TESINA SU ITALO SVEVO

TESINA SU ITALO SVEVO

Nasce a Trieste, città di cultura mitteleuropea (tedesca austriaca). Trieste fa parte, infatti, dell’Impero austro-ungarico (fino al 1918). Legata alla cultura tedesca prima, emarginata dalla tradizione culturale italiana poi, Trieste è abitata da Italiani, slavi, ebrei. Il padre dello scrittore è ebreo. Gi autori su cui Svevo si basa sono: Schopenauer, Darwin, Freud.

Riprende soprattutto il tema della VOLUNTAS di Schopenauer, cioè della FORZA CHE TRASCINA L’UOMO SENZA CHE L’UOMO POSSA RESISTERE. Da  Schopenauer riprende anche l’immagine dell’uomo lottatore o contemplatore, il primo lotta per l’affermazione di sé, entra nella lotta per la vita, è uomo di successo; il secondo è inetto a vivere, non adatto a vivere. Fra i “lottatori” presenti nel suo capolavoro “ La coscienza di Zeno”: il padre di Zeno, il suocero, il cognato. Anche nei due precedenti romanzi “Una vita” e “ Senilità” abbiamo le figure dei “lottatori”. In  “Una vita” è Macario,  l’amico del protagonista, Alfonso Nitti, che invece è  un inetto a vivere e alla fine si uccide. In “Senilità” il lottatore è ancora l’amico del protagonista Stefano Balla.

Il “contemplatore” non entra nella lotta per la vita ed è destinato al fallimento, ma con “La coscienza di Zeno” vi è una SVOLTA,  perché mentre negli altri due romanzi l’inetto è destinato a soccombere, Zeno alla fine ha la meglio sul  cognato Guido Speier:

1) il cognato sposa la bella Ada, ma il suo matrimonio (al contrario di quello di Zeno) è infelice;

2) il cognato si fa un’amante ma  la relazione viene scoperta (mentre quella di Zeno no);

3) Guido ha grande successo negli affari, Zeno si associa, ma Guido fallisce economicamente. Zeno, allora, salva il patrimonio del cognato, trionfando così su di lui;

4) il cognato Guido decide in inscenare un finto suicidio, per costringere la  moglie a  tornare da lui e ad aiutarlo economicamente , ma muore davvero.

DUALITA’ TRA SANO E MALATO

Il  “sano” è colui che ha certezze, valori, punti di riferimento. Espressione perfetta del “sano” è la moglie di Zeno,  Augusta, perché ha una fiducia incrollabile nelle istituzioni ufficiali rappresentate  essenzialmente dalle autorità politiche, religiose e dai medici. Essa incarna la condizione irrigidita e cristallizzata dei “buoni” borghesi, “normali” e soddisfatti di sé.

Il “malato” è Zeno: non ha certezze, valori, punti di riferimento.

Il malato è la negazione dell’immagine dell’uomo forte e dominatore costruita, soprattutto in quell’epoca ,da D’Annunzio con il suo  superuomo .

Ma per Svevo la condizione di malato, di inetto è una ricchezza, è preferibile alla salute “atroce” che irrigidisce. La malattia, infatti, è un filtro che consente di vedere il mondo non secondo le prospettive banali e ottuse delle comuni certezze, ma da prospettive inedite.

Il malato è l’uomo vero, “l’uomo più umano che sia stato creato”. Non deve avere sensi di colpa guardando gli altri, i cosiddetti “sani”, anche perché in realtà tutti sono malati, la salute non esiste. Il malato  è semplicemente colui che sa di esserlo, che ha coscienza più acuta degli altri.

Il romanzo inizia con una prefazione del dotto S (psicanalista), che aveva invitato Zeno a scrivere la sua autobiografia in funzione terapeutica;

ad un certo punto Zeno rifiuta la terapia e il dottore e per vendicarsi pubblica l’autobiografia. Potrebbe essere un patto narrativo come in Manzoni.

Questo, però, scardina quello manzoniano.

Il patto di Manzoni si basa su: VERIDICITA’ – NARRATORE ONNISCIENTE CON FONDAMENTI CERTI. Qui il patto è diverso:

– chi si fa editore lo fa per vendetta, con animo malevolo;

– chi narra è inattendibile (perché è un io malato, che va dallo psicanalista, quindi non è garante della verità dei fatti, mente);

– il narratore è un io, quindi non è onnisciente.

Altre differenze:

Zeno scrive a distanza di tanti anni una sua autoanalisi e proprio perché il medico gli aveva detto di scrivere ciò che affiorava alla sua coscienza, perciò non c’è un ANDAMENTO CRONOLOGICO. Questo scardina la struttura del romanzo tradizionale, che era organica e unitaria.      

Zeno confonde spazi e tempi della narrazione fondendoli nella realtà senza tempo della coscienza. Nel romanzo perciò non ci sono capitoli, perché implicano uno sviluppo cronologico, ma sezioni narrative.

Differenze con Joyce: in Joyce c’è veramente il flusso di coscienza , perché non c’è  nessun tentativo di dare un ordine al pensiero che affluisce dall’inconscio alla coscienza: esso viene tradotto nella scrittura come giunge allo stato CONSCIO.

Zeno, invece, trascrive cercando di dare un ordine ai suoi pensieri, perché lo fa come terapia.

