LA STORIA DI MADONNA CANTANTE

LA STORIA DI MADONNA CANTANTE

LA STORIA DI MADONNA CANTANTE


Louise Veronica Ciccone nasce il 16 agosto 1958 a Detroit, Michigan. I genitori, di origini italiane, hanno dato vita ad una numerosa famiglia: la cantante ha quattro fratelli e tre sorelle. Il padre svolgeva mansioni di operaio per la Chrysler mentre la madre è purtroppo morta quando Louise Veronica aveva solo sei anni.

Interessata alla danza fin da piccola sceglie subito questa strada malgrado il padre insistesse per l’apprendimento di uno strumento musicale (cosa che ha poi imposto a tutti i figli). La futura popstar planetaria frequenta le prime lezioni di ballo con già in testa un chiodo fisso (come ha confessato lei stessa) quello di diventare una stella. Per l’istruzione il padre si affida ad alcune scuole cattoliche, a cui si può forse far risalire il successivo desiderio di ribellione, evidenziato fin dalla scelta dello pseudonimo Madonna, appunto.

Alla fine degli anni ’70 Veronica Louise si trasferisce a New York per lavorare in una compagnia di danza, quella di Alvin Ailey, in cui riesce ad entrare dopo una serie di audizioni.

Nel frattempo non disdegna di arrotondare le sue entrate lavorando come commessa in una catena di fast food. Qui conosce Dan Gilroy, suo futuro compagno per breve tempo, il quale non solo le insegna a suonare chitarra e batteria, con lui intraprende un vero e proprio sodalizio artistico (i due scriveranno insieme diverse canzoni). Per sbarcare il lunario però gira anche qualche film di serie B (come lo scabroso “A certain sacrifice”), e posa nuda per riviste maschili.

In seguito lavora ad alcuni brani da discoteca con l’amico di college Steven Bray. Alcune di queste canzoni vengono programmate nel famoso locale trendy newyorchese “Danceteria” dal DJ Mark Kamins, lo stesso che produrrà “Everybody”, primo singolo di Madonna. Il successo di quel primo brano è lusinghiero: ecco quindi poco dopo il team pronto per sfornare un altro titolo. E’ la volta di “Burning Up/Physical Attraction” che, anche grazie a un contratto con la Sire Records, attecchisce negli ambienti dance con gran successo.

Nel giugno 1983 il dj John “Jellybean” Benitez, nuovo compagno della cantante, scrive per lei “Holiday”, un brano accattivante che, insieme a “Borderline” e “Lucky Star”, impone il nome di Madonna nelle classifiche dance a stelle e strisce. Tutte queste canzoni vengono raccolte nell’omonimo album d’esordio “Madonna”, edito nel 1983.

Subito dopo è il momento di “Like a virgin”, brano che la lancia a livello internazionale come fenomeno erotico e di costume, grazie ad un’immagine giocata su una sensualità facilona e ammiccante, apertamente volgare e dunque di sicuro impatto. Nelle sue pose da Lolita, nel suo tentativo di essere sbarazzina e accattivante, raggiunge esiti spesso sconfortanti, anche se, a quanto sembra, assai apprezzati dalle mai troppo deprecate masse. Indubbiamente il suo nuovo pop trasgressivo un po’ monotono, levigato e orecchiabile, si sintonizza assai bene con il retroterra “culturale” degli anni ’80, divenendone il simbolo supremo.

L’operazione successiva è invece quella di spacciarla per la “Nuova Marylin”, anche grazie alla diffusione martellante di un videoclip in cui la cantante appare nei panni della defunta e mai dimenticata diva. Il pezzo è intitolato significativamente e provocatoriamente “Material girl”. Il risultato di questa astuta campagna di marketing è che ogni disco di Madonna comincia a vendere milioni di copie in tutto il mondo, sulla scia di quei nuovi fenomeni globalizzati e globalizzanti che Madonna comincerà a rappresentare così bene.

A fornire il definitivo trampolino di lancio per la popolarità, arriva la parte principale nel modesto film “Cercasi Susan disperatamente”. Anche in questo caso, la pennellata di scanzonata simpatia con cui viene spalmata la cantante, risulta piuttosto falsa e artificiosa rispetto al suo fondo caratteriale duro e determinato.

