese”). Essa non toglie valore alla legge naturale (anche se questa non è sufficiente al conseguimento del fine soprannaturale); anzi la completa e la corregge, secondo il principio già menzionato “la grazia non abolisce la natura ma la perfeziona”.

La “legge naturale” è ciò che la ragione umana coglie della “legge eterna”: essa orienta interiormente la vita etica; dalla “legge naturale” deriva la “LEGGE UMANA”, che è coercitiva e regola la vita associata.

Tutti gli uomini, in quanto possiedono la ragione, possono conoscere le legge naturale, tuttavia la legge umana (in pratica la legge positiva, cioè le leggi degli Stati, per lo più fissate nei codici) si rende necessaria perché “ci sono dei protervi e proni ai vizi che difficilmente si possono guidare con la persuasione; è quindi necessario che siano costretti con la forza ed il timore ad evitare il male, affinché, astenendosi almeno per questo motivo dal far male, lascino in pace gli altri…” La legge umana, pertanto, presuppone uomini imperfetti ed è coercitiva perché ha la funzione di rendere possibile la pacifica convivenza degli uomini.

Di conseguenza la legge umana ha una portata più limitata della legge naturale, infatti le leggi umane regolano soltanto quegli aspetti del comportamento che riguardano la vita associata e i rapporti fra gli uomini (“le legge umana non reprime tutti i vizi, ma solo quelli che nuocciono agli altri e che minacciano la conservazione della società umana… e non comanda tutti gli atti virtuosi, ma solo quelli che sono necessari al bene comune”).

Le leggi umane possono avere applicazioni diverse, ma devono comunque essere coerenti con la legge naturale, altrimenti non sono legittime. Per esempio la legge umana può prescrivere pene diverse (a seconda delle

situazioni storiche e ambientali) per l’omicidio, ma in ogni caso deve essere coerente con la legge naturale che proibisce l’omicidio.

Tommaso ammette la disobbedienza alle leggi illegittime, ingiuste (perché non conformi alla legge naturale), come pure ammette la ribellione alla tirannia (il tiranno è l’autorità che non rispetta il diritto naturale) purché dalla ribellione non scaturiscano per i sudditi mali peggiori della tirannide stessa (p.e. una rivoluzione che comporti violenze e stragi o che sfoci nell’anarchia)

Questa idea di Tommaso ha avuto un influsso enorme in quanto ha gettato le basi del giusnaturalismo (la dottrina che fa dipendere il diritto positivo dal diritto naturale) ed ha fornito la giustificazione teorica a tutti i movimenti che si sono opposti a leggi e ordinamenti ingiusti in nome del diritto naturale.

Poiché la legge umana è stabilita per la conservazione della società umana, per il bene comune, allora , secondo San Tommaso, spetta alla collettività ordinare le leggi: “La legge ha come suo fine primo e fondamentale il dirigere al bene comune. Ordinare qualcosa in vista del bene comune è proprio dell’intera collettività (multitudo) o di chi fa le veci dell’intera collettività. Stabilire le leggi appartiene dunque all’intera collettività o alla persona pubblica che ha cura dell’intera collettività, giacché in tutte le cose può dirigere verso il fine solo colui al quale il fine stesso appartiene”. Tommaso ha così affermato esplicitamente l’origine popolare delle leggi, anche se poi ha mitigato questo principio “democratico” ammettendo che le leggi possano essere fatte anche da una persona “che ha cura dell’intera collettività”; inoltre Tommaso ritiene che tra le forme di governo enunciate da Platone e Aristotele, la migliore sia la monarchia, che è quella che garantisce meglio l’ordine e l’unità dello Stati, ed è più simile al governo divino del mondo.

Per quanto riguarda la vita in società, Tommaso ritiene, con Aristotele, che la società politica sgorghi dalla stessa natura dell’uomo. Lo stato non sorge quindi per semplice convenzione, né è una conseguenza del peccato originale, come riteneva la tradizione agostiniana, bensì è frutto di una naturale inclinazione dell’uomo, e come tale corrisponde alla legge naturale. Nella riflessione sui rapporti tra Stato e cittadini, Tommaso segue solo in parte Aristotele nel subordinare il bene individuale del singolo al bene comune dello Stato. Se infatti è vero che per alcuni aspetti il singolo uomo è subordinato al bene della comunità, per altri aspetti l’uomo deve realizzare dei valori personali che superano il bene della comunità e che in nessun modo debbono essere a essa sacrificati. “l’uomo non è ordinato alla comunità politica per tutto se stesso e per tutto ciò che ha… ma tutto ciò che l’uomo è e ha deve essere ordinato a Dio” , quindi il valore del singolo uomo, della persona, per cui nessun uomo può essere ridotto a una parte e a uno strumento della società, è fondato sul rapporto tra l’uomo stesso e Dio.

Una concezione, questa, che il personalismo cristiano contemporaneo ha ripreso per criticare tanto le forme dell’individualismo quanto quelle del totalitarismo.