ENEIDE LA TEMPESTA LIBRO I VV 81-123

ENEIDE LA TEMPESTA LIBRO I VV 81-123

PUBLIO VIRGILIO MARONE, ENEIDE (I sec. a.C.) Poema epico


Elio, su richiesta di Giunone, colpisce con il suo scettro il fianco della montagna dove teneva rinchiusi i venti e li scatenò sul mare. Irrompono su di esso (mare) dalle profondità, i venti Scirocco e Austro lo sconvolgono e il Libeccio, proveniente da sud, carico di bufere, rovescia le navi.
Improvvisamente il cielo diventò cupo, agli occhi dei Troiani, cambiando il giorno in una cupa notte.
Questo avvenimento era segno di morte imminente per gli uomini.
Ad Enea salì un brivido per tutto il corpo e guardando le stelle, a mani unite, rimpiange, di fronte alla prospettiva di un’oscura morte in mare, di non essere morto combattendo gloriosamente per la difesa della città di Troia, come fecero Ettore o Sarpedone.
Ma un vento freddo, l’Aquilone, lo distolse dalla sua invocazione.
Nel mare agitato s’infrangono i remi la prua si rompe facendolo agitare ancora di più. Alcune navi pendono sulla cresta dell’onda e si infuria, nel frattempo, una tempesta di sabbia.
Il Noto afferra e travolge le tre navi sugli scogli nascosti (erano scogliere molto pericolose per la navigazione).
Una nave, che trasportava un popolo asiatico alleato di Troia, si vide davanti un’onda che li travolse, piombando da dietro: il timoniere sbalzò e precipitò a testa in giù; e l’imbarcazione venne fatta girare per tre volte nello stesso posto da quest’ondata che poi li inghiottì in mare.
Appaiono pochi naufraghi che nuotano in un grande vortice; e insieme ad essi le loro armi, i resti delle navi e i tesori dei Troiani.
La tempesta aveva rovesciato anche la robusta nave di Ilioneo (amico di Enea) e anche quella forte di Acate, anche la nave che portava Abante, anche quella del vecchio Alete; tutte danneggiate sui fianchi, imbarcava acqua, affondando, dando così l’impressione che il mare si chiudesse.

 

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LA TEMPESTA LIBRO PRIMO vv 81-123

LA TEMPESTA LIBRO PRIMO vv 81-123

-LA TEMPESTA LIBRO PRIMO vv 81-123-

PUBLIO VIRGILIO MARONE, ENEIDE (I sec. a.C.) Poema epico


Elio, su richiesta di Giunone, colpisce con il suo scettro il fianco della montagna dove teneva rinchiusi i venti e li scatenò sul mare. Irrompono su di esso (mare) dalle profondità, i venti Scirocco e Austro lo sconvolgono e il Libeccio, proveniente da sud, carico di bufere, rovescia le navi.
Improvvisamente il cielo diventò cupo, agli occhi dei Troiani, cambiando il giorno in una cupa notte.
Questo avvenimento era segno di morte imminente per gli uomini.
Ad Enea salì un brivido per tutto il corpo e guardando le stelle, a mani unite, rimpiange, di fronte alla prospettiva di un’oscura morte in mare, di non essere morto combattendo gloriosamente per la difesa della città di Troia, come fecero Ettore o Sarpedone.
Ma un vento freddo, l’Aquilone, lo distolse dalla sua invocazione.
Nel mare agitato s’infrangono i remi la prua si rompe facendolo agitare ancora di più. Alcune navi pendono sulla cresta dell’onda e si infuria, nel frattempo, una tempesta di sabbia.
Il Noto afferra e travolge le tre navi sugli scogli nascosti (erano scogliere molto pericolose per la navigazione).
Una nave, che trasportava un popolo asiatico alleato di Troia, si vide davanti un’onda che li travolse, piombando da dietro: il timoniere sbalzò e precipitò a testa in giù; e l’imbarcazione venne fatta girare per tre volte nello stesso posto da quest’ondata che poi li inghiottì in mare.
Appaiono pochi naufraghi che nuotano in un grande vortice; e insieme ad essi le loro armi, i resti delle navi e i tesori dei Troiani.
La tempesta aveva rovesciato anche la robusta nave di Ilioneo (amico di Enea) e anche quella forte di Acate, anche la nave che portava Abante, anche quella del vecchio Alete; tutte danneggiate sui fianchi, imbarcava acqua, affondando, dando così l’impressione che il mare si chiudesse.

 

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