TEMPORALE

TEMPORALE

DI GIOVANNI PASCOLI

PARAFRASI ANALISI E COMMENTO


Pascoli , nella poesia “Temporale”, presenta un paesaggio al tramonto: da un parte il mare, infuocato dal brillare dei raggi del sole che cala, e dall’altra le montagne, su cui si stanno addensando le nere nubi di un temporale.

La poesia si apre con un’onomatopea che indica l’eco lontano di una minaccia. L’unica salvezza nella tempesta è il casolare, è il nido, che si distingue grazie alla luce di un lampo improvviso. Il poeta descrive la scena attraverso le sensazioni, che si susseguono una dopo l’altra nella poesia: il rumore del tuono; il colore rosso dell’orizzonte; il nero delle nuvole minacciose del temporale, in mezzo al quale si staglia qualche nuvola sfilacciata più chiara; il colore bianco del casolare che appare all’improvviso e che è reso dall’analogia.

Tutta la poesia pascoliana è caratterizzata da una valenza simbolica così il casolare è per analogia avvicinato all’ala del gabbiano e questa immagine assume un valore simbolico, anche se difficile da sciogliere. Gli uccelli sono largamente presenti nella poesia pascoliana: sono la voce di un mondo che sta al di là della realtà e che in genere coincide con il mondo dei morti. Gli uccelli poi sono strettamente legati all’idea del nido, uno dei temi ricorrenti in Pascoli: li vi trova sicurezza, calore e protezione, così come all’interno del casolare. Inoltre, l’immagine del gabbiano è sempre associata all’idea di libertà e di leggerezza, che contrasta il peso e la minaccia del temporale; anche il colore bianco costituisce un momento di consolazione e di conforto nello spavento provocato dal temporale, espresso invece con la sfumatura del nero.

Il linguaggio utilizzato fa ricorso solo alle sensazioni, alle impressioni, che colpiscono l’immaginazione del lettore: è come un quadro, in cui non ci si affida alla linea dei contorni delle figure ma solo al colore.


PARAFRASI

Un rimbombo di tuono lontano…
L’orizzonte diventa rosso
come fuoco, vicino al mare
Il cielo è nero come la pece, Vicino alla terra
È più sereno
Nel buio un casolare
Come un’ala di gabbiano


POESIA TEMPORALE ANALISI COMPLETA

Figure retoriche

Analogia: vv. 6-7: “tra il nero di un casolare:/ un’ala di gabbiano”;

Metafora: v. 4: “nero di pece”; v. 5: “stracci di nubi chiare”;

Onomatopea: v. 1: “bubbolìo”.

 METRICA

La poesia è formata da sette versi settenari.
Il ritmo è veloce.
Le frasi sono lunghe, ma non ci sono né subordinate né coordinate: il periodo è unico
I due punti e la virgola sono a fine verso

RIMA

La rima segue lo schema ABCBCCA che è libero
Non sono presenti assonanze o consonanze.
Sono invece presenti delle ripetizioni di suono come allitterazionu e onomatopee.
Allitterazione: O sopra, A sotto
Onomatopea: bubbolio
I suoni sono cupi nel primo verso, altrimenti aperti 

SCARTO LINGUISTICO

Lo scarto è in parole inventate come bubbolio
Sono presenti parole inventate e accostamenti strani (stracci di nubi, affocato).
In questo modo rende il verso più complesso

TEMA

Il tema della poesia è il temporale.
I campi semantici sono: Colori, paesaggi
 Nella poesia sono presenti anche alcuni simboli: l’ala di gabbiano simboleggia la speranza, mentre i colori cupi la tristezza

DIVISIONE IN SILLABE

un bub-bolì-o lon-ta-no. . .

ros-seg-gia l’o-riz-zon-te,
co-me af-fo-ca-to, a ma-re:
ne-ro di pe-ce, a mon-te,
strac-ci di nu-bi chia-re:
tra il ne-ro un ca-so-la-re:
un’a-la di gab-bia-no.


COMMENTO

La poesia Temporale è un esempio suggestivo della tecnica impressionistica molto frequente nelle poesie di Pascoli e fa parte della terza edizione della raccolta Myricae. L’intera raccolta deve il titolo ad un verso delle Bucoliche del poeta latino Virgilio: «iuvant arbusta humilesque myricae.», ossia, «piacciono gli alberi e le umili tamerici». Con questo titolo Pascoli vuole introdurci subito al tono semplice delle sue liriche, alla quotidianità dei temi in esse affrontate. In Myricae viene raccontata la vita agreste in tutte le sue sfaccettature, ma dietro ad ogni figura bucolica ritroviamo le inquietudini del poeta, il senso di precarietà dell’esistenza e il dramma della morte.

Tornando alla lirica in questione, questa si apre con un termine onomatopeico che sembra introdurre ciò che verrà dopo: si tratta del brontolio del tuono ed anche del nome di un uccello.

Il nome di bubbolo è stato dato a quest’uccello a cagione del grido che manda in primavera. Stando nascosto dietro gli alberi continuamente ripete bu, bu, bu, bu, con voce sonora e forte di modo che ne risuona la campagna.1

L’uso delle onomatopee è una peculiarità del linguaggio del fanciullino, definito dal Contini “pre-grammaticale”, del fanciullino. Il poeta usa un linguaggio che va al di là delle codificazioni e delle norme linguistiche e usa espressioni che non hanno valore semantico (di significato), ma fonosimbolico. Vi è un vero e proprio processo di attraversamento delle parole.

Nel primo verso il poeta introduce un’impressione acustica (il tuono), alla quale fanno seguito impressioni di carattere visivo-cromatico che, nel finale, lasciano lo spazio al simbolismo. Per Pascoli, che si riallaccia ai simbolisti francesi, il poeta deve cogliere l’essenza delle cose, il loro mistero e deve aiutare a decodificare i simboli.

Il temporale notturno di cui si parla nella poesia non è un fenomeno atmosferico, rappresentato attraverso immagini e suoni, come potrebbe sembrare a una prima lettura disattenta, ma un fenomeno introiettivo: è sì un temporale, ma dell’anima. In questa poesia, infatti, vi è tutta l’esistenza del poeta: il nero della tempesta rappresenta la sua vita, funestata dai lutti, e l’ala di gabbiano il nido in cui rifugiarsi per tentare di sopravvivere.

L’uccisione del padre porta il poeta ad attaccarsi morbosamente alla famiglia, soprattutto alle due sorelle Ida e Mariù, con le quali ricostruisce un nido che rappresenta la metafora dell’infanzia e la protezione della famiglia, necessaria per fronteggiare le avversità della vita.

Colpisce lo stile nominale adottato dal poeta, il quale usa un verbo soltanto nel secondo verso. Il termine affocato che compare nel terzo verso è, come capita sovente in Pascoli, di derivazione dantesca.

Gli ultimi due versi colpiscono sia per l’antitesi fra il nero del cielo e il bianco del casolare che per l’analogia fra il casolare e l’ala di gabbiano. Il poeta si serve dell’analogia per accostare elementi di natura diversa, al fine di scoprire i rapporti più profondi che s’instaurano tra le cose.

L’unica possibilità che gli esseri umani hanno per fronteggiare il dolore e la violenza del mondo esterno è rifugiarsi in un porto sicuro, in un candido casolare: il nido.