LA RIFORMA PROTESTANTE RIASSUNTO

LA RIFORMA PROTESTANTE RIASSUNTO


LA RIFORMA PROTESTANTE (1517) (integrazione e sintesi)

La Riforma protestante è stata uno degli eventi più importanti dell’età moderna: anzi molti storici
hanno considerato la Riforma come il fenomeno politico e culturale che più di tutti ha caratterizzato la modernità, differenziandola dal passato medioevale. In altre parole, lo spirito moderno della civiltà europea non sarebbe nato senza l’avvento del protestantesimo. Sulle origini e sulle cause della Riforma sono state avanzate tantissime ipotesi, ma probabilmente nessuna di esse, presa singolarmente, può spiegare in maniera esauriente le ragioni che furono alla base del fenomeno politico-religioso. Molto probabilmente bisogna tenere conto di una complessità di fattori che, combinandosi in quel preciso momento e contesto storico, ne provocarono lo sviluppo. Ad esempio sono stati indicati questi fattori:
1) la mancata riforma morale della Chiesa cattolica e quindi la sua corruzione, che sicuramente favorirono lo sviluppo delle teorie luterane (vedi polemica contro la vendita delle indulgenze)
2) la rivendicazione di uno spirito nazionalistico tedesco contrapposto al predominio romano: in altre parole i popoli tedeschi, non costituendo ancora un unico Stato nazionale, videro nelle tesi di Lutero un modo per affermare una propria identità nazionale, culturale e politica, identità che comportava il rifiuto di sottomettersi alla Chiesa di Roma;
3) il desiderio dei principi e degli Stati tedeschi di impossessarsi degli ingenti beni appartenenti alla Chiesa cattolica e di affermare nello stesso tempo la loro totale autonomia dall’Imperatore, considerato il rappresentante del papa;
4) l’esigenza profonda di ritornare ad un cristianesimo puro, spirituale ed interiore, contrapposto all’esteriorità, alla ritualità, ai formalismi e alla mondanità della Chiesa romana.

Come si diceva, tutti questi elementi, che erano peraltro strettamente connessi tra loro, agirono
simultaneamente e trovarono un terreno favorevole nella situazione politica e sociale tedesca dei
primi decenni del XVI secolo: il concorso di tutti questi fattori determinò quindi il successo duraturo che il movimento promosso da Lutero conobbe, mentre altri analoghi movimenti dei secoli precedenti non avevano trovato condizioni altrettanto favorevoli e concomitanti. Ad esempio le teorie di Lutero non erano molto diverse da quelle di Wycliff e di Huss, eppure la predicazione di questi ultimi non ebbe quegli effetti dirompenti e duraturi che invece provocarono le tesi del monaco tedesco: in Germania quindi si crearono quelle condizioni oggettive che consentirono il verificarsi di una vera e propria rivoluzione religiosa e politica, condizioni che probabilmente erano assenti nella Boemia di Hus e nell’Inghilterra di Wycliff.


ASPETTI TEOLOGICI DEL LUTERANESIMO

La Riforma protestante si basò su una profonda revisione dei dogmi cattolici. Si possono così
riassumere i caratteri essenziali della teoria luterana:
1) la salvezza dell’uomo non dipendeva più dal libero arbitrio, cioè dalla possibilità di compiere il bene o il male, quindi dalle azioni e dalle opere compiute durante la vita, ma solo e soltanto da un disegno divino, cioè dalla scelta imperscrutabile di Dio di destinare alcuni uomini alla salvezza e altri alla dannazione (teoria della predestinazione).
2) Le opere e le azioni umane non potevano salvare l’uomo in quanto egli possedeva una natura corrotta, imperfetta e peccatrice, che lo portava verso il male (pessimismo sulla natura umana):nessun uomo, nemmeno il più santo, avrebbe potuto applicare in pieno le prescrizioni morali del vangelo in quanto la debolezza della sua natura non lo consentiva (anche i santi erano deboli e peccatori).
3) Solo Dio dunque poteva salvare. In che modo? Donando, attraverso la sua grazia, la fede agli uomini. L’uomo quindi non si salvava perché compiva opere buone (anche se queste erano senza dubbio importanti ed utili) ma solo in quanto possedeva la fede in Dio e in Cristo. La fede, e solo essa, era pertanto salvifica, ma la fede non si acquistava con i meriti e con le opere: essa era un dono di Dio e nessuno poteva sapere perché alcuni uomini l’avessero ed altri no. Dio sceglieva misteriosamente a quali uomini donare la fede e a quali no (la predestinazione di cui si parlava nel punto 1). Per i cattolici invece l’uomo cooperava con Dio alla propria salvezza, nel senso che le sue scelte e le sue azioni erano importanti tanto quanto la fede: l’uomo infatti, dotato di libero arbitrio (uguale possibilità di compiere il bene o il male), era tenuto a sviluppare un vero e proprio “combattimento spirituale”, attraverso cui acquistava quei meriti necessari alla propria salvezza. Espresso in sintesi questo concetto si può riassumere nel modo seguente: per i protestanti l’uomo agisce cristianamente e si salva perché lo vuole Dio, che gli dona la grazia e la fede, per i cattolici invece l’uomo agisce cristianamente e si salva perché lo vuole lui, scegliendo di credere in Dio e di operare secondo la sua volontà.
4) Gesù non aveva istituito alcuna Chiesa, quindi nemmeno il sacramento del sacerdozio: i cattolici quindi avevano deformato il messaggio di Gesù e avevano creato istituzioni e sacramenti del tutto arbitrari ed infondati. Gli unici due sacramenti validi e giustificati erano il battesimo e l’eucarestia, tutto il resto era stata un’invenzione delle comunità cristiane costituitesi in Chiesa. Per incontrare Dio non c’era affatto bisogno della mediazione della Chiesa e dei sacerdoti, in quanto bastava leggere direttamente le Sacre Scritture: in questo senso tutti erano sacerdoti (sacerdozio universale) perché tutti erano chiamati dal Signore e tutti potevano leggere liberamente la Bibbia, senza dover sottostare all’interpretazione ufficiale di un’autorità ecclesiastica (libero esame delle Sacre scritture). La Chiesa era dunque un’istituzione inutile e illegittima: infatti nell’interiorità della propria coscienza ogni uomo poteva incontrare direttamente Dio, senza aver bisogno di intermediari.
5) Il culto della Madonna, dei santi e delle immagini sacre era stato un’invenzione arbitraria della Chiesa, cioè degli uomini, quindi non aveva alcun fondamento e alcuna ragion d’essere.

