TESINA ITALO CALVINO TESINA SCUOLA

TESINA ITALO CALVINO TESINA SCUOLA


ITALO CALVINO È un gigante della letteratura del ‘900 letterario. È un intellettuale a tutto tondo che si interroga molto sulla suaattualità riferendosi anche al suo corso storico. Nasce nel 1923 a Cuba perché i suoi genitori, scienziati agronomi sitrovarono lì per motivi di lavoro. Vivrà la sua infanzia e adolescenza a San Remo in Liguria che considererà la suapatria. Durante la Seconda guerra mondiale, si iscrive all’Università di Agraria e inizia a scrivere recensionicinematografiche. Oltre a San Remo, Calvino visse a Torino, a Parigi e dal 1980 a Roma. Dopo gli studi e laResistenza in Liguria si laureò in Lettere a Torino dal 1947 al 1983 lavorò a vario titolo per l’editore Einaudi. Durantela guerra si schiera con i partigiani e aderirà al partito comunista. Incontrerà poi Cesare Pavese che sarà il suo primomentore. Decisiva è anche l’amicizia con Eugenio Scalfari, suo compagno di scuola. Negli anni 50-60 avrà il suomassimo successo con molti romanzi. La carriera di Calvino ebbe una grande scossa a causa della seconda guerramondiale, come scrittore ha sempre mutato il suo stile in base anche alle circostanze storico-temporali in cui sitrovava. In alcuni dei suoi racconti di “Ultimo viene il corvo” o come “il sentiero dei nidi di ragno” possiamoassociarlo al movimento neorealista nato dopo l’oppressione della guerra e del periodo fascista in Italia. Calvinomuore il 19 settembre 1985, all’età di 61 anni, colpito da un’emorragia celebrale.


Ultimo viene il corvo

Ultimo viene il corvo uscì nell’agosto del 1949, nella collana I Coralli dell’editore Einaudi, accompagnato da unascheda bibliografica scritta quasi sicuramente da Cesare Pavese. Comprende 30 racconti brevi scritti tra l’estate del1945 e la primavera del 1949. La tematica prevalente è quella legata alla Seconda guerra mondiale e all’esperienzadella Resistenza, vissuta in prima persona dall’autore. Nella raccolta ci sono racconti di stampo bellico-partigiano,racconti “della Resistenza”; racconti autobiografici dell’infanzia con scene descrittive della Liguria costiera e di quellaselvaggia “letteratura della memoria” testi in cui domina il paesaggio, con ragazzi e animali; racconti picareschi deldopoguerra (storie colorate di personaggi, del picaro = personaggio più furbo e imbroglione. Spesso le tematiche sicongiungono. La narrazione breve permette a Calvino di sperimentare la narrazione in prima o in terza persona, dimodulare il tono della narrazione dall’ironico al grottesco, dal divertito al drammatico, di sviluppare la narrazione tradiscorso indiretto e dialogato dei personaggi, di creare piccoli congegni narrativi incentrati sulla suspense. La prosa èmolto veloce e diretta. Ci sono periodi abbastanza brevi, termini colloquiali, metafore.


Uomo nei gerbidi

Padre e figlio vanno a caccia di lepri una mattina all’alba; mentre il padre si allontana per cercare di scovare la lepre edirigerla verso il figlio, il figlio si apposta con il cane in attesa che la lepre passi di lì per ucciderla. Mentre il figlioaspetta, gli si avvicina Baciccin il beato, che vive in una casa sperduta su un monte, ed iniziano a parlare del più e delmeno, di lepri scappate, di cartucce del fucile caricate male e della guerra. Si avvicina ai due anche la figlia diBaciccin, Costanzina, e iniziano a parlare di come sarebbe bello vivere in città; persi nei discorsi, passa la lepre, ma ilfiglio se la lascia sfuggire, non riuscendo nemmeno a puntare col fucile, tanto era perso nei discorsi. Torna il padreimprecando e mentre Baciccin e figlia se ne vanno, anche i due cacciatori se ne tornano a casa a mani vuote.


I figli poltroni

Racconta la vita di Pietro e Andrea, figli che vivono con i genitori e non fanno nulla in casa; dormono, vanno alcinema, al biliardo e non danno una mano in casa alla madre e nei campi al padre. Pietro si rende conto chedovrebbero dare una mano ed invita sempre più volte il fratello ad alzarsi dal letto per aiutare il padre, ma quandoAndrea continua a dormire, Pietro rimane nel letto al poltrire invece di alzarsi lui ad aiutare il padre. Ci rivela un trattoautobiografico giovanile di Calvino


