Riassunto Vita e Opere di Carlo Magno
Riassunto Vita e Opere di Carlo Magno
Riassunto Vita e Opere di Carlo Magno
Carlo Magno ( o Carlo I il Grande, in latino Carolus Magnus e in francese Charlemagne) era il primogenito di Pipino il Breve e di sua moglie Berta, o Bertrada, figlia di Cariberto, conte di Laon.
Nel 751 Pipino detronizzò l’ultimo re dei Merovingi e assunse il titolo di re dei Franchi; venne incoronato ufficialmente da papa Stefano II nel 754. Alla sua morte (768), il regno venne diviso fra i due figli, secondo una ripartizione decisa dal padre: Carlo Magno ereditò l’Austrasia, parte dell’Aquitania e della Neustria, che formavano nel complesso un territorio ad arco intorno ai possedimenti più compatti del fratello Carlomanno, che ricevette la parte restante dell’Aquitania e la Borgogna.
La prima opera che Carlo Magno compì fu la riconquista dei territori appartenuti alla precedente dinastia merovingia e poi persi. Conquistò così nel 769 la parte non ancora francese dell’Aquitania. Negli 781, poichè non accettava facilmente il dominio franco, questa regione ricevette una particolare autonomia, che placò le agitazioni.
La campagna contro i Longobardi
Nel 770 Carlo Magno cercò un’alleanza con i Longobardi e, per rispetto della volontà della madre Berta, sposò Ermengarda, figlia del re longobardo Desiderio e sorella di Gerberga, moglie di Carlomanno. Nel frattempo venne presto a mancare l’intesa tra i due sovrani francesi, ma, nel 771, Carlomanno morì improvvisamente e Carlo Magno ne approfittò per incorporare con una facile azione militare i territori del fratello ai propri.
Le relazioni con i Longobardi si erano nel frattempo raffreddate. Il re franco aveva ripudiato la moglie e Desiderio la accolse nel proprio regno insieme a Gerberga e ai figli spodestati di Carlomanno.
Nel 772 Desiderio iniziò una campagna militare per conquistare il regno pontificio. Il papa Adriano I si rivolse allora a Carlo Magno per ottenere protezione. Il sovrano franco tentò dapprima di giungere pacificamente ad un accordo con Desiderio, ma, non ottenendo risultati, invase l’Italia nel 773 con due eserciti: uno che penetrò dal passo del Gran San Bernardo, e l’altro, comandato personalmente, dal passo del Moncenisio. Sconfisse i Longobardi alla Chiuse di Val Susa e catturò Gerberga e i suoi figli a Verona. I Longobardi si ritirarono a Pavia, che cadde dopo dieci mesi di assedio, e in questa città Carlo assunse, il 5 giugno del 774, il titolo di re dei Longobardi, anche se ad essi il nuovo sovrano concesse una certa autonomia. Carlo Magno preferì poi non spingersi più a sud nelle conquiste, per lasciare uno stato cuscinetto tra il suo regno e quello bizantino. Rimase così indipendente il Ducato di Benevento, che fu però costretto a pagare tributi al sovrano franco.
Quindi Carlo si recò a Roma, dove si impegnò a mantenere la promessa fatta anni prima dal padre di proteggere i confini del papato.
La campagna contro i Sassoni
Nello stesso periodo Carlo Magno intraprese una lunga campagna di conquista contro i Sassoni, a nord. Essi avevano invaso i loro territori tra il VII e l’ VIII secolo, ed erano divisi in tribù, senza un governo centrale. La loro unità era basata sulla solidarietà dovuta all’appartenenza ad una unica etnia e religione.
Nel 772 Carlo conquistò il santuario dell’Irminsul, principale centro religioso dei territori sassoni. In questo modo rese chiare le sue intenzioni: conquistare la Sassonia e convertire al cristianesimo i Sassoni. La guerra, che non fu continua ma interrotta da tregue temporanee, durò circa trent’anni e fu molto violenta e difficile, come dimostra ad esempio la pesante sconfitta franca di Stüntelgebirge nel 782. I Sassoni, guidati da Vitichindo (o Viduchindo) combatterono con molta ferocia, alla quale Carlo rispose con massacri di prigionieri, come a Verdun nel 782, e con deportazioni di massa tra il 799 e l’804. Nel 785 Vitichindo si arrese e nel 799 Carlo riuscì ad annettere la parte della Sassonia ad ovest del fiume Elba, mentre nell’804 conquistò anche la parte ovest.