Come si può notare, il risultato più significativo del protestantesimo fu quello di interiorizzare il cristianesimo, di riportarlo cioè ad una purezza spirituale che svalutava tutte le manifestazioni esteriori del culto religioso: gli aspetti comunitari e rituali della religiosità cattolica vennero completamente negati in nome dell’interiorità.


IL CALVINISMO

Il francese Giovanni Calvino non solo aderì alla Riforma luterana ma ne accentuò alcuni aspetti
Tra l’altro è importante sottolineare che in Europa la diffusione e l’affermazione del calvinismo furono maggiori rispetto all’influenza esercitata del luteranesimo, il quale si concentrò soprattutto nell’area tedesca e scandinava.
Schematicamente si possono così riassumere alcune differenze tra luteranesimo e calvinismo:
1) il calvinismo accentuò la teoria della predestinazione divina, che era sì presente in Lutero ma in modo più sfumato ed implicito.
2) Il calvinismo rivalutò l’importanza delle opere umane attraverso la teoria del lavoro inteso come vocazione. Se era vero infatti che solo Dio salvava in base ad un proprio imperscrutabile disegno, era però altrettanto vero che il successo nell’attività lavorativa e sociale era una sorta di segnale della stessa predestinazione: in altre parole, lavorare bene, produrre ricchezza, essere utili alla società costituivano probabilmente i segni che Dio inviava per far comprendere chi fosse predestinato alla salvezza. La ricchezza e il lavoro assunsero così un significato estremamente positivo, in quanto, attraverso essi, Dio stesso in un certo senso comunicava la sua scelta: lavorare equivaleva quasi a pregare, a glorificare e a ringraziare Dio e la ricchezza che derivava dal lavoro era anch’essa una benedizione divina. L’amore per il lavoro, per la sobrietà, per il risparmio era una vocazione che discendeva da Dio ed era anche il segnale della sua scelta. Con questa teoria Calvino operò una vera e propria rivoluzione culturale rispetto al passato: infatti nel Medioevo la ricchezza era stata considerata quasi come un’opera demoniaca e come fonte di ogni vizio e peccato. Con Calvino invece essa divenne opera divina e fonte di virtù, mentre l’ozio e la povertà assunsero significati negativi (la povertà in un certo senso derivava dall’ozio, che costituiva appunto un vizio e un peccato). Come è stato sottolineato da molti storici contemporanei, la teoria calvinista del lavoro si collegò strettamente allo sviluppo ed all’affermazione del nascente capitalismo europeo: essa cioè fu, per certi aspetti, l’espressione ideologica di esigenze e valori tipici delle classi borghesi in ascesa, quelle classi che mettevano in discussione l’ordinamento politico, sociale e culturale della vecchia società aristocratica e feudale. Non fu un caso infatti che il calvinismo si diffuse soprattutto in quelle regioni europee (ad esempio Paesi Bassi, Inghilterra, Francia) in cui erano in atto quei processi di trasformazione economica e sociale collegati all’ascesa della borghesia.
3) Il calvinismo si differenziò dal luteranesimo anche sul tema dei rapporti tra etica e Stato, ossia tra religione e politica. Lutero aveva distinto nettamente i due ambiti, in quanto la religione e l’etica riguardavano solo l’interiorità (quindi la dimensione della coscienza), mentre le leggi dello Stato riguardavano i comportamenti esteriori dell’uomo (la cosiddetta legalità). Pertanto la sfera giuridica e politica, che regolava i rapporti sociali, era ben distinta da quella morale e religiosa e lo Stato era visto come una sovrastruttura necessaria, in quanto senza il suo potere l’individuo si sarebbe abbandonato alle peggiori nefandezze. Lutero riconobbe al potere statale una propria autonomia rispetto alla religione, anzi era dovere del cristiano subordinarsi totalmente alle sue norme e alle sue leggi, anche se tale Stato non aveva il diritto di invadere la sfera religiosa, che riguardava appunto la coscienza e l’interiorità dei cittadini.
In Calvino invece questa prospettiva fu ribaltata in quanto il potere civile e politico non poteva e non doveva essere autonomo rispetto alle norme etiche e religiose: queste ultime infatti stavano alla base della stessa vita civile, per cui non era possibile separare nettamente sfera religiosa privata e sfera politica pubblica. Calvino quindi teorizzò una sorta di Stato teocratico, ossia uno Stato in cui il potere doveva essere esercitato in conformità agli ideali etici della religione cristiana: i comportamenti pubblici e politici erano dunque subordinati alla supervisione e al giudizio della religione. Fu esattamente quello che i calvinisti attuarono quando presero il controllo della città di Ginevra. I calvinisti, tra l’altro, sostennero il diritto del popolo cristiano a destituire il sovrano, o chi esercitava il potere, quando costui non rispettava le leggi morali e naturali: essi introdussero quindi un principio democratico nella loro concezione politica, in quanto ritennero che la legittimazione del potere politico derivasse in ultima analisi dal basso, cioè dal popolo stesso. Al contrario la concezione luterana fu prevalentemente assolutista, nel senso che concepì lo Stato come un potere forte e indiscutibile, necessario per reprimere le tendenze negative ed egoistiche degli uomini e la cui sovranità derivava da Dio stesso, quindi dall’alto (vedi condanna di Lutero dei moti contadini).