Andato al comando

È un racconto costruito sulla suspense. Viene raccontata la fucilazione di una spia da parte di un partigiano. I duepersonaggi vengono chiamati solo “l’armato” e “il disarmato”. A emergere sono soprattutto i pensieri di quest’ultimo.Calvino rivolge così la sua attenzione ora alla situazione umana del soldato fascista, ora allo stato d’animo delpartigiano che assolve, senza alcun compiacimento, a un compito imposto dalla dura logica della guerra. Il disarmatodurante il tragitto ribadisce più volte la sua innocenza anche se non vera, spera che gli altri possano ritenerloinnocente. Architetta piani di fuga per salvarsi. L’uomo armato ad un certo punto gli propone di scambiare gli stivaliconvincendolo che all’arrivo non gli faranno nulla, perché se vedono che indossa dei bei scarponi glieli ruberanno. Ilracconto in gran parte è costruito in modo dialogico. Con lo scambio delle calzature il disarmato pensa di averel’appoggio dell’altro, ma non è così. Alla fine del racconto il disarmato viene chiamato “la spia” perché ormai anche illettore ha riconosciuto la sua identità vera. Il racconto finisce, la spia viene uccisa e lasciata nel bosco mentre l’armatoprosegue con gli scarponi rubati. Calvino cerca sempre di mettere in scena delle situazioni in cui non c’è una posizionemanichea tra i buoni e i cattivi, tra i partigiani e i fascisti. Certi impulsi e debolezze sono comuni ad entrambi le parti:la sete di vendetta, la voglia di accaparrarsi gli effetti personali altrui, la paura di morire.


Ultimo viene il corvo

Descrive un episodio di vita partigiana. Durante la guerra alcuni partigiani e un ragazzo pescano trote in riva a unfiume. Per catturare i pesci utilizzano le stesse armi che portano al fianco. A un certo punto il ragazzo chiede il fucile auno degli uomini che, non conoscendolo, glielo porge dubbioso. Sotto gli occhi dei presenti il ragazzo dimostra unamira eccezionale, tanto che centra ogni trota che affiora dall’acqua, un falchetto e le pigne di un albero che stasull’altra sponda. I partigiani, sbalorditi, lo prendono con sé. Durante il cammino il ragazzo continua a sparare a ognianimale che vede, mentre gli altri lo intimano di far silenzio, per non venire scoperti dai nazifascisti. Arriva la notte esi fermano a una baita, ma al primo chiarore dell’alba il ragazzo si arma ed esce per conto suo, continuando a sparare aogni cosa che vede muoversi e allontanandosi così dalla baita dove dormono gli altri uomini. Incontrato un gruppo disoldati nemici, il ragazzo apre fuoco e, dopo aver ricevuto in risposta una raffica di colpi, si nasconde, pur continuandoa sparare. I partigiani, sentendo lo sparo, lo raggiungono e iniziano a sparare, ma il ragazzo si lancia all’inseguimentodi un soldato nemico nel bosco. Arrivato in una radura, il soldato si nasconde dietro una grossa pietra e il ragazzo, purassediandolo là dietro, uccide ogni uccello che passi sopra di loro. Anche quando il soldato, senza altre armi, lanciauna granata verso il protagonista, questa la fa esplodere in volo con un colpo precisissimo. Quando un corvo cominciaa volteggiare sopra i due duellanti, il ragazzo lo ignora e mira alle pigne di un albero lì vicino, che cadono una ad una.Il corvo continua a girare sopra le loro teste e il soldato, divorato dalla tensione poiché il giovane si ostina a noncolpirlo, esce improvvisamente dal proprio rifugio, indicando il volatile. Il ragazzo lo colpisce in pieno petto, propriosull’aquila cucita sull’uniforme. Suggestivo e amaro, il racconto che dà nome all’intera raccolta si pone come unariflessione sulla problematicità della morale umana e sul problema del discernimento del bene dal male. Il ragazzoinfatti non si unisce al gruppo partigiano per salde convinzioni ideologiche o per desiderio di libertà dall’invasore;semplicemente, amando sparare, desidera l’arma che i partigiani gli hanno prestato lungo il fiume. Estranea alledinamiche della guerra è anche l’uccisione finale del soldato nazifascista: il giovane lo insegue come inseguirebbe unaqualsiasi altra preda, e lo uccide con una fredda strategia, che prevede il sacrificio degli altri animali di passaggio.Ultimo viene il corvo è caratterizzato da uno stile netto e rapido, fatto di dialoghi e frasi semplici; il ritmo,inizialmente lento, accelera nei frangenti dello scontro e dell’inseguimento, mentre la sequenza finale viene narrata dalpunto di vista del soldato, di cui si seguono ossessivamente i pensieri, oscillanti tra l’attesa della morte e la speranza disalvarsi all’ultimo minuto.