Dal momento che l’intenzione dello scrittore è quella di analizzarsi, questa operazione comporta anche dei giudizi da parte dell’Io del protagonista che si analizza. Questo giudizio si traduce nella forma dell’ironia, che  consiste nell’accostamento inconsueto e talvolta irriverente dei fatti, per cui la realtà appare diversa da come le convenzioni vorrebbero fosse. L’IRONIA di Svevo è conoscitiva  ed è espressione della problematica dell’esistenza.

ANALISI DEL TESTO          – LA CONFLAGRAZIONE

Nel primo capitolo Zeno  afferma di essere malato e spera di trovare una causa organica. Attribuisce il suo stato al FUMO, cioè cerca di spiegare scientificamente la sua malattia che consisteva nell’INETTITUDINE a vivere, in una malattia della volontà incapace di perseguire un fine con decisione.  Alla fine conclude che la sua malattia era LA CONVINZIONE DI ESSERE MALATO.

“La persuasione della sua salute” gli deriva dal fatto che egli ha lottato e trionfato. Da inetto, “contemplatore”,  è diventato “ lottatore”. Il suo trionfo è stato il commercio dell’incenso.Aveva comprato una partita d’incenso a prezzo irrisorio, ma con la prima guerra mondiale il prezzo di tale prodotto, usato per la verniciatura, era salito alle stelle e Zeno era diventato ricchissimo.

Ad un certo punto  Zeno  fa un’altra  considerazione:

benché si sia liberato dalla malattia, continua a vedere che la vita è sofferenza e che la sofferenza non ha un perché, è connaturata alla vita stessa. La malattia è di tutti. La differenza è che lui ne è consapevole e gli altri no (Leopardi). Non ci sono rimedi, non ci sono cure.

L’uomo ha inquinato l’aria, ha distrutto l’ambiente in cui vive con il presunto progresso che è negativo in quanto scaturisce soltanto dal desiderio di dominio. L’uomo non può che vivere il disagio della civiltà.

Confronto tra gli animali e l’uomo: la bestia conosce un solo progresso, quello del suo organismo, adatta l’organismo alla realtà, all’ambiente, per la necessità della sopravvivenza. L’uomo, invece, ha cercato strumenti che prolungassero i suoi arti (spade) ,  ha voluto perfezionare i suoi strumenti di difesa, ma ora  ha creato ORDIGNI che non sono più prolungamento dei suoi arti. E’ l’ordigno che crea la malattia. Prima esisteva la selezione naturale, ora non esiste più, l’ordigno distrugge tutto (riferimento alla guerra mondiale). Ipotizza una catastrofe dovuta ad  un ordigno (assomiglia alla bomba atomica).

Dice infatti:

quando i gas velenosi (nervino) della I° guerra mondiale non serviranno più,  un uomo fatto come tutti gli altri, inventerà un esplosivo, farà esplodere questo potente ordigno e la terra si trasformerà in nebulosa. Solo così scomparirà la malattia.

La malattia scomparirà quando scomparirà  l’umanità. –  PESSIMISMO LEOPARDIANO.

La condizione esistenziale negativa dell’umanità è la conseguenza di uno sviluppo abnorme dell’uomo che non ha rispettato la selezione naturale. CIO’ CHE E’ MALATO E’ IL PROGRESSO.

Il concetto di malattia, nella pagina conclusiva del romanzo cambia, diventa molto più pessimistico e storico: la malattia da malattia interiore diventa malattia storica.

L’uomo inetto è quello che non si adatta, ma è meglio non adattarsi. Esempio del mammuth: quanto più l’animale si adatta, si specializza, tanto più rischia l’estinzione, perché incapace di adeguarsi alle mutate circostanze.

L’uomo sano è quello che si adatta, ma alla fine è meglio non adattarsi, esser inetti.

TEMPO MISTO E SDOPPIAMENTO DEL PUNTO DI VISTA

Zeno narra i fatti ma anche li discute e li commenta sulla base della sua esperienza di oggi. Nel romanzo ci sono due punti di vista, entrambi INTERNI.

quello di Zeno narratore (= uomo di mezza età che indaga su sé stesso),

e quello di Zeno protagonista dei fatti narrati.

Ai due punti di vista corrispondono due tempi verbali:

presente per l’atto narrativo (l’io che narra, “adesso che scrivo”)

passato per i fatti narrati.

Questo continuo intersecarsi dei due piani temporali origina il tempo “misto”. 

VERITA’ E MENZOGNA. Svevo ebbe a dire di sé: “ Ho scritto in realtà sempre lo stesso romanzo”. In effetti  i suoi tre romanzi principali presentano come protagonista sempre lo stesso personaggio: l’inetto, cioè un uomo senza volontà, stanco e deluso, un uomo che ha paura dell’amore e della competizione sentendosi sconfitto in partenza.

Anche Zeno è un inetto, ma questa volta il personaggio vuole capire la ragione della sua diversità dagli altri e per guarire dal disagio esistenziale, che egli ritiene una malattia,  ricorre alle cure di della psicoanalisi.

Il romanzo si configura come libro di memorie, ma Zeno non si limita a raccogliere il materiale delle sue memorie, che poi il dottor S. dovrebbe interpretare, viceversa TENDE A SOSTITUIRSI AL MEDICO, INTERPRETANDO LUI STESSO  il suo passato. Nel far ciò egli è animato

da un sincero desiderio di conoscersi

dal bisogno di giustificarsi per liberarsi dai sensi di colpa.

Più che cercare la verità, dunque, Zeno tende a ricostruirla  e a mistificarla :

ne deriva che nel suo racconto non è facile distinguere verità e menzogna.