La rivolta di Tassilone e la conquista degli Avari
Mentre conquistava la Sassonia, dopo la resa di Vitichindo, Carlo aveva ridotto la Frisia a provincia ed era riuscito a domare la ribellione del duca di Baviera, suo cugino Tassilone III. Lo aveva costretto a riconoscere di nuovo la sua autorità , prima privandolo di ogni autonomia e poi di ogni potere e lo aveva neutralizzato definitivamente rinchiudendolo in un monastero nel 788. La Baviera conservò tuttavia una certa autonomia.
Carlo si era poi occupato degli Avari, una popolazione a sud del Danubio, con la quale Tassilone si era alleato per resistere al cugino. Nel 791 iniziò la sua campagna militare conquistando il Ring, il principale campo fortificato avaro e continuò la guerra fino alla completa sottomissione e conversione al cattolicesimo del capo avaro, il khaghan, nell’804.
Le marche di Spagna e Bretagna
Mentre era impegnato contro i Sassoni, Carlo Magno tentò anche di conquistare la Spagna. Nel 778 sostenne senza successo la rivolta del governatore di Barcellona contro gli Arabi e penetrò personalmente alla testa di un esercito nella penisola, occupando Pampalona e assediando Saragozza, ma fu costretto alla ritirata da una rivolta sassone. Durante la ritirata, al passo di Roncisvalle, una sua retroguardia venne attaccata e sconfitta da pastori baschi e da bande arabe. Nello scontro morì anche il conte paladino Roland, prefetto della marca di Bretagna, che due secoli dopo sarà protagonista di un ciclo di romanzi chiamati “Chansons de geste”.
Da allora Carlo Magno rinunciò alla conquista vera e propria della Spagna, ma preferì penetrare lentamente in Catalogna, sulla costa sudorientale della Spagna, conquistando una dopo l’altra le piazzeforti, cioè Gerona nel 785, Barcellona nell’801 e Tortosa nell’811. Creò così a sud dei Pirenei una marca di confine a difesa dagli Arabi.
Carlo creò, tra il 789 e il 790, una marca anche in Bretagna, che venne affidata al figlio Carlo il Giovane, ma che fu teatro di numerose e vane spedizioni militari nel tentativo di domare i Bretoni ribelli.
La nascita del Sacro Romano Impero
Le vittorie militari, l’estensione dei suoi domini, la potenza militare e l’appoggio della Chiesa portarono Carlo Magno ad avere un potere e un’autorità pari a quelle di un imperatore.
Nel 787 a Nicea, nell’Impero Bizantino, l’imperatrice Irene, che aveva spodestato il figlio Costantino VI, convocò un concilio che riammise il culto religioso delle immagini, cioè l’iconoclastia, approvato anche dalla Chiesa di Roma. Carlo Magno allora convocò a Francoforte un altro concilio religioso che condannò nuovamente l’iconoclastia. Così facendo agì di fatto come un imperatore, poichè, da Costantino in poi, solo gli imperatori avevano la facoltà di occuparsi anche di questioni religiose. Inoltre Carlo fece costruire ad Aquisgrana, che era divenuta una delle città principali dell’impero, un palazzo reale simile fino nei particolari architettonici al Sacrum Palatiun presente a Roma sul colle Laterano. Era questo un fatto simbolico che serviva a dimostrare che Carlo Magno si sentiva ormai portatore di una autorità e di un potere pari a quelli di un imperatore. Mancava ormai solo l’investitura formale. L’occasione si presentò quando Papa Leone III fu costretto a fuggire da Roma per una rivolta e a rifugiarsi presso Carlo Magno, che era disceso in Italia. Rientrati a Roma, Carlo Magno venne incoronato imperatore nella notte di Natale dell’800 da Papa Leone III in San Pietro. Carlo Magno diveniva così imperatore del Sacro Romano Impero, presentato come l’erede del grande impero romano dell’antichità .
L’incoronazione di Carlo Magno imperatore aumentò lo scontro con l’impero dei Bizantini, che si ritenevano gli unici eredi dell’impero di Roma. Il dissidio era causato anche da altri fattori. Infatti Carlo Magno aveva già contestato in precedenza il diritto di Costantino VI di dichiararsi successore degli imperatori di Roma, e si era mostrato in disaccordo sul fatto che una donna, Irene, potesse governare un impero.