Uno dei tre è ancora vivo

Dei paesani accusano tre soldati tedeschi di aver distrutto con un incendio il loro paese: così li condannano a morte.Dopo aver spogliato i loro corpi decidono di buttarli giù da un pozzo naturale; uno però si salva atterrando sui corpidei compagni. Gli abitanti del villaggio, accorgendosene, cercano dapprima di aiutare il tedesco ad uscire, per poifucilarlo; ma, dopo il rifiuto di quest’ultimo, lanciano delle bombe nel pozzo. Queste non feriscono il soldato, ma gliaprono un varco nel terreno che gli permette di fuggire. Dopo essere uscito però si ritrova solo e nudo in un paesesconosciuto, e capisce che “la vita è un inferno con rari richiami di antichi felici paradisi”. Anche in questo caso ciidentifichiamo con dei prigionieri nazifascisti, con la loro paura di morire. Questo racconto tratta l’argomento dellaguerra in chiave diversa dagli altri di Calvino, poiché l’autore sembra prendere le parti di un soldato tedesco invece chequelle di un partigiano; infatti i paesani sono descritti come spietati assassini, mentre il tedesco è la vittima costretta aspogliarsi (sinonimo di umiliarsi) che subisce le violenze dei popolani. La principale tematica che l’autore vuolesottolineare è l’inutilità e la tragicità della guerra, nella quale si perdono i valori fondamentali dell’uomo, el’eliminazione dell’avversario è vista come un gesto talmente meccanico da far dimenticare a chi spara l’importanza el’unicità della vita. Lo spazio nel quale si svolge la vicenda è molto significativo, poiché rappresenta le sensazioniprovate del personaggio principale: infatti, man mano che la condizione del protagonista evolve da uno stato di libertàiniziale ad un momento in cui la sua vita sembra volgere ad una tragica fine, ecco che anche lo sfondo della vicenda èrappresentato, prima da uno spazio aperto, poi da una caverna buia e opprimente. Infine, quando al protagonista sipresenta l’occasione di salvarsi, gradualmente anche le tenebre più profonde si dissolvono, per lasciare spazio allefresche acque di un torrente e ad una vallata boschiva.


La casa degli alveari

Rispetto agli altri racconti, questo racconto affida la parola ad una voce (racconto in prima persona) che rappresenta ununicum in quanto voce così irosa, ostile, misogina, maligna. È un racconto poco studiato di Calvino. A parlare è unnarratore che più burbero non si potrebbe che tiene una sorta di monologo non richiesto sul proprio stile di vita isolato,sulla paura che incute agli abitanti delle zone di campagna che stanno intorno alla sua abitazione. Una specie diautoritratto. Lui inizia presentando la casa. Si tratta di un uomo che vive lontano dal consenso umano che ha anelitoalla distruzione e un sentimento di ostilità e demolizione di tutto quello che non è lui. L’incipit del racconto ci dicemolto di lui, non sopporta né uomini né bestie. Sopporta solo le capre che non danno confidenza e le sue api deglialveari. Le api si fanno pacifiche solo con lui. Successivamente si crea una sorta di mistero, evidentemente intorno aquest’uomo c’è un’atmosfera di paura e timore, di maldicenze che circondano la sua vita e la sua abitazione. Questoautoritratto gotico si costruirà, non su delle azioni successive, ma su un mistero pregresso che circola tra la razzabugiarda degli uomini. Sembra non volerci dire cosa dicono di lui e di cosa hanno paura. È come se avesse il desideriodi raccontare e il bisogno di essere ascoltato. Come se lui negando e rimandando la spiegazione, cadesse nella parziale
ricostruzione degli avvenimenti rendendosi anche del tutto inattendibile. Lui stesso non ricorda se l’accusa sia fondatao meno. Come se lui stesse cercando di discolparsi di fronte a tutti, ricorda un episodio in cui vi è coinvolta una donna,forse questa è la causa del suo cambiamento. Perché prima che succedesse questo lui era “carico di affetti umani”. C’è un’incertezza sulla verità. Secondo lui gli altri dicono il falso. Il narratore rivela qualcosa e cerca di svincolarecambiando discorso. Il racconto ci lascia molte domande: lui dice il vero o ha veramente ucciso?


