TEDIO INVERNALE
TEDIO INVERNALE
Giosuè Carducci
Tedio Invernale
su questa, terra il sole?
Ci fùr rose e viole,
luce, sorriso, ardor?
la dolce giovinezza
la gloria e la bellezza
fede, virtude, amor?Ciò forse avvenne ai tempi
d’Omero e di Valmichi,ma quei son tempi antichi,
il sole or non è più.E questa ov’io m’avvolgo
nebbia di verno immondo
è cenere d’un mondo
che forse un giorno fu.
COMMENTO
Questa poesia è composta da due quartine, due distici ed una quartina finale, tutti di settenari. Le rime delle quartine seguono lo schema ABBC ADDC, mentre i distici lo schema AB BC e l’ultima quartina segue lo stesso schema della prima quartina, rimando alla fine con l’ultimo verso dell’ultimo distico. Carducci vuole iniziare questa poesia con un tema più volte sfruttato anche da altri poeti: la natura al suo apice, cioè la primavera. Questo tema, però, non è visto da un punto di vista positivo, bensì negativamente (Ma ci fu dunque…), indicando già nel primo verso che quello di cui deve parlare è già passato. Nella seconda stanza, dopo aver rimarcato il concetto del passato, continua paragonando (ponendoli allo stesso livello temporale) la bellezza della natura a quella dell’animo umano. Il paragone è ancora più stretto se si nota che i due primi versi delle strofe sono uguali e che gli ultimi due versi seguono lo stesso schema e ritmo: parola bisillabe – pausa – parola trisillabe – pausa – parola bisillabe tronca. Tutto questo potenziato dalla rima tra loro. Nel primo distico è protagonista, passando quindi alla bellezza della storia umana, il classicismo, citando l’apice sia del classicismo occidentale, cioè Omero, sia di quello orientale, Valmichi. Questo è un punto molto interessante del testo al punto di vista stilistico. Infatti i due distici, dal punto di vista metrico, possono essere benissimo considerati come un’unica quartina, data la sequenza delle rime. Invece Carducci l’ha divisa, aumentando così ancora di più la frattura tra quello che descrive prima e quello che descrive dopo, cioè il passato ed il presente; ad accentuare questo c’è anche il cambio di tempo verbale, prima il passato, dopo il presente. Infatti Carducci, nel verso 11, prende subito le distanze dalle strofe prima, innanzitutto con un’avversativa (ma), poi con tempi antichi. Quindi, nell’ultima stanza, riprendendo il paragone fatto all’inizio, descrive la situazione invernale attuale dell’umanità, senza però seguire pedissequamente la metafora, dato che non tiene conto della ciclicità delle stagioni. Ogni speranza è infranta dalla parola cenere, nel verso 15, che richiama direttamente il tema della morte, in questo caso della morte dei bei tempi felici del passato. La disillusione del presente è presente in tutta l’ultima stanza, culminando alla fine. L’ultimo verso, infatti, il più carico di pessimismo di tutta l’opera, arriva a mettere in dubbio persino il passato, riprendendo il rispettivo tempo verbale ed affiancandolo ad un forse.
Questo pessimismo carducciano deriva anche dalla situazione storica di quando è stata composta la poesia. Probabilmente Carducci ha scritto Tedio invernale nel periodo immediatamente successivo al 1980, cioè nel suo periodo più polemico. Dal punto di vista politico, infatti, era completamente contrario all’azione della Destra storica, che secondo lui peccava di ristrettezza e di corto respiro. Parallelamente criticava la letteratura di poco precedente, cioè quella romantica, dato che esprimeva crisi, disagio, incertezza, in contrapposizione alla sua ideale prospettiva di forza e grandezza. Per opporsi quindi alla politica e alla letteratura dell’epoca si è fatto vate di un modo di pensare che riprendeva il neoclassicismo di qualche decennio prima, chiamato classicismo carducciano, che riprende i valori della tradizione e dell’antichità, collegato al mito del poeta-vate.
Quello del classicismo è sicuramente il tema più affrontato nelle Rime Nuove: l’affermarsi della tradizione italiana pre-romantica, la polemica contro i cattolici, collegata al suo ateismo, l’importanza della letteratura e della cultura per l’evoluzione morale e civile, il primato della letteratura italiana, il tutto visto con volontà battagliera e polemica. Ma nelle Rime Nuove compaiono anche nuovi temi, con un graduale affermarsi della poesia lirica. In più hanno posizione di rilievo anche l’affettività ed il tema della morte, che da questa raccolta diverrà sempre più frequente.
Il classicismo è presente anche in questa poesia, più precisamente nei versi 9-12. Infatti il percorso logico teso ad esaltare la bellezza del passato inizia con la natura, continua con l’animo umano e culmina proprio coi tempi antichi, sottolineando la grandezza di Omero e di Valichi, presi come il simbolo di quell’epoca. Oltre a quest’aspetto più rilevante, si può notare che tutte le prime strofe sono intrise di classicismo, prima con il far risaltare la natura, poi con i valori umani che richiamano i boni mores antiqui.