TESINA RIVOLUZIONE FRANCESE

TESINA RIVOLUZIONE FRANCESE

TESINA RIVOLUZIONE FRANCESE


La Francia agli occhi delle altre nazioni risultava all’avanguardia della cultura europea in quanto aveva portato l’Illuminismo nella sua forma più compiuta. Vi era un clima di ricche aspettative di rinnovamento che non si trasformarono in realtà e la mancanza di riforme portarono ad un malcontento tra tutte le classi sociali: nobiltà (Primo stato), clero (secondo stato) e popolo (terzo stato). Anche tra le varie classi sociali vi era un grande distacco: i piccoli nobili vivevano nelle stesse condizioni dei borghesi i il basso clero viveva come la maggior parte della popolazione francese. La borghesia era la forza trainante del Terzo stato ed era composta da intellettuali, professionisti, banchieri e commercianti che secondo i principi illuministici non accettava di essere tenuta lontano dal governo. Se il liberalismo aveva dato grandi vantaggi all’economia francese, da un’altra parte aveva portato all’aumento dei prezzi con disagi per i lavoratori con reddito fisso come contadini e salariati e aveva solamente arricchito i grandi proprietari terrieri. Inoltre tra il 1786 e il 1789 un a serie di carestie aveva diminuito i prodotti agricoli e l’agricoltura francese era incapace di fornire una sufficiente quantità di alimenti ai mercati.

Per di più i contadini abbandonarono i campi per trovare lavoro in città e il settore industriale andò in crisi a causa della concorrenza inglese. Questa crisi unì il terzo stato contro nobili e clero provocando un senso di paura tra i ricchi che si opponevano a cambiare il sistema. Nel 1788 la pessima riuscita del raccolto provocò un spropositato aumento dei prezzi dei cereali e di conseguenza del pane. Una grande responsabilità andava alla monarchia, perché il re spendeva a piene mani per mantenere la corte, l’esercito e soprattutto i nobili e il clero non pagavano le tasse. Inoltre la Francia aveva affrontato molte guerre e molte sconfitte con perdite di denaro, uomini e colonie.

Di fronte all’aggravarsi del deficit erano possibili solo due strade: dichiarare bancarotta o una totale riforma del sistema finanziario. In tale situazione serviva un re intelligente e determinato, ma Luigi XVI era debole e indeciso e anche mal consigliato dalla moglie Maria Antonietta. Luigi si mostrò disposto a rinnovare le finanze e incaricò ben 3 ministri che non risolsero la situazione: Turgot elaborò un programma di risanamento per tassare nobili e clero, ma venne bloccato a causa del loro rifiuto.

Necker chiese prestiti ai banchieri privati, per non tassare nobili e clero, indebitando lo Stato. Rese pubblico il bilancio statale evidenziando che il deficit è generato soprattutto dalla corte, ma si dimise per l’opposizione delle classi privilegiate.

Charles Alexandre de Calonne cercò di ottenere l’approvazione per la riforma fiscale convocando un’assemblea di notabili, composta da esponenti della nobiltà e del clero. Ma il suo tentativo fallì per l’opposizione dei nobili che per evitare di essere tassati chiesero la convocazione degli stati generali, ritenuti i soli in grado di approvare una diversa forma di tassazione.

Luigi XVI cercò di contrastare la rivolta nobiliare ma dovette cedere e nel 1789 convocò gli Stati Generali. La borghesia si era impegnata a chiedere che tutti i cittadini dovessero avere lo stesso trattamento fiscale e che il potere regio fosse limitato; i delegati del Terzo Stato presentarono alla prima riunione i cahiers de dolèances, quaderni di doglianze che contenevano le lamentele e le richieste rivolte al re dagli elettori. Il 5 maggio del 1789 vennero aperti gli Stati Generali i cui rappresentanti erano stati votati nelle elezioni a suffragio ristretto e maschile. I nobili e il clero volevano una votazione per stato (in questo modo essendo due stati contro l’uno del terzo stato avrebbero vinto) mentre il Terzo stato voleva che si votasse per testa (il numero dei deputati del terzo stato superava la somma dei deputati del clero e nobiltà. Ne nacque un aspra controversia che culminò col giuramento della Pallacorda: il 20 giugno i rappresentanti del terzo stato trovarono chiusa la sala delle riunioni e si riunirono per proprio conto in uno stadio della pallacorda e giurarono di non separarsi fino a quando non avessero dato vita a una costituzione sul modello inglese. Questa assemblea prese il nome di Assemblea Nazionale. I nobili e il clero spinsero il re a ricorrere alla forza per sciogliere l’assemblea nazionale, ma di fronte alla determinazione del terzo stato il re ordino ai nobili e al clero si unirsi a questa assemblea e il 9 luglio si formò l’Assemblea Costituente per dare vita ad una nuova costituzione.