Campo di mine

A guerra finita, dopo un lungo e faticoso cammino, un uomo viene avvertito da un vecchio contrabbandiere che ilpasso di montagna che deve valicare è ancora ricoperto di mine. L’uomo prova a capire se il vecchio sappia quale siala strada sicura, ma senza ottenere informazioni sostanziali. Il protagonista allora riprende il cammino, riflettendo (efacendosi coraggio tra sé e sé) sui segnali della possibile posizione delle mine. Attanagliato anche dai morsi della famee circondato dai richiami delle marmotte che abitano la valle, l’uomo si dirige al passo, per scoprire che esso è ormaiinteramente coperto dai rododendri, che, dopo la fine delle ostilità, sono ricresciuti là dove sono state posate le mine,ovvero in uno stretto canalone dove il passaggio è obbligatorio. Impossibilitato a tornare indietro, l’uomo si affida alcaso, muovendo un passo dopo l’altro, in un clima di tensione crescente. L’uomo, al culmine della tensione, si fermaper scrutare il proprio volto in un minuscolo specchio che ha con sé. Come in altri racconti della raccolta, anche inCampo di mine la guerra sembra finita, ma le sue conseguenze sono drammaticamente presenti nella vita di tutti igiorni e il suo carico di violenza si annida sempre nell’apparente tranquillità della vita di tutti i giorni. Metafora diquesta condizione di “reduce” è proprio la vallata di rododendri che si stende di fronte agli occhi del soldato e in cui sicelano le mine. Da un lato, i rododendri sono il simbolo della riconquista della Natura sulle violenze dell’uomo; da unaltro, sono il tranello in cui cade il protagonista sulla via del ritorno. La narrazione, che si apre in media res, proseguealternando discorso diretto, discorso indiretto e discorso indiretto libero, focalizzando l’ansia crescente delprotagonista, i suoi ragionamenti che a poco a poco cedono all’angoscia della morte, il ritmo incerto dei suoi passi chesi affiancano alle riflessioni sul significato del destino (“Formulò questo pensiero sul destino senza convinzione: noncredeva al destino. Certo, se egli faceva un passo era perché non poteva fare diversamente, era perché il movimentodei suoi muscoli, il corso dei suoi pensieri lo portavano a fare quel passo. Ma c’era un momento in cui poteva faretanto un passo quanto l’altro, in cui i pensieri erano in dubbio, i muscoli tesi sena direzione. Decise di non pensare, dilasciar muovere le gambe come un automa, di mettere i passi a caso sulle pietre; ma sempre aveva il dubbio che fossela sua volontà a scegliere se voltarsi a destra o a sinistra, se posare un piede su una pietra o sull’altra”). Il finale,improvviso ed esplosivo, recide di colpo tutto questo, mimando quasi sulla pagina l’esplosione dell’ordigno. Lo stile èsemplice e scarno, teso a mantenere l’atmosfera angosciosa che pervade tutto il racconto e che deflagra nelle ultimerighe.


Tutte le cosmicomi

che Non c’è un solo libro di questi racconti, Calvino sviluppa un progetto e se lo porta avanti per tanti anni a partire daglianni ’60. In origine i racconti vengono pubblicati per la maggior parte sui periodici Il Caffè e Il Giorno tra il 1964 e1965, successivamente ripubblicati sotto forma di raccolta da Einaudi nel 1965 intitolata “Le Cosmicomiche”, poi nel’67 pubblica il volume “Ti con Zero”. Poi riunisce i racconti dell’uno e dell’altro volume in un’altra silloge del ’68,“La memoria del mondo e altre storie cosmicomiche” con nove episodi inediti. Nel 1984 torna sull’intera produzionecosmicomica perché Garzanti lo convince a pubblicare un volume ancora più vasto intitolato “Cosmicomiche vecchiee nuove” con l’aggiunta di altri due racconti. i racconti che le compongono sono spesso indicati nella loro globalitàcome Cosmicomiche (per l’esattezza il volume La memoria del mondo e altre storie cosmicomiche comprende alcuniracconti originari de Le Cosmicomiche, e alcuni da Ti con zero, aggiungendone altri nuovi; in Cosmicomiche vecchie enuove sono compresi i racconti già compresi nei volumi precedenti, con diverso ordine: tutti sono quindi stati raccoltiin ultimo nel volume dal titolo Tutte le cosmicomiche). In quest’opera Italo Calvino unisce i suoi interessi scientifici aquelli letterari, accomunati da un problema di fondo: il bisogno inesausto dell’uomo di conoscere e comprendere ilmondo. Il titolo mostra la capacità dell’autore di sintetizzare due generi letterari, affiancando al raccontofantascientifico la prospettiva comica. Calvino in questa raccolta si interroga sulla realtà, sul senso dell’esistenza esull’essere uomo attraverso suggestioni fantascientifiche. Il punto di partenza dei racconti è sempre la breveesposizione di una teoria scientifica sull’universo, posta in corsivo, che viene poi sviluppata con umorismo nellastoria. Sono racconti fantascientifici ma al rovescio (recensione di Montale) perché ambientati in un passatosconosciuto e remoto. In tutti i racconti, tranne rarissime eccezioni, c’è un narratore fittizio che si inserisce tra autore elettore, si tratta di un indefinibile testimone della storia del mondo, una specie di entità eterna che l’attraversa. Ha unnome simmetrico, palindromo e impronunciabile Qfwfq. È un essere bizzarro e misterioso, in perenne presenza nelcosmo, partecipando a tutte le vicende del mondo. Q quindi ci racconta questi eventi che gli sono corsi in presenza digrossi mutamenti della storia dell’universo, esperienze fatte in assenza di conoscenze acquisite, patrimoni culturali giàimposti. I punti del tempo vergini da qualsiasi tentativo di nominazione e distinzione. È un’entità che osserva,descrive, racconta e rappresenta gli avvenimenti. In Tutto in un punto assiste al Big Bang, e ne I dinosauri è appuntoun dinosauro, che osserva l’estinzione della sua specie, mentre ne La spirale assume le fattezze di un mollusco
primordiale. Le cosmicomiche possono essere considerate come una storia dell’universo dalla sua creazione e nelle suecontinue modificazioni, un De rerum natura (il poema dell’autore latino Lucrezio) moderno. Si configura come unacosmogonia e al tempo stesso come una metafora dell’esistenza, perché ciò che intende analizzare Calvino, attraversole storie sull’universo e sul mondo, è ancora una volta l’uomo contemporaneo. I rapporti tra Qfwfq e i personaggi che interagiscono con lui ricordano quelli degli uomini, in cui sono presentielementi di conflittualità ed affetto, amore e incomprensione. E tuttavia, anche nelle Cosmicomiche non viene maimeno la sottolineatura del valore irrinunciabile della ricerca di un “senso” alle faccende umane