Da quel momento prende piede la sua smania di cambiare continuamente look e personaggio, passando dalla bionda sciantosa e tutta curve all’androgina performer del nuovo tour mondiale. Il pubblico è spiazzato e non sa mai cosa aspettarsi dalle nuove apparizioni della star. Un altro coup de teatre è la pubblicazione in quegli anni della sua autobiografia, com’era da giurarsi abbondantemente innaffiata di riferimenti sessuali e di scontate “trasgressioni”. Ancora una volta, Madonna non riesce ad esimersi dal pigiare sull’acceleratore del voyeurismo, dal mettere tutto in piazza, mutande comprese, ma l’effetto piace e qualcuno insiste nello scambiarla per un sex-symbol mentre, ad uno sguardo più distaccato, non appare che un banale sottoprodotto mediatico. Ad onor del vero va però considerato che il personaggio Madonna incarna segnali precisi della nostra epoca.

A questo proposito Jean Baudrillard ha dedicato alla cantante penetranti analisi nel suo “Il Delitto perfetto” (Cortina Editore).

Baudrillard scrive: “Madonna si batte “disperatamente” in un universo senza risposte, quello dell’indifferenza sessuale. Di qui l’urgenza del sesso ipersessuale, i cui segni si esasperano appunto per il fatto di non rivolgersi più a nessuno. Ecco perchè essa è condannata a incarnare successivamente, o simultaneamente, tutti i ruoli, tutte le versioni del sesso (piuttosto che le perversioni): non vi è più per lei alterità sessuale, qualcosa che metta in gioco il sesso al di là della differenza sessuale, e non solo parodiandola a oltranza, ma sempre dall’interno. Di fatto, essa si batte contro il proprio sesso, si batte contro il proprio corpo. In mancanza di qualcun altro che la liberi da se stessa, è costretta a sollecitarsi sessualmente senza interruzione, a fabbricarsi un arsenale di accessori, in realtà un armamentario sadico da cui cerca di liberarsi.

Il corpo è molestato dal sesso, il sesso è molestato dai segni. Si dice: Madonna non manca di nulla (si può dirlo della donna in generale). Ma vi sono diversi modi di non mancare di nulla. Essa non manca di nulla grazie agli artefatti e alla tecnica di cui si circonda, alla maniera di una donna che si produce e si riproduce, lei e il suo desiderio, ciclicamente o in circuito chiuso. Essa manca appunto di quel niente (la forma dell’altro?) che la spoglierebbe e la libererebbe da tutto questo travestimento. Madonna cerca disperatamente un corpo che possa illudere, un corpo nudo, la cui apparenza sia la parure. Essa vorrebbe essere nuda, ma non ci riesce mai.

È perpetuamente bardata, se non di cuoio o di metallo, della volontà oscena di essere nuda, del manierismo artificiale dell’esibizione. Improvvisamente l’inibizione è totale e, per lo spettatore, la frigidità è radicale. Madonna finisce così per incarnare paradossalmente la frigidità frenetica della nostra epoca. Essa può interpretare tutti i ruoli. Ma può farlo perchè possiede un’identità solida, una fantastica capacità d’identificazione o per il fatto che non la possiede affatto? Certamente perchè non la possiede, ma l’essenziale è di saper sfruttare, come lei, questa fantastica assenza d’identità” (Pagg. 131-132).

Ma non vi è critica che tenga, in classifica spopola letteralmente: gli hit del periodo sono tutti tratti dall’album “True Blue” (1986), che vanno da “Papa don’t preach” (centrato sul tema dell’aborto) a “Live to tell” (canzone sull’abuso di minori), da “Open your heart” allo spagnoleggiante “La isla bonita”. La critica rivela che “l’album è un passo indietro rispetto a “Like a virgin”, ma i testi dimostrano una maturazione del personaggio Madonna, da punkette a diva controversa” (Claudio Fabretti).

Intanto conosce l’attore Sean Penn, da cui nasce una folgorante ma turbolenta storia d’amore. Con lui gira “Shanghai Surprise” che si rivela però un flop (uno dei pochi della carriera di Madonna). Nel 1988 debutta anche a Broadway nella commedia di David Mamet “Speed The Plow”. Il difficile rapporto con Sean Penn comunque dura poco: in breve i due si separano e la cantante torna in studio per incidere “Like a prayer”, album che sarà ricordato più per le polemiche suscitate dal video dell’omonimo singolo (denunciato per “vilipendio della religione” da alcune associazioni integraliste cattoliche) che per l’effettiva qualità dei brani.

