TEMPORALE COMMENTO DI GIOVANNI PASCOLI

TEMPORALE COMMENTO DI GIOVANNI PASCOLI

Un bubbolìo lontano…
Rosseggia l’orizzonte,
come affocato, a mare:
nero di pece, a monte,
stracci di nubi chiare:
tra il nero un casolare:
un’ala di gabbiano.


Parafrasi

Il brontolio di un tuono in lontananza annuncia un temporale…

L’orizzonte si colora di rosso, come se fosse infuocato, verso il mare. Verso il monte il cielo è nero come la pece. Vi sono nuvole chiare a sprazzi: nel nero del temporale si distingue una casa bianca, che spicca come un’ala di gabbiano.

Figure retoriche

Analogia: vv. 6-7: “tra il nero di un casolare:/ un’ala di gabbiano”;

Metafora: v. 4: “nero di pece”; v. 5: “stracci di nubi chiare”;

Onomatopea: v. 1: “bubbolìo”.


Commento  

La poesia Temporale è un esempio suggestivo della tecnica impressionistica molto frequente nelle poesie di Pascoli e fa parte della terza edizione della raccolta Myricae. L’intera raccolta deve il titolo ad un verso delle Bucoliche del poeta latino Virgilio: «iuvant arbusta humilesque myricae.», ossia, «piacciono gli alberi e le umili tamerici». Con questo titolo Pascoli vuole introdurci subito al tono semplice delle sue liriche, alla quotidianità dei temi in esse affrontate. In Myricae viene raccontata la vita agreste in tutte le sue sfaccettature, ma dietro ad ogni figura bucolica ritroviamo le inquietudini del poeta, il senso di precarietà dell’esistenza e il dramma della morte.

Tornando alla lirica in questione, questa si apre con un termine onomatopeico che sembra introdurre ciò che verrà dopo: si tratta del brontolio del tuono ed anche del nome di un uccello.

Il nome di bubbolo è stato dato a quest’uccello a cagione del grido che manda in primavera. Stando nascosto dietro gli alberi continuamente ripete bu, bu, bu, bu, con voce sonora e forte di modo che ne risuona la campagna.1

L’uso delle onomatopee è una peculiarità del linguaggio del fanciullino, definito dal Contini “pre-grammaticale”, del fanciullino. Il poeta usa un linguaggio che va al di là delle codificazioni e delle norme linguistiche e usa espressioni che non hanno valore semantico (di significato), ma fonosimbolico. Vi è un vero e proprio processo di attraversamento delle parole.

Nel primo verso il poeta introduce un’impressione acustica (il tuono), alla quale fanno seguito impressioni di carattere visivo-cromatico che, nel finale, lasciano lo spazio al simbolismo. Per Pascoli, che si riallaccia ai simbolisti francesi, il poeta deve cogliere l’essenza delle cose, il loro mistero e deve aiutare a decodificare i simboli.

Il temporale notturno di cui si parla nella poesia non è un fenomeno atmosferico, rappresentato attraverso immagini e suoni, come potrebbe sembrare a una prima lettura disattenta, ma un fenomeno introiettivo: è sì un temporale, ma dell’anima. In questa poesia, infatti, vi è tutta l’esistenza del poeta: il nero della tempesta rappresenta la sua vita, funestata dai lutti, e l’ala di gabbiano il nido in cui rifugiarsi per tentare di sopravvivere.

L’uccisione del padre porta il poeta ad attaccarsi morbosamente alla famiglia, soprattutto alle due sorelle Ida e Mariù, con le quali ricostruisce un nido che rappresenta la metafora dell’infanzia e la protezione della famiglia, necessaria per fronteggiare le avversità della vita.

Colpisce lo stile nominale adottato dal poeta, il quale usa un verbo soltanto nel secondo verso. Il termine affocato che compare nel terzo verso è, come capita sovente in Pascoli, di derivazione dantesca.

Gli ultimi due versi colpiscono sia per l’antitesi fra il nero del cielo e il bianco del casolare che per l’analogia fra il casolare e l’ala di gabbiano. Il poeta si serve dell’analogia per accostare elementi di natura diversa, al fine di scoprire i rapporti più profondi che s’instaurano tra le cose.

L’unica possibilità che gli esseri umani hanno per fronteggiare il dolore e la violenza del mondo esterno è rifugiarsi in un porto sicuro, in un candido casolare: il nido.