RIASSUNTO A ZACINTO

RIASSUNTO A ZACINTO

RIASSUNTO + PARAFRASI + ANALISI (A ZACINTO)

UGO FOSCOLO

FONTE:https://pokemonflame.forumcommunity.net/?t=33413881

FONTE:https://www.mondadorieducation.it/


POESIA

Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque

Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l’inclito verso di colui che l’acque

cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.


Riassunto Analisi

Il sonetto foscoliano tratta il tema dell’esilio; rivolgendosi alla sua terra natale, l’isola di Zacinto {Zante}, l’autore dichiarare che mai più potrà tornare in quel luogo meraviglioso dove era stato bambino. Dopo un attacco legato alla sfera personale, nelle prime tre strofe Foscolo sottolinea il legame con la Grecia: la sua isola si affaccia sullo stesso mare da cui nacque la dea Afrodite e fu resa celebre dai versi di Omero. Con quest’ultimo, Foscolo sente una doppia comunanza di sentimenti: come Omero, egli è poeta; come Ulisse, l’eroe cantato dall’aedo, vive un diverso esilio. Ma se l’eroe di Itaca potrà tornare a baciare la sua terra (aspra, ma non per questo meno amata), Foscolo al contrario sente che mai gli sarà possibile ritornarvi: egli potrà soltanto cantare della sua terra natale, ed è destinato ad una morte lontana.


Riassunto:

Foscolo si rivolge alla sua terra d’origine – l’isola di
Zante, un tempo chiamata Zacinto – per cantarne la bellezza e per
esprimere l’amore e la nostalgia per la sua patria, a cui non potrà più
ritornare. Il poeta ricorda che dalle acque del mare Ionio nacque Venere,
dea della bellezza e dell’amore, e loda il clima mite e la rigogliosa
vegetazione dell’isola, celebrati anche da Omero, che narrò le gesta di
Ulisse. Foscolo si confronta quindi all’eroe omerico, sottolineando però
che, mentre Ulisse infine fece ritorno alla sua amata Itaca, egli è invece
certo che verrà sepolto in una terra lontana.
Il tema centrale del sonetto è la lontananza dalla terra natale, intesa non
solo come patria del poeta ma anche come terra del mito e degli eroi
classici, simbolo di un mondo di valori e di bellezza da cui l’uomo
moderno è per sempre escluso.


PARAFRASI (1)

Io non toccherò mai più la terra sacra dove il mio corpo da bambino giacque, o mia Zacinto, che ti rifletti nelle acque del mare greco dalle quali nacque, vergine,

la dea Venere, che rese fertili quelle isole con il suo primo sorriso, per cui non potè non cantare le tue limpide nuvole e la tua vegetazione il verso famoso di colui  che

raccontò i viaggi per mare voluti dal fato e le peregrinazioni in terre diverse, grazie alle quali, famoso per la sua gloria e per la sua disavventura, Ulisse potè tornare a baciare la sua rocciosa isola, Itaca.

Tu    non avrai altro che la poesia del tuo figlio, o mia terra materna; per me il destino ha stabilito una tomba su cui nessuno potrà piangere.


PARAFRASI (2)

Non toccherò mai più le sacre rive dove vissi da ragazzo, oh mia Zacinto che ti specchi nelle acque del mare greco da cui Venere nacque vergine e rese fertili quelle terre con il suo primo sorriso. Perciò l’illustre verso di Omero non potè non celebrare le tue (di Zacinto) nubi e la tua flora, cantando il vagabondare di Ulisse nel suo esilio voluto dal fato in seguito al quale Ulisse fu reso famoso per le sue sventure e potè tornare baciare la sua rocciosa Itaca. Tu Zacinto non avrai altro che la poesia del tuo figlio, a noi il destino ha ordinato una sepoltura senza lacrime (ossia una sepoltura in terra straniera, senza il pianto delle persone care).


ANALISI

Verso 1: tripla negazione (nè più mai) per accentuare l’impossibilità del ritorno.

Verso 3: Mio, posto dopo Zacinto accentua il senso del possesso.