I cristalli

In questo racconto, Q racconta la storia della solidificazione della crosta terrestre, di come, se fosse avvenuta in piùtempo, i materiali che compongono il nostro pianeta, si sarebbero aggregati in un unico grande cristallo, masoprattutto, narra della solidificazione effettivamente avvenuta e della sua storia con una certa Vug. Q dice, infatti, dicome loro due, sotto forma di esseri pluricellulari ancora indefiniti, vagando per la Terra vedono i cristalli dei diversielementi che si formano dal materiale magmatico. Soprattutto, il protagonista, spiega la sua speranza che la terra sisolidificasse in un unico e regolare cristallo gigante, che deriva, dice lui, dal suo amore per l’ordine, ma spiega anchedi come invece vede formarsi centinaia di cristalli diversi, qua e là con l’intrusione di atomi estranei rispetto allacomposizione del solido, che lo fanno brillare in maniera particolare rispetto agli altri, di come, al contrario di lui, lasua compagna, preferisca questa forma di aggregazione, con miriadi di cristalli, rispetto ad un unico “cristallo-mondo”. Infine, mentre spiega pure il finto ordine nel quale vive al giorno d’oggi, spiega anche la sua ultima speranza:ovvero che tutti i cristalli che vede spuntare disordinatamente, facciano parte di un ordine molto più grande,immaginando quante facce possa avere un cristallo con tutte quelle false irregolarità. Per concludere, racconta di comerincontra Vug, davanti ad una gioielleria a New York, di come passano una giornata insieme continuano a litigare sullaloro vecchia questione: i diamanti.


Parte terza

La terza ed ultima parte è composta da quattro storie. L’autore mette in scena una situazione che chiede al protagonistauno sforzo per cercare di volta in volta, una soluzione, una via di fuga aldilà del grado di pericolo che grava su di lui.L’autore dichiara di aver impiegato un’immaginazione e un linguaggio siderali con distacco dall’astronomia perraccontare situazioni tipicamente umane, situazioni drammatiche e angosciose, e risolverle con procedimenti diastrazione come se si trattassero di problemi matematici. Il protagonista non è più Q ma è invece una figura maschileche prova a immaginare se stesso come funzione, con una lettera matematica (simile a Landolfi), come funzioneall’interno di un sistema in cui cercano di figurarsi. Questa parte propone un tipo diverso di narrativa e di linguaggio,basato essenzialmente sul processo logico. Nei racconti a seguire l’uomo di Calvino per prima cosa si domanda cos’èil tempo e cos’è lo spazio, poi si costruisce un modello di universo da cui dedurre le soluzioni possibil