Eppure anche canzoni mediocri come “Express Yourself”, “Cherish” e “Keep it together” riescono ad entrare nella Top Ten. Madonna si lancia in faraonici show dal vivo, sempre pieni, sempre esauriti, in cui esibisce un’energia e delle qualità atletiche non comuni.

Il dietro le quinte del tour è anche l’occasione per girare l’ennesimo filmetto che si vorrebbe “trasgressivo”, intitolato, per non dare adito ad interpretazioni erronee “A letto con Madonna”. Ormai si può dire che è diventata una professionista del trasgressivo, un macchina che sforna in maniera indifferenziata sogni ologrammatici di fughe a basso prezzo.

Ma Madonna è soprattutto una grande e intelligente manager si se stessa, dotata di un grande senso degli affari, quindi eccola firmare nel 1992 un contratto da 60 milioni di dollari con la Time Warner per formare una sua etichetta, la Maverick. Con la sua casa discografica ha pubblicato in seguito artisti quali Alanis Morissette, Prodigy o i Muse.

Non è da trascurare la sua partecipazione a pellicole di vario genere in qualità di attrice. Compare in “Ombre e nebbia” di Woody Allen, in “Dick Tracy” a fianco di Warren Beatty e nel commovente “Ragazze vincenti” diPenny Marshall (1992, con Tom Hanks e Geena Davis). Fonda persino una propria casa di distribuzione, la Siren Films. Il suo personaggio però è sempre più al centro di scandali e polemiche. Ne è un esempio il nuovo singolo “Justify my love” (conturbante brano scritto da Lenny Kravitz) a cui è associato un video esplicitamente erotico. Provoca scalpore anche la pubblicazione di “Sex”, un libro fotografico in cui la cantante è immortalata nuda in pose sado-maso, lesbo e in atteggiamenti provocanti, al limite della pornografia.

In molti sospettano che dietro questo polverone e questa voglia di far parlare di sè si celi un’operazione commerciale. Guarda caso di lì a poco uscirà l’album dall'”originale” titolo di “Erotica” (1992). Da quell’anno in poi Madonna è sempre stata sulla cresta dell’onda, ora comparendo al cinema nei panni di Evita (nomination all’Oscar come attrice protagonista, ma solo per la sua interpretazione di “You must love me”), ora come cantante perennemente in vetta alle classifiche. Oppure grazie ai numerosi flirt che le vengono periodicamente attribuiti (in uno di questi, ha anche messo al mondo due figli, Lourdes e Rocco). Le sue capacità di rinnovarsi sono notevoli e forse da questo punto di vista nessun artista può competere con lei.

La sua musica ha ricevuto un make-up sostanziale anche grazie alla collaborazione di maghi del suono come William Orbit, Craig Armstrong e Patrick Leonard, che hanno dato una spruzzata di modernità alle sue sonorità.

Negli ultimi anni Madonna sembra aver raggiunto un suo equilibrio interiore, come testimoniano le nozze con il regista scozzese Guy Ritchie (con un cerimoniale sontuoso, nel castello di Skibo, in Scozia). La sua carriera di attrice, tra alti e bassi, prosegue, con “Sai che c’è di nuovo” (1998, The next best thing), insieme a Rupert Everett.

Il critico rock Piero Scaruffi così sintetizza il fenomeno Madonna: “E’ una delle ultime grandi performer in cui arte e vita si fondono e confondono. Il piglio sarcastico e nichilista del suo rhythm and blues, benché sposato ad arrangiamenti tecnologici e produzioni miliardarie, riflette l’atteggiamento casual e amorale di tanta gioventù bruciata dei ghetti intellettuali, facile tanto alla vita di strada quanto al glamour del successo.

La sua – continua Scaruffi – è una personalità drammatica, che è cinica e distaccata secondo i nuovi costumi giovanili, forte di un retroterra di promiscuità sessuale e di precoce indipendenza. Nato all’incrocio fra civiltà punk e civiltà disco, e testimone della rivoluzione del costume degli adolescenti, il mito di Madonna non è che un aggiornamento della figura dell’eroina romantica e fatalista”.

