TESINA LUIGI PIRANDELLO

TESINA LUIGI PIRANDELLO

Luigi Pirandello Vita Riassunto Breve


Luigi Pirandello nacque nel 1867 a Grigenti (Agrigento) da una famiglia di agiata condizione borghese e di tradizioni risorgimentali e garibaldine. Studiò a Palermo, poi a Roma e infine a Bonn dove si laureò in filologia romanza con una tesi sul dialetto di Grigenti. Entrò in contatto con la cultura tedesca che influenzò le sue teorie sull’umorismo.

Dal 1892 si stabilì a Roma  dove si dedica alla letteratura e sposa Maria Antonietta Portulano. Nel 1903 un allagamento della miniera di zolfo in cui il padre aveva investito il suo patrimonio provocò il dissesto economico della famiglia. A causa di ciò la moglie ebbe una crisi che sfociò in follia. La convivenza con la moglie,molto gelosa, costituì per Luigi un tormento che può essere visto come il germe della sua concezione dell’istituto familiare come trappola. Con la perdita delle rendite P fu costretto ad integrare il suo stipendio di professore con la produzione di novelle e romanzi. La sua vita fu segnata dalla declassazione.

Nel 10 ebbe il primo contatto con il mondo teatrale e da quel momento divenne scrittore per il teatro.

P aveva visto con favore l’intervento in guerra considerandolo come una sorta di compimento del risorgimento: ma suo figlio venne rapito dagli austriaci e non venne mai liberato. Di conseguenza la malattia mentale della moglie si aggravò e venne ricoverata in una casa di cura dove restò fino alla morte.

Nel 20 P cominciò a conoscere il successo del pubblico. Scrisse nel 21 Sei personaggi in cerca d’autore e l’anno dopo lascio la cattedra per dedicarsi al teatro.

Nel 24 dopo il delitto Matteotti si iscrisse al partito fascista e questo gli servì per ottenere appoggi dal regime. La sua adesione al fascismo ebbe però carattereambiguo, perché da una parte vedeva nel fascismo una garanzia di ordine, e dall’altra lo induceva a scoprirvi  l’affermazione di una genuina energia vitale che spazzava via le forme fasulle e soffocanti della vita sociale e dell’Italia postunitaria. Ben presto si staccò dal fascismo.

Negli ultimi anni lo scrittore seguì la pubblicazione delle sue opere: le novelle per un anno e le maschere nude. Nel 34 gli venne assegnato il premio nobel per la letteratura. Attento anche al cinema segui l’adattamento cinematografico della sua opera il fu Mattia Pascal, ma si ammalò di polmonite e morì nel 36.

Alla base della visione del mondo pirandelliana vi è una concezione vitalistica: la realtà tutta è vita, perpetuo movimento vitale, inteso come eterno divenire. Tutto ciò che si stacca dal flusso e assume forma distinta e individuale si irrigidisce e muore. Cosi avviene dell’identità personale dell’uomo. In realtà noi non siamo che parte dell’universale ed eterno fluire della vita, ma tendiamo a cristallizzarci in forme individuali, in una personalità che vogliamo coerente e unitaria. In realtà questa personalità è un illusione.

Non solo noi stessi ci fissiamo in una forma, ma anche gli altri ci vedono secondo la loro prospettiva e ci danno determinate forme. Ciascuna di questa forme è una costruzione fittizia, una maschera che noi stessi ci imponiamo . Sotto questa maschera non c’è nessuno.

L’io si disgrega, si smarrisce, si perde e i suoi confini si fanno labili, la sua consistenza si sfalda, nel naufragio di tutte le certezze. La crisi dell’identità risulta evidente nei processi dell’età contemporanea: l’instaurarsi del capitale monopolistico, che annulla l’iniziativa individuale; l’espandersi dell’industria e dell’uso delle macchine, che meccanizzano l’esistenza e riducono il singolo ad un insignificante rotella di un gigantesco macchinario, priva di relazioni e di coscienza.