L’inseguimento

I rapporti col tempo e con lo spazio possono essere altrettanto vertiginosi per un uomo chiuso nella sua auto in coda aun semaforo (intervista Calvino). Braccato nel traffico di un ingorgo da un individuo anonimo armato di pistola che lovuole uccidere. Questa è la storia di un inseguimento, dai personaggi non ben definiti, vengono presentati solo come:un inseguitore e un inseguito, il protagonista. Vi sono tante variabili (flusso di macchine, comunicazione sincronica deisemafori che regolano il traffico) che rendono vano ogni tentativo dell’inseguito di calcolare con esattezza lepossibilità di seminare l’inseguitore. Dunque ci troviamo di fronte ad un testo pieno di calcoli e ipotesi che ilprotagonista cerca per sfuggire e salvarsi. Ad un certo punto ci dice anche che non può scendere dalla macchina escappare perché provocherebbe diversi inconvenienti, uno su tutti, il fatto che abbandonando la macchina in mezzoalla strada in cui si trova, attirerebbe immediatamente l’attenzione della polizia, cosa che deve decisamente evitare,perciò gli converrebbe rimanere in auto anche se il suo inseguitore scendesse e gli venisse in contro a piedi, come giàsuccesso. Il protagonista per sua solipsistica reazione a quanto sfugge al suo controllo, egli ipotizza elementisituazionali, capaci di fornire alla sua vicenda percorribili via di fuga (metodo deduttivo). È un racconto in cui ilprotagonista muove lo sviluppo del racconto sulla base delle sue riflessioni, in questo caso cerca una via di fuga, e iragionamenti nella mente del protagonista, fanno interpretare ora ogni movimento all’interno della fila come azionifacenti parte di un ipotetico inseguimento, questo porta la situazione sua personale, ad una proiezione di essa nellospazio circostante. Egli pensa così che tutti siano degli inseguiti e degli inseguitori, facendo così una metaforaesistenziale. Seguendo il filo del discorso, il killer, dovrebbe avere alle sue spalle un altro inseguitore che a sua voltavuole ucciderlo e così via. Se l’inseguitore del protagonista, fosse raggiunto e ucciso, prima di fare fuoco, dal suoinseguitore, il protagonista sarebbe salvo, ma se l’inseguitore dell’inseguitore del protagonista uccidesse il suobersaglio in tempo, l’inseguito verrebbe ucciso senza problemi. Se quindi fosse tutta una catena di inseguimenti, seognuno avesse l’incarico di inseguire e uccidere un’altra persona per impedire che essa compia un omicidio, tuttodipenderebbe dal momento in cui la catena verrebbe spezzata. Ma ammettendo che esista una catena così formata,dietro il protagonista, questa sicuramente si estenderebbe anche davanti a lui, comprendendolo in essa. L’unico mododi provare se esiste o meno questa relazione fra le auto, è quella di definire se il protagonista è a sua volta uninseguitore, ma esso risulta disarmato, al contrario del suo inseguitore, a meno che, non gli sia stato dato l’ordine diuccidere un uomo e di non usare armi contro nessun altro, in questo caso risulterebbe armato solo verso il suobersaglio, ma per verificare la veridicità di questa ipotesi, il protagonista deve allungare la mano, se sul porta oggetti sitrova una pistola, allora anche lui è un inseguitore e visto che non è riuscito a passare il semaforo, nemmeno conquesta ondata, poiché la macchina che lo precede è rimasta bloccata dal flusso diagonale di auto, ha il tempo di farlo:ora stringe in mano una pistola col silenziatore. La macchina che precede il protagonista, trovandosi in una bruttaposizione si volta per vedere se riesce a tornare indietro, ma quando vede la macchina subito dietro di lui, glis’imprime sul viso uno sguardo di terrore, il protagonista lo riconosce, è l’uomo a cui sta dando la caccia, il semaforodiventa verde, lui si butta sulla sinistra, abbassa il finestrino e spara, nulla è cambiato, le macchine si muovono con lostesso movimento discontinuo, ma la catena è spezzata. Con forma paradossale possiamo dire che un modo diimmaginare la realtà può veramente trasformare la realtà; ripensare alla realtà ci permette di sfuggire a situazioni eruoli che non ci sono del tutto congeniali.


