POSITIVISMO NATURALISMO E VERISMO
POSITIVISMO NATURALISMO E VERISMO
Il termine Positivismo indica quel movimento che si diffuse nell’Europa dell’Ottocento e influenzò il pensiero filosofico e quello scientifico, storico e letterario. Il pensiero positivista si diffuse a partire dal 1830 e si fondò sul progresso delle scienze naturali, sulle prime applicazioni tecniche delle scoperte scientifiche e sulle riflessioni in campo sociale ed economico.
Esso trae origine dalla riflessione di quello che è considerato il suo fondatore, il francese Auguste Comte, già allievo di Saint-Simon, che indica nel Positivismo lo stadio scientifico del sapere umano ormai giunto a maturazione. Il primo aspetto da sottolineare è che il progresso di tutta la conoscenza dipende dal progresso della scienza positiva; cade la pretesa che ogni filosofia possa avere altri oggetti di riflessione che non quelli della scienza. Il positivismo di Comte si diffonde nella seconda metà dell’Ottocento, prendendo direzioni diverse e investendo non solo le discipline filosofiche, ma anche la letteratura, l’arte e la scienza stessa. L’applicazione del metodo rigoroso delle scienze deve essere allargato anche all’analisi del comportamento umano. Nasce in questo modo la moderna sociologia.
Con il Positivismo si arriva alla convinzione che l’umanità sia entrata in un’epoca nuova di progresso e conoscenza, in un percorso che, sviluppando alcune delle idee principali dell’Illuminismo, ritiene giunto il momento di una risistemazione complessiva di tutti i campi del sapere. Nella ricerca comtiana l’atteggiamento positivo deve investire non soltanto i campi tradizionali, ma anche divenire modello per la descrizione e l’analisi degli stessi processi sociali che presentano nella metà del secolo grandi cambiamenti. L’ideale illuminista della maturità della ragione trova nel Positivismo il suo momento definitivo, ed anche qui la fede nella scienza è accompagnata dal rifiuto netto di ogni metafisica, che prende corpo in forme di agnosticismo e ateismo.
La diffusione del Positivismo in Europa, e in particolar modo in Inghilterra, si ebbe nella seconda metà del secolo: in particolare la scoperta da parte di Darwin del principio evoluzionista mise in luce come il modello scientifico fosse sempre più in grado di offrire soluzioni e di permettere il progresso della conoscenza. L’esponente principale del Positivismo in Inghilterra fu Herbert Spencer che propose un allargamento della teoria dell’evoluzione ad ogni campo della realtà. In questo Paese, a differenza di quanto avvenne in Francia, il Positivismo si fece carico anche di rivendicare le istanze economiche dell’individualismo liberale, dando forza alle teorie basate sul libero dispiegarsi di mercato e concorrenza.
In Italia i più rappresentativi esponenti del Positivismo furono Carlo Cattaneo e Roberto Ardigò, in quale a differenza di Spencer si muove in direzione di un materialismo che rifiuta le ipotesi agnostiche, accettandone però l’evoluzionismo filosofico.
Il Positivismo sopravvisse fino alla Prima guerra mondiale, che ne sancì la fine ponendo davanti a tutti una realtà di guerra e distruzione che smentiva la visione ottimistica del Positivismo stesso. Inoltre già dalla fine del XIX secolo alcune filosofie avevano reagito proponendo nuovamente modelli basati sullo spiritualismo e sull’irrazionalismo. Istanze del Positivismo si riaffacciano con nuovo vigore ed efficacia nel XX secolo in particolare in ambito tedesco con l’empirismo logico, detto anche Positivismo logico, che negli anni Venti e Trenta ripropone un criterio scientifico di conoscenza cui seguono principi epistemologici, come il criterio di verificazione alla base di una fondazione della filosofia della scienza a sfondo empirista.
In ambito letterario il Positivismo ha generato il Naturalismo francese di Flaubert, Zola, Balzac e il Verismo italiano di Capuana e Verga. Tra i due movimenti vi sono affinità, ma anche differenze profonde, date dal fatto che Francia e Italia sono due nazioni opposte sul piano economico e sociologico (una avanzata tecnologicamente, industrializzata, con una numerosissima classe operaia, l’altra arretrata, ancora agricola, con prevalenza dei contadini sugli operai).