Dopo lunghe trattative con l’imperatrice Irene ed il suo successore Niceforo e dopo una guerra combattuta nel Mar Adriatico per il possesso del Veneto, dell’Istria e della Dalmazia, nel trattato di Aquisgrana dell’ 813 venne stabilito che i territori del Veneto, dell’Istria e della Dalmazia, precedentemente conquistati da Carlo Magno, fossero restituiti all’impero Bizantino, che conservava sotto la sua influenza anche l’Italia meridionale. Carlo Magno invece avrebbe conservato il controllo su Roma e sull’Italia settentrionale, e ottenne il riconoscimento del suo impero come successore di quello di Roma a fianco di quello Bizantino.
A partire dal 790, i confini settentrionali e le coste occidentali dell’impero cominciarono a subire le incursioni dei Vichinghi. L’imperatore cercò di frenarne l’avanzata istituendo postazioni stabili di vigilanza lungo le coste, sia atlantiche che mediterranee, ma col tempo la minaccia dei temibili popoli del Nord tornò a presentarsi con sempre maggiore frequenza.
Dopo la sua morte, Carlo Magno aveva previsto, per la successione, la divisione dell’impero tra i suoi tre figli Carlo, Pipino e Ludovico. Ma poichè nell’813 morirono due dei tre fratelli, Carlo Magno incoronò Ludovico suo successore. Carlo Magno morì nell’814 e venne sepolto ad Aquisgrana.
L’organizzazione dell’impero
Alla base dell’organizzazione del Sacro Romano Impero vi era un particolare tipo di rapporto, detto di vassallaggio, secondo il quale degli uomini liberi prestavano giuramento di fedeltà al loro signore, impegnandosi a servirlo e seguirlo, prima di tutto nella guerra, divenendo così suoi vassalli. In cambio il loro signore donava loro parte dei propri possedimenti e dei suoi servi.
Questo principio non venne applicato solamente dai grandi proprietari, ma anche dal re. Il re però non donava i suoi possedimenti, ma permetteva al vassallo che li riceveva in governo di goderne i benefici e le rendite, una cui parte veniva però tributata al re. Tuttavia l’affidamento di beni ai vassalli non era definitivo. Il re, anche per garantirsi una effettiva fedeltà , poteva trasferire o revocare il vassallo, la cui carica era personale, cioè concessa solo ed esclusivamente a lui, e non ereditaria. In cambio il vassallo prestava fedeltà al re, soprattutto in guerra.
Tuttavia i vassalli del sovrano non possedevano nemmeno loro un’organizzazione sufficiente a controllare i territori ad essi affidati. Per questo essi instaurarono altri rapporti di vassallaggio con vassalli minori, detti valvassori, i quali a loro volta si legarono a signori ancora meno potenti, detti valvassini.
In questo modo il re si trovò legato, direttamente o indirettamente, da rapporti di fedeltà a gran parte dell’aristocrazia e dei grandi proprietari terrieri del suo regno, il che gli garantiva obbedienza ed efficienza, soprattutto in guerra.
Dal punto di vista amministrativo, Carlo Magno affidò il banno, cioè il potere di costringere, giudicare e punire, ai conti, particolari incaricati di fiducia del re che governavano dei territori a loro affidati, detti contee. In cambio, come i vassalli, essi ricevevano delle terre. Come i vassalli, però, essi erano trasferibili e la loro carica revocabile in qualunque momento. I conti erano aiutati nel loro operato da alcuni ecclesiastici di particolare rilevanza, che talvolta potevano arrivare a governare dei territori come dei conti veri e propri. Nelle zone di confine venne creato un altro tipo di regione, la marca, governata da un marchese, che rispetto al conte aveva poteri militari più ampi per la difesa da attacchi nemici. In tutto si contavano circa 250 marche e contee.
Per controllare l’operato dei vassalli e dei conti, l’imperatore aveva al suo servizio i “missi dominici”, che generalmente erano due, un conte di palazzo ed un ecclesiastico e che avevano di norma un territorio fisso
Carlo Magno sostituì anche agli ordini orali quelli scritti, in particolare emanando i “Capitolari”, delle raccolte di norme e ordinanze divise in capitoli, che regolamentarono in modo unitario i commerci, la giustizia, le questioni religiose e militari, l’istruzione e l’amministrazione dei beni reali.