Verso 6: Litote (“non tacque”)

Verso 7: sineddoche (“nubi”)

Verso 10: Bello di fama e di sventura . E’ una antitesi tipicamente romantica in quanto l’eroe romantico non può essere felice neanche nel momento del ritorno a casa. Sono presenti diversi enjambements(3-4 verso;6-7 verso;13-14 verso).

Il sonetto rimato secondo lo schema ABAB, ABAB, CDE, CED ed è ricco di allitterazioni consonantiche come la c- l – f – e suoni vocalici come la e – i – o.

Sono presenti i temi fondamentali della poesia foscoliana :

  • L’esilio – esilio come non accettazione da parte del poeta dei valori della società in cui viveva, e quindi esilio anche come momento di meditazione.
  • Il mito del sepolcro- come centro di affetti familiari, come illusione della vittoria della vita sulla morte, sopravvivenza delle tradizioni civili di un popolo nella storia.

-Temi Neoclassici:Presenza di Grecismi e Latinismi (Zacinto), figure mitologiche ( Venere), e Omero.

-Il mito della belezza serenatrice: la bellezza della natura è intesa come bellezza eterna e incorruttibile che per i mortali è alternativa all’angoscia di vivere e dà la possibilità di raggiungere un superiore equilibrio.

Il sonetto inizia con una triplice negazione (che è una constatazione amara del poeta della perdita della sua patria), e termina con la sentenza definitiva del suo esilio e della sua illacrimata sepoltura in terra straniera. Tra questi due poli negativi è racchiusa, attraverso l’incatenamento di immagini la rappresentazione nostalgica e meravigliosa del mondo ideale dell’infanzia del poeta e la trasfigurazione mitica della propria esperienza dell’esilio che avviene attraverso all’analogia fra la sua figura è quella di Ulisse. Ulisse, “bello di fama e di sventura” rappresenta l’immagine del poeta, anch’egli esule magnanimo avversato dal destino e dagli uomini, ma rappresenta soprattutto il nuovo concetto dell’eroe romantico, grande per la forza e la dignità con cui sopporta le ingiurie della sventura (l’esito dell’esilio però, sarà diverso: Foscolo a differenza di Ulisse sarà sepolto in terra straniera e nessuno verserà delle lacrime sulla sua tomba).


Analisi di A Zacinto

Il poeta si rivolge alla sua isola natia, affermando la propria consapevolezza di non potere più farvi ritorno, e quindi di non potere rivedere più quel paesaggio e quel mare, in cui è nata Venere e in cui ha vissuto le sue disavventure Ulisse; ma mentre Ulisse ha infine potuto baciare “la sua petrosa Itaca”, il mio destino – dice il poeta – è quello di essere sepolto in terra straniera.

Zacinto non è sentita tanto come una patria politica (quale è Venezia per Ortis), quanto come una patria mitica, idealizzata; è il luogo dell’infanzia (dove il poeta “fanciulletto giacque”), dunque della felicità e della innocenza irrimediabilmente perdute; ma è anche il luogo della luminosità, della bellezza e della serenità (a tali elementi rimandano le caratteristiche del paesaggio: le acque calme e trasparenti di quel mare, ove l’isola si “specchia”, le “limpide nubi”, le “fronde”), e sono gli elementi che compongono la sensibilità classica. Dunque dietro la nostalgia per la terra natale, si cela l’aspirazione struggente (la Sehnsucht) a ritrovare l’armonia e la pienezza della vita, armonia e pienezza di vita associate a quel luogo mitico.

In ciò Foscolo esprime una sensibilità romantica, in questo sentirsi inquieto, non in pace con se stesso e con il mondo, travolto dalle vicende della vita – così come è stato per Ulisse, il quel però ha avuto il privilegio di riapprodare infine alla terra natale. E se Ulisse è stato “bello di fama e di sventura”, ancora più bello si sente il poeta, a cui tocca una sventura ancora più grande.