Il guidatore notturno

Calvino, in questa storia, sceglie di non definire i personaggi, nel senso che, per tenere tutta la storia sulla linea teorica,vale a dire senza far riferimento ad alcun fatto reale. Definisce, infatti: la donna del protagonista, viene riconosciutacon “Y”, lei abita a “B”; il rivale in amore del personaggio principale invece si chiama “Z” ed abita ad “A”, ilprotagonista, invece, non viene neppure definito con una lettera, si sa solo che abita ad “A” anche lui e che ha litigatocon Y, il fatto che lui stia con Y, fa pensare però, che esso si possa chiamare “X”, anche se ciò non viene mai detto nelracconto. Tutto inizia con la presentazione della scena: il protagonista è appena salito in macchina ed entrato inautostrada, per andare a B da Y, poiché hanno litigato e lui vuole appianare la situazione. La discussione è avvenutaper telefono, nella loro telefonata giornaliera, ad un certo punto il protagonista ha esclamato che voleva rompere laloro relazione e Y ha esclamato che non le interessava, che avrebbe chiamato Z, un uomo innamorato di lei da diversotempo. Nella notte in autostrada il protagonista ha vari pensieri, si interroga sulla catena di cause effetti che i suoi gestiinsieme a quelli altrui possono determinare all’interno di una situazione personale e contingente seppure diversa. Adesempio, i fari che illuminano nella notte la strada in un senso o nell’altro vengono interpretati dal protagonista:possono essere di volta in volta quelli del suo antagonista Z oppure possono essere i fari dell’auto di Y, la quale haavuto la stessa idea del protagonista di colmare fisicamente la distanza che si è creata dopo la situazione. Anche lamacchina del protagonista disegna traiettorie semantiche variamente interpretabili. Quindi lui si interroga su cosa puòsignificare la sua azione, come può essere interpretata, come deve interpretare il traffico notturno sull’autostrada in cuisi è immesso. Di nuovo abbiamo una costellazione di varianti, di difficile interpretazione rispetto a un problema diangoscia e sofferenza. La speranza del protagonista inizialmente era quella che una volta arrivato a B tutto si possarisolvere. Successivamente però gli si presentano alla mente variabili ulteriori che potrebbero sfuggire al suo controllo(c’è sempre un problema di controllo della realtà), soprattutto che la ragazza non sia presente a casa al suo arrivoperché mossa dalle sue medesime intenzioni si sia precipitata sulla strada in direzione opposta per andare a casa delprotagonista. D’un tratto il protagonista si ferma ad una cabina telefonica per chiamare Y ed effettivamente nonrisponde, così egli inverte direzione di marcia. Però poi immagina che anche Y possa aver preso la stessa decisione, sisia fermata e che lo abbia chiamato senza potergli parlare e si sia decisa a tornare indietro e conclude che forse questostato di sospensione sia preferibile alla manifestazione di tutti i se, che sempre in fondo destinata ad essere fraintesa aprodurre equivoci. Il racconto si conclude con un po’ di pessimismo, una sfiducia sulle possibilità della comunicazioneinterpersonale, è meglio rimanere sospesi anche se quella sospensione non comunica esattamente nulla però è unaspinta, un preparare un messaggio.


Il guidatore notturno

Calvino, in questa storia, sceglie di non definire i personaggi, nel senso che, per tenere tutta la storia sulla linea teorica,vale a dire senza far riferimento ad alcun fatto reale. Definisce, infatti: la donna del protagonista, viene riconosciutacon “Y”, lei abita a “B”; il rivale in amore del personaggio principale invece si chiama “Z” ed abita ad “A”, ilprotagonista, invece, non viene neppure definito con una lettera, si sa solo che abita ad “A” anche lui e che ha litigatocon Y, il fatto che lui stia con Y, fa pensare però, che esso si possa chiamare “X”, anche se ciò non viene mai detto nelracconto. Tutto inizia con la presentazione della scena: il protagonista è appena salito in macchina ed entrato inautostrada, per andare a B da Y, poiché hanno litigato e lui vuole appianare la situazione. La discussione è avvenutaper telefono, nella loro telefonata giornaliera, ad un certo punto il protagonista ha esclamato che voleva rompere laloro relazione e Y ha esclamato che non le interessava, che avrebbe chiamato Z, un uomo innamorato di lei da diversotempo. Nella notte in autostrada il protagonista ha vari pensieri, si interroga sulla catena di cause effetti che i suoi gestiinsieme a quelli altrui possono determinare all’interno di una situazione personale e contingente seppure diversa. Adesempio, i fari che illuminano nella notte la strada in un senso o nell’altro vengono interpretati dal protagonista:possono essere di volta in volta quelli del suo antagonista Z oppure possono essere i fari dell’auto di Y, la quale haavuto la stessa idea del protagonista di colmare fisicamente la distanza che si è creata dopo la situazione. Anche lamacchina del protagonista disegna traiettorie semantiche variamente interpretabili. Quindi lui si interroga su cosa puòsignificare la sua azione, come può essere interpretata, come deve interpretare il traffico notturno sull’autostrada in cuisi è immesso. Di nuovo abbiamo una costellazione di varianti, di difficile interpretazione rispetto a un problema diangoscia e sofferenza. La speranza del protagonista inizialmente era quella che una volta arrivato a B tutto si possarisolvere. Successivamente però gli si presentano alla mente variabili ulteriori che potrebbero sfuggire al suo controllo(c’è sempre un problema di controllo della realtà), soprattutto che la ragazza non sia presente a casa al suo arrivoperché mossa dalle sue medesime intenzioni si sia precipitata sulla strada in direzione opposta per andare a casa delprotagonista. D’un tratto il protagonista si ferma ad una cabina telefonica per chiamare Y ed effettivamente nonrisponde, così egli inverte direzione di marcia. Però poi immagina che anche Y possa aver preso la stessa decisione, sisia fermata e che lo abbia chiamato senza potergli parlare e si sia decisa a tornare indietro e conclude che forse questostato di sospensione sia preferibile alla manifestazione di tutti i se, che sempre in fondo destinata ad essere fraintesa aprodurre equivoci. Il racconto si conclude con un po’ di pessimismo, una sfiducia sulle possibilità della comunicazioneinterpersonale, è meglio rimanere sospesi anche se quella sospensione non comunica esattamente nulla però è unaspinta, un preparare un messaggio.

rappresentazioni mentali della prigione, in base alle sue esperienze di tentativi di fuga. Dantes invece a tavolinopermuta le varianti della fuga nel tentativo di rappresentare la fortezza perfetta.