Rimaneva comunque uno stato di conflittualità che sfociò nella presa della Bastiglia: dopo che si era diffusa la notizia che il re aveva creato un nuovo governo conservatore e intendeva sciogliere con la forza l’assemblea costituente, circa 800 parigini, dopo essersi procurati le armi presso l’Hotel des Invalides, si diressero verso la Bastiglia, il simbolo dell’assolutismo regio e se ne impadronirono. Da allora il popolo, la nuova forza tumultuosa e disorganica assunse il controllo della città attraverso un consiglio di cittadini che prese il nome di Municipalità; per la difesa di Parigi fu istituita la guardia nazionale con a capo il marchese La Fayette. In tutta la Francia i contadini diedero inizio a violente rivolte, massacri e saccheggi ai danni dei possedenti.

La borghesia intanto andava impadronendosi dei consigli comunali che obbedivano all’Assemblea Costituente che nell’agosto 1789 decretò l’abolizione dei privilegi di nobiltà e clero e approvò la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino che affermava l’uguaglianza dei cittadini e dei loro diritti che erano dati dalla natura ed erano quindi inalienabili. Il popolo francese non era più suddito del re, ma cittadino dello stato. L’assemblea inserì altri diritti come la libertà di stampa, di parola, di pensiero e di religione, la sovranità popolare e l’inviolabilità della persona e della proprietà.

Il re rifiutò di approvare i decreti e il 5 ottobre una grande folla, soprattutto di donne raggiunse Versailles e costrinse il re a trasferirsi a Parigi per controllare meglio la situazione.

In questa fase molti esponenti del fronte rivoluzionario si riunirono in club impegnandosi nella lotta politica con volantini opuscoli e giornali:


Gli Amici dell’89, moderati, capitanati da La Fayette aspiravano ad una soluzione sul tipo di quella codificata dalla costituzione inglese

I Giacobini o Amici della costituzione erano all’inizio monarchici-costituzionali, ma sotto la guida di Robespierre assunsero un atteggiamento repubblicano

Gli Amici dell’uomo e del cittadino era formato dai cosiddetti cordiglieri e ne facevano parte i più vivaci rappresentanti delle masse popolari parigine ed erano orientati verso l’abbattimento della monarchia; a capo c’era Danton e Marat.

La folla parigina era chiamata popolo rivoluzionario o sanculotti perché non portavano le culottes, pantaloni corti tipici dei nobili.

In favore della borghesia l’assemblea fece le seguenti riforme:

  • Liberalizzazione del commercio
  • Soppressione di corporazioni di mestiere
  • Confisca statale delle proprietà ecclesiastiche
  • Costituzione civile del clero
  • Espropriazione di tutti i beni della chiesa e delle opere pie

La nazione si addossò le spese del culto e oramai presti e vescovi erano impiegati dello stato, di conseguenza venne ridotto il numero delle diocesi per limitare le spese statali. Inoltre i sacerdoti dovevano prestare giuramento alla nazione. Il clero contrario a queste riforme si staccò da quello normale e venne chiamato clero refrattario.

Nel 1791 il re tento di fuggire da Parigi, ma a Varennes fu riconosciuto, fermato e ricondotto a Parigi dove fu imprigionato nei locali dove si trovava l’Assemblea.

Il 17 luglio 1791 si tenne a Campo di Marte a Parigi una manifestazione per chiedere l’abolizione della monarchia: ma la guardia nazionale preoccupata per lo spirito rivoltoso della massa e per disperderla fece ricorso alle armi e uccise 40 dimostranti. L’Assemblea prese posizione contro le aspirazioni rivoltose delle masse popolari che persero ogni fiducia nell’assemblea.

In questo periodo l’Assemblea si riavvicinò alla monarchia e permise al re di firmare la costituzione e così la Francia divenne una monarchia costituzionale. I poteri erano divisi in tre (secondo le teorie di Montesquieu): legislativo, in mano a un’unica assemblea di 750 membri; esecutivo esercitato da ministri scelti dal re; giudiziario assegnato a giudici eletti dal popolo. Ma solo una minoranza del popolo che godeva di un certo reddito poteva esercitare il proprio diritto di voto, per questo il popolo francese venne diviso in cittadini attivi e passivi a seconda che avessero o meno il diritto al voto. L’assemblea deliberò anche l’unificazione dei pesi e delle misure, l’adozione del sistema metrico decimale e l’eliminazione dei titoli nobiliari, delle tasse feudali e delle dogane interne. Presso ogni comune vennero istituiti gli uffici di stato civili che avevano la funzione delle nostre moderne anagrafi.