E’ un’altra idea romantica quella che associa la bellezza alla sventura. Ed è un’idea analoga quella che esprime Anfrido quando dice ad Adelchi, nella omonima tragedia manzoniana: “Soffri e sii grande”. C’è nobiltà (grandezza, bellezza) nella sofferenza, perché solo animi non mediocri, animi capaci di alti sentimenti, sono destinati alla sofferenza.

Dunque la sensibilità romantica (evocata dalla figura di Ulisse, cui il poeta si paragona) è fusa con la sensibilità classica (evocata dalla figura di Venere e del paesaggio a lei associato). Ma il classicismo foscoliano è riscontrabile anche nella struttura del sonetto, nella sua sintassi e nel suo lessico.

La struttura del sonetto è in un certo senso circolare,  in quanto il motivo fondamentale della perdita della patria apre e chiude il componimento, è affermato con forza al primo verso (“né più mai…”) e ritorna all’ultimo verso, nell’immagine della “illacrimata sepoltura”; al centro, la rievocazione delle due figure mitiche, con i significati ad esse connessi. La sintassi è caratterizzata da un ampio periodo che si distende per tre intere strofe, con una articolazione complessa che imita la sintassi latina, ricca di subordinate e spostamenti dell’ordine delle parole (la relativa che inizia al v. 6 con “onde non tacque” ha il soggetto al v. 8, “l’inclito verso”; la relativa che comincia al v. 10 con “per cui” ha il soggetto alla fine del v. 11, “Ulisse”; ecc.). La continuità sintattica è sostenuta anche da forti enjambement, che tengono uniti non solo i versi ma anche le strofe (si vedano i vv. 4-5 e 8-9). Solo nell’ultima strofa il ritmo rallenta: ci sono ben due periodi, che spezzano a metà il v. 13, a marcare con maggiore forza le immagini evocate e i concetti espressi. Il lessico è classicamente ricercato: “inclito” è il verso di Omero, “fatali” sono le acque percorse da Ulisse, e “diverso” (nel senso, latino, di “deviato” dalla giusta meta) è il suo esilio.





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ZACINTO RIASSUNTO E PARAFRASI

ZACINTO RIASSUNTO E PARAFRASI

ZACINTO RIASSUNTO E PARAFRASI
UGO FOSCOLO


Poesia

Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque

Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l’inclito verso di colui che l’acque

cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.


Riassunto Analisi

Il sonetto foscoliano tratta il tema dell’esilio; rivolgendosi alla sua terra natale, l’isola di Zacinto {ora Zante}, l’autore afferma che mai più potrà tornare in quel luogo meraviglioso dove era stato bambino. Dopo un attacco legato alla sfera personale, nelle prime tre strofe Foscolo rimarca il legame con la Grecia: la sua isola si affaccia sullo stesso mare da cui nacque la dea Afrodite e fu resa celebre dai versi di Omero. Con quest’ultimo, Foscolo sente una doppia comunanza di sentimenti: come Omero, egli è poeta; come Ulisse, l’eroe cantato dall’aedo, vive un diverso esilio. Ma se l’eroe di Itaca potrà tornare a baciare la sua terra (aspra, ma non per questo meno amata), Foscolo al contrario sente che mai gli sarà possibile ritornarvi: egli potrà soltanto cantare della sua terra natale, ed è destinato ad una morte lontana.


PARAFRASI

Io non toccherò mai più la terra sacra dove il mio corpo da bambino giacque, o mia Zacinto, che ti rifletti nelle acque del mare greco dalle quali nacque, vergine,

la dea Venere, che rese fertili quelle isole con il suo primo sorriso, per cui non potè non cantare le tue limpide nuvole e la tua vegetazione il verso famoso di colui  che

raccontò i viaggi per mare voluti dal fato e le peregrinazioni in terre diverse, grazie alle quali, famoso per la sua gloria e per la sua disavventura, Ulisse potè tornare a baciare la sua rocciosa isola, Itaca.

Tu    non avrai altro che la poesia del tuo figlio, o mia terra materna; per me il destino ha stabilito una tomba su cui nessuno potrà piangere.

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