L’EUROPA RIFORMATA

L’area di diffusione della Riforma in Europa fu molto vasta. In Francia essa penetrò
abbastanza rapidamente. Il luteranesimo andò avanti senza incontrare ostacoli fino
al 1534; fu questo l’anno di una svolta drammatica, dove furono affissi manifesti
anticattolici in molte città francesi. A seguito di ciò, il re Francesco I mandò al rogo
decine di luterani. A succedere Francesco I fu Enrico II che istituì la cosiddetta
“Chambre Ardente” una speciale sezione del Parlamento che si occupò dei processi
contro gli eretici. Il calvinismo si sviluppò in Francia, in Ungheria e nei Paesi Bassi
mentre il luteranesimo si manifestò in Germania e in Europa settentrionale e
orientale. In Inghilterra Enrico VIII, dopo rifiuto del papa di annullare il suo
matrimonio con Caterina d’Aragona, con l’ATTO DI SUPREMAZIA si dichiarò capo
supremo della Chiesa di Inghilterra, che venne chiamata chiesa : la chiesa anglicana
seguì le idee del protestantesimo. In questo modo aveva messo in atto un vero e
proprio scisma, ma non si erano verificate rotture irreparabili perché gli anglicani
mantenevano in vigore i dogmi e i sacramenti cattolici. In seguito Edoardo VI
introdusse nella nuova Chiesa anglicana la teologia calvinista al posto di quella
cattolica. In Scozia, grazie alla predicazione di John Knox prevalse il calvinismo. In
Irlanda si rafforzò il cattolicesimo. Nela cattolicissima Spagna il protestantesimo non
trovò terreno fertile.


LA RIFORMA IN ITALIA

In Italia la Riforma ebbe una storia diversa da quella altre regioni europee. Mancava
quel sentimento di avversione a Roma e alla sua Chiesa che era stato uno dei fattori
determinanti nella diffusione del luteranesimo e del calvinismo ed anche perché
diffusa era la dipendenza dei signori dal papa e dall’imperatore. A Venezia venivano
stampati gli scritti di Lutero. In Italia la Riforma s’inserì nel solco dell’evangelismo. La
situazione Italiana ricevette una forte impronta da Juan Valdés , uno spagnolo
sfuggito all’Inquisizione iberica, che nella sua abitazione dirigeva ritiri spirituali cui
partecipavano dame colte e raffinate. Valdes introduceva idee caratterizzate
dall’impronta di Lutero; i seguaci furono giustiziati o dovettero emigrare. Questi
emigrati ebbero una grande influenza sulla cultura europea spesso portandovi (è il
caso del socianesimo, eresia che segnò profondamente la vita religiosa non solo
della Polonia, ma anche della Transilvania, della Moravia e dell’Ungheria) idee più
radicali di quelle dei luterani e dei calvinisti, per essere considerato l’eresia più
radicale.

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