Inoltre la poetica naturalistica deriva dalla concezione deterministica della vita e dell’uomo e il romanzo non è altro che una piccola parte di vita analizzata con il metodo delle scienze sia naturali che sociologiche. I principi della teoria del romanzo sperimentale furono comunque fissati da Émile Zola in due punti fondamentali secondo i quali lo scrittore deve osservare la realtà, e non inventarla, per poi riprodurla oggettivamente; deve utilizzare una scrittura che risulti essere un documento oggettivo dal quale non deve trasparire nessun intervento soggettivo dell’autore.
I temi preferiti della narrativa naturalista furono antiidealistici e antiromantici in modo che la narrazione portasse con sé una forte carica di denuncia sociale che doveva risultare dalla descrizione scientifica ed obiettiva dei fatti.
Tra i temi principali vi erano dunque la vita quotidiana con le sue banalità, le sue meschinità e le sue ipocrisie; le passioni morbose che dovevano rasentare il limite della patologia psichiatrica, come la follia e il crimine; le condizioni di vita delle classi subalterne, soprattutto del proletariato urbano che, con la sua miseria (prostituzione, alcolismo, delinquenza minorile) potessero dare un chiaro esempio di patologia sociale.
Per quanto riguarda il verismo invece divengono importanti la fedeltà alla realtà effettiva: gli autori si attengono infatti al «vero» delle situazioni, dei fatti, degli ambienti, dei personaggi e una corrispondenza con il sentire e il parlare dei soggetti che vengono rappresentati; il regionalismo: diretta conseguenza della ricerca della realtà è l’inserimento di espressioni e modi di dire locali e non a caso gli scrittori amano per lo più trattare argomenti della propria regione, della società nella quale vivono, parlando molto spesso del lato più negativo, dello sfruttamento minorile, del lavoro durissimo nelle miniere; il pessimismo: nelle opere veriste, traspare spessissimo uno sconforto, si pensa e si crede che l’unita nazionale non ha per niente cambiato le sorti delle classi sociali più deboli e, si guarda il futuro con un evidente scoraggiamento; l’impersonalità: gli scrittori veristi non vogliono assolutamente inserire nelle loro opere commenti personali (… l’oggetto sono i “documenti umani”, cioè fatti veri, storici; e l’analisi di tali documenti dev’essere condotta con “scrupolo scientifico” … (G. Verga) ); il linguaggio: gli autori veristi, adottano la lingua nazionale per quanto riguarda la forma, tuttavia ricorrono a termini dialettali per aumentare la veridicità delle loro opere; il romanzo: questo è il genere più amato dal pubblico nonché la massima espressione di questo movimento letterario; narrazioni cicliche: come i naturalisti anche i veristi ricorrono al ciclo romanzesco,che permette di articolare le vicende in passaggi temporali successivi e di evidenziare le conseguenze degli errori umani nell’arco di varie generazioni.
È inoltre interessante notare come il Verismo si sviluppi in modo assai diverso nel Meridione e nel Settentrione: mentre a nord porta ad un cambiamento dei soggetti che non sono più solo i contadini o pescatori ma anche gli impiegati e gli operai. Cambiano anche gli argomenti: vengono introdotti i temi della famiglia, della prostituzione e dei disagi sul lavoro. I personaggi principali sono lo scienziato, l’industriale, il medico tutte le figure che creano cultura e aumentano le conoscenze.
Per quanto riguarda il Sud Italia, invece, gli ambienti descritti sono quelli della povera plebe contadina; tuttavia sono proprio questi i temi che fanno grande il verismo, che lo portano ad essere molto conosciuto soprattutto grazie a scrittori, del sud d’Italia che vivono al nord e parlano della loro terra come accade appunto per Verga.
La fortuna di questo genere letterario non si limitò all’Italia e alla Francia ma riscosse successo anche in Russia (Dostoevskij e Tolstoj) e negli Stati Uniti (Henry James).