La memoria del mondo

È un racconto un po’ particolare non rientra esattamente tra le cosmicomiche classiche, quelle con le teorie e con Qprotagonista nelle ere passate. Pubblicato per la prima volta nel “Giorno” nel 1967. Nel 1968 esce un altro volumeintitolato La memoria del mondo e altre storie cosmicomiche. Müller, il successore del direttore, viene convocato perricevere un passaggio di segrete consegne. Il racconto coinciderà col discorso che questo uomo sta facendo a Müller ela particolarità è che si tratta di un racconto per così dire in 2^ persona anche se viene usato il lei. Il dialogo poi vieneinterrotto e la voce del direttore uscente rimarrà l’unica voce udibile. È un discorso dove chi parla è l’autore di unracconto. Il direttore sta passando il proprio incarico ad un successore il quale sembra avere una qualche forma dirisposta, linguaggio del corpo. Successivamente cerchiamo di capire di cosa è stato direttore e di cosa sarà direttore ilsuccessore, di quale organizzazione. Lo scopo dell’istituto, apparentemente, è quello di raccogliere e ordinare “tuttoquello che si sa d’ogni persona e animale e cosa, in vista di un inventario generale”. Un “catalogo di tutto momentoper momento” che costituisca una “memoria centralizzata del genere umano”, di tutto quello che c’è stato “sin dalleorigini”, miniaturizzato “sul tipo delle memorie individuali dei nostri cervelli”. Il direttore rivela che il compitosegreto dell’organizzazione è quello di comunicare agli abitanti di altri pianeti la “memoria generale”, trasmettendolao depositandola al sicuro sulla Terra in attesa di archeologi extragalattici. Il presupposto di base è che – purché sia ingrado di conservarne memoria – il genere umano al momento dell’estinzione sarà solo “una certa quantitàd’informazione su se stesso e sul mondo”. Nel passaggio di consegne si delinea poi una difficoltà: non è possibileconservare tutto. Di conseguenza si precisa il ruolo specifico del direttore dell’organizzazione: è colui che,nell’impossibilità di conservare la memoria di tutto, dovrà selezionare ciò che va tenuto e ciò che andrà dimenticatoper sempre. È colui che opera lo scarto, che decide, che discrimina esercitando un giudizio definitivo e radicale, poiché“quel che resta fuori è come se non ci fosse mai stato”. Successivamente il direttore si sente autorizzato dalla maggiorediscrezionalità della impronta soggettiva ad introdurre anche dati non veri, oltre a quelli insignificanti: “La menzognaesclude solo in apparenza la verità; […] in molti casi le menzogne – per esempio, per il psicoanalista quelle delpaziente – sono indicative quanto o più della verità”. In definitiva l’informazione non ha da essere vera per esseretramandata, ma occorre solo che sia significativa, che renda il messaggio verosimile, chiaro, semplice. A maggiorgiustificazione aggiunge che la menzogna va usata là dove essa non complica il messaggio, ma anzi lo semplifica.L’anziano direttore, del quale cominciamo ad intravvedere il delirio, porta ad esempio fatti che riguardano sémedesimo e sua moglie Angela: confessa di aver fatto uso della menzogna nel descrivere e consegnare ai posteri unamemoria esemplare, da perfetti innamorati, della propria coppia coniugale, al posto di ben altri fatti, sotterfugi,diffidenza, interesse, pedinamenti, meschinità di ogni genere. Giunge alla fine a confessare di aver ucciso sua moglie eaverne fatto sparire i resti quando i fatti che riguardavano l’Angela vivente (ma effimera) non potevano più essereconciliati con l’Angela-informazione, introdotta negli archivi e ormai eterna, ideale e immutabile. Non potevapermettere che l’Angela vivente macchiasse quella ideale, e quindi l’ha soppressa. L’omicidio della moglie nonesaurisce la cascata drammatica, infatti la ricerca della assoluta congruenza tra i fatti della vita e il modello generalespinge il direttore ad uccidere anche il povero Müller, che in vita fu amante di Angela. Prima di sparare il direttore sigiustifica così: “Se nella memoria del mondo non c’è niente da correggere, la sola cosa che resta da fare è correggerela realtà dove essa non concorda con la memoria del mondo”. Nel modello generale si esaurisce tutto ciò che serve enulla più. L’obiettivo del colloquio era quello di uccidere Müller, tutto un preambolo per un bisogno del direttore dispiegarsi e di spiegare il motivo per cui Müller sta per morire, senza lasciargli la possibilità di rispondere ogiustificarsi o negare la realtà che il direttore vede.

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