L’io si indebolisce, perde la sua identità, si frantuma in una serie di stati incoerenti. Pirandello è uno degli interpreti più acuti di questi fenomeni e li riflette nelle sue costruzioni letterarie.

La presa di coscienza di questa inconsistenza dell’io suscita nei personaggi pirandelliani smarrimento e dolore. Viceversa, l’individuo soffre anche ad essere fissato da altri in forme in cui non può riconoscersi. L’uomo di vede vivere, si esamina dall’esterno nel compiere gli atti abituali che gli impone la sua maschera. Queste forme sono sentite come una trappola. La società gli appare come un enorme pupazzata, una costruzione artificiosa e fittizia, che isola l’uomo dalla vita, lo impoverisce e lo conduce alla morte anche se apparentemente continua a vivere.

Pirandello è in fondo un anarchico, un ribelle insofferente dei legami della società, contro cui scaglia la sua critica impietosa e corrosiva.

Nelle novelle e nei romanzi la critica di Pirandello si appunta sulla condizione piccolo-borghese. L’istituto in cui si manifesta per eccellenza la trappola della forma che imprigiona l’uomo, separandolo dall’immediatezza della vita è la famiglia. P coglie il carattere opprimente della famiglia. L’altra trappola è quella economica costituita dalla condizione sociale e dal lavoro. I suoi eroi sono prigionieri di una condizione misera e stentata. Da questa trappola non si da per Pirandello una via d’uscita storica: il suo pessimismo è totale, non gli consente di vedere altre forme di società diverse. L’unica via di relativa salvezza che si da ai suoi eroi è la fuga nell’irrazionale: nell’immaginazione che trasporta verso un altrove fantastico.

Il rifiuto della vita sociale dà luogo nell’opera pirandelliana ad una figura ricorrente, emblematica: il forestiere della vita, colui che ha capito il gioco, ha preso coscienza del carattere fittizio del meccanismo sociale e si isola, guardando vivere gli altri dall’alto rifiutando di assumere la sua parte, osservando gli uomini intrappolati con un atteggiamento umoristico. E’ quella che Pirandello chiama anche filosofia del lontano: essa consiste nel contemplare la realtà come da un’infinita distanza.

Caratteristico della visione pirandelliana è dunque un radicale relativismo conoscitivo: ognuno ha la sua verità che nasce dal suo modo soggettivo di vedere le cose. Ne deriva un’inevitabile incomunicabilità fra gli uomini che accresce il senso di solitudine dell’individuo che si scopre nessuno e mette in crisi la possibilità di rapporti sociali e ne svela il carattere convenzionale e fittizio.

La realtà non è più una totalità organica, ma si sfalda in una pluralità di frammenti che non hanno un senso complessivo. Il particolare non vibra della vita universale, ma è semplicemente una particella isolata, perché un Tutto non esiste. Anche l’io si frantuma in una serie di frammenti incoerenti.

Il saggio l’umorismo è un testo chiave per penetrare nell’universo pirandelliano; l’opera d’arte secondo Luigi nasce dal libero movimento della vita interiore; la riflessione. Nell’opera umoristica invece la riflessione non si nasconde, non è una forma del sentimento, ma si pone davanti ad esso come un giudice, lo analizza e lo scompone. Di qui nasce il sentimento del contrario. Lo scrittore propone un esempio: se vedo una vecchia signora con i capelli tinti e tutta imbellettata avverto che è il contrario di quello che dovrebbe essere e questo è il comico. Ma se interviene la riflessione non posso più solo ridere: dall’avvertimento del contrario, cioè dal comico, passo al sentimento del contrario, cioè all’atteggiamento umoristico.

La riflessione nell’arte umoristica coglie cosi il carattere molteplice e contradditorio della realtà e permette di vederla da diverse prospettive contemporaneamente. Se coglie il ridicolo di una persona si individua anche il fondo dolente o viceversa: quindi tragico e comico vanno sempre insieme.

/ 5
Grazie per aver votato!