La chiesa
Nel corso della dinastia carolingia, ed in particolare con Pipino il Breve e Carlo Magno, si era venuto a creare uno stretto legame di collaborazione tra la Chiesa e il regno franco, volta a garantire la pace, la giustizia e la pratica della fede cristiana il tutta l’Europa. I sovrani carolingi avevano la protezione e l’appoggio della Chiesa, molto rilevante, e si erano impegnati a proteggerla e a diffondere il Cristianesimo in Europa, anche con la violenza, come in Sassonia. Avevano inoltre dato agli uomini religiosi sempre più peso nella vita politica, affidando loro numerosi incarichi di governo. L’imperatore riteneva che fosse suo compito difendere e aiutare la Chiesa, all’esterno dell’impero evangelizzando le popolazioni ancora pagane, e all’interno dell’impero rafforzando la conoscenza del Cristianesimo.
Così, nel Sacro Romano Impero, le basi religiose del potere erano importanti come quelle militari , e l’intreccio tra l’aspetto politico e quello religioso fu uno degli elementi che più caratterizzò l’impero. Questo intreccio tra politica e religione ebbe sia aspetti positivi che negativi. I grandi sforzi compiuti da Carlo Magno favorirono l’evangelizzazione dell’Europa, ma posero anche le basi per la corruzione e la mondanizzazione della Chiesa, e per lo scontro che si sarebbe successivamente verificato tra papi e imperatori per il controllo dell’Occidente Cristiano.
La cultura
Con la nascita di un nuovo impero, si sentì il bisogno di maggior cultura. Poichè l’impero aveva dato grande rilievo alla Chiesa, era necessario che i religiosi fossero all’altezza di esercitare il ruolo importante ad essi conferito, di spiegare i testi religiosi correttamente, di celebrare le cerimonie religiose in modo uniforme. Servivano uomini in grado di leggere e di scrivere, che sapessero trasportare velocemente messaggi in tutto l’impero, e i conti, i marchesi, i vassalli e tutti gli altri funzionari del governo dovevano essere all’altezza delle nuove importanti cariche a loro conferite. Vennero così create numerose scuole, nelle quali i giovani più dotati potevano ricevere una adeguata istruzione. Vennero in particolare privilegiate la medicina e la matematica. Un’altra importante riforma, ad opera del monaco sassone Alcuino di York, direttore della principale scuola del regno ad Aquisgrana, la Schola Palatina, fu la sostituzione delle pesanti e complicate lettere gotiche con la minuscola carolina. Essa era più semplice da scrivere e da leggere. Venne così facilitata non solo la lettura di libri, ma anche la loro ricopiatura, cosa che favorì una maggior diffusione di libri in tutta Europa.
In tutto l’impero sorsero biblioteche e laboratori di scrittura che salvaguardarono numerose opere di Roma antica, che sono così pervenute fino a noi. In particolare ad Aquisgrana, una delle città più importanti dell’impero, Carlo Magno accolse nella sua corte numerose persone di cultura, che studiarono i testi sacri e antichi. Alla corte operarono dotti come il longobardo Paolo Diacono, che scrisse varie opere, tra cui una Storia dei Longobardi, Eginardo, che scrisse una Vita dell’imperatore Carlo Magno, il grammatico Pietro di Pisa, lo spagnolo Teodulfo e Paolino di Aquileia.
L’ economia
Anche la vita economica acquistò un nuovo slancio. Nelle campagne la produzione agricola riprese, favorita dai monasteri e dai vescovadi. In Italia, il fiume Po’ divenne una importante via di comunicazione, e in varie città marittime ritornò un discreto traffico marittimo. Anche nelle città ripresero il commercio e le attività artigianali, e in molti centri si organizzarono fiere e mercati.
Un forte impulso all’economia venne dato dall’unificazione monetaria. Carlo infatti fece coniare una nuova moneta, la lira, divisa in 20 soldi e 12 denari. Di questa moneta rimasero a lungo segni in tutta Europa, e ancora oggi hanno mantenuto questo nome la lira italiana e la lira sterlina inglese, che rimase fino a poco tempo fa divisa in 20 scellini e 12 pence.
Questo nuovo sviluppo della cultura e dell’economia viene definito dagli studiosi “Rinascita carolingia”.
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