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DEN HARROW

DEN HARROW

 

Milioni di copie vendute in tutto il mondo, premi vinti ai quattro angoli del Pianeta ed hit ballate in migliaia di discoteche, per un passato glorioso troppo spesso taciuto. Den Harrow ha infatti deciso di fare ‘coming out’, confessando una clamorosa verità. Perché non era sua la voce che molti di noi hanno spesso ascoltato e ballato, bensì di un altro sconosciuto cantante, ’sfruttato’ in silenzio per motivi puramente discografici. Questa, scritta di suo pugno, è la sua storia:

 

 

“Mi chiamo Stefano Zandri però molti mi conoscono con il mio nome d’arte: Den Harrow. Un nome che mi venne appioppato 30 anni fa da Roberto Turatti e Miki Chieregato, due produttori di successo della Baby Records, che dopo avermi conosciuto in un locale dell’hinterland milanese mi proposero di diventare l’immagine del progetto Den Harrow ed io ragazzotto di bellissime speranze nato a Bresso (in prov. di Milano) a 20 anni accettai senza riserve! Mi spiego meglio.. in quegli anni i produttori anche negli Stati Uniti prendevano dei personaggi che secondo loro funzionavano con un’immagine forte, gli mettevano dietro la voce di un bravissimo cantante vocalist e creavano il personaggio anzi “il progetto”. Così successe per Den Harrow che regalò a quei signori almeno 5 anni di successi stratosferici in tutta Europa con delle punte che anch’io ancora oggi fatico a credere e tanti soldi.. nel 1987 vinsi in Germania il premio della musica indetto dal magazine Bravo davanti a Michael Jackson e Bruce Springsteen e al pari mio come personaggio femminile c’era Marie Louise Veronica Ciccone in arte Madonna! Prendevo in media due aerei al giorno per spostarmi da un Paese all’altro, da uno show televisivo ad una kermesse musicale e avevo migliaia di fans in Italia, Germania, Francia e Spagna. Loro erano fans del personaggio Den Harrow e adoravano le sue canzoni però qualcuno ad un certo punto volle far presente che Den non cantava che era un bluff o meglio un fotomodello doppiato da un cantante e di seguito tante polemiche. Ovviamente io mi sono sempre difeso per amor proprio e perché ancora oggi sono certo che il successo del mio personaggio derivasse da una serie di coincidenze: solo le canzoni senza l’immagine non avrebbero avuto lo stesso rendimento e viceversa. Ora però sono io a dirlo a viso aperto: è vero in quegli anni non ho mai cantato quei pezzi anzi badate bene per contratto io non potevo cantarli! Anche volendo con la mia voce non potevo esibirmi. Ho potuto farlo solo qualche anno dopo e oggi continuo a farlo perché i vecchi contratti sono ormai scaduti. Un po’ mi dispiace che chi mi prestava la voce si sia tanto arrabbiato perché io continuo a portare in giro quel personaggio che la gente ama e a lui dico “My friend (visto che abita negli US) sotterriamo l’ascia di guerra! Io ammetto che la voce del mio personaggio eri tu ma tu ammetti che ne eri consapevole e che in fondo voce e immagine dovevano andare di pari passo per avere successo e non arrabbiarti così se canto quei pezzi che ad entrambi hanno dato grandi soddisfazioni”. E ai miei colleghi che dicevano “Den non è uno dei nostri è un fotomodello” dico che in parte avevano ragione ma il successo non si inventa e Den Harrow ne ha avuto davvero tanto e di soldi ne ha fatti guadagnare a tutti e anche tanti! Credetemi sono passati 30 anni ma io sono e mi sentirò sempre un uomo di musica e amo la mia musica più di ogni altra cosa! Sto scrivendo una storia a 4 mani che racconterà questo coming out, la mia carriera e tanti aneddoti su quei formidabili Anni Ottanta vissuti da “quello che ha battuto Michael Jackson senza cantare” e sono certo che sia i nostalgici che i ragazzi di oggi (quelli che mi hanno visto all’Isola dei Famosi) ne avranno delle belle da leggere ma intanto quello che vi ho appena scritto mi sembrava un atto dovuto dopo 30 anni di onorata carriera alle soglie del mezzo secolo quando il ragazzo volente o nolente diventa uomo! Tutto questo perché vorrei che mia figlia che ha 11 anni tra qualche anno leggendo Cioè con un sorriso sulle labbra sapesse che su quelle copertine c’è stato anche suo padre a regalare sogni alle sue coetanee, le teen agers di 30 anni fa che oggi sono diventate mamme!
Con stima”.

 

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