Storia dell’asino di San Giuseppe

Storia dell’asino di San Giuseppe

Storia dell’asino di San Giuseppe


Storia dell’asino di San Giuseppe è una novella di Giovanni Verga appartenente alla raccolta delle Novelle rusticane. Come si capisce già dal titolo, il protagonista non è una persona bensì un asino, il quale è giudicato di poco valore soltanto a causa del colore bianco e nero del suo pelo. L’asino infatti è ritenuto debole, tanto da inginocchiarsi al primo sforzo (come l’asino di fronte al bambino Gesù), da cui il soprannome di asino di San Giuseppe, ma in effetti esso si dimostrerà tutt’altro che debole e di poco valore.

Le disavventure dell’asino cominciano alla fiera: il suo padrone cerca di disfarsene ma non vuole regalarlo; tuttavia solo un uomo è disposto a comprarlo pagandolo però meno del prezzo richiesto (32,50 lire invece di 35). Quindi l’asino comincia il suo lavoro per i campi, da mattina a sera, finché si ammala; il padrone lo porta a curare, poi, avendoci recuperato ampiamente la spesa fatta per acquistarlo, lo vende ad un massaro il quale lo utilizza anche lui nel suo campo. Sembrerebbe l’asino della Santa Provvidenza, ma l’annata non dà i frutti sperati a causa della siccità ed il massaro lo vende ad un carrettiere per 15 lire ritenendolo portatore di sventure, malgrado il lavoro svolto. Costui continua a stremarlo finché l’asino, non più in grado di reggere quel lavoro, finisce in una cava di gesso. Ancora una volta la realtà dei fatti viene sopraffatta dai pregiudizi, così il proprietario della cava, pur di disfarsene, lo vende ad una vedova per poche lire. L’asino muore poco dopo, stremato da un ultimo viaggio nel portare la legna al paese.

In questa novella l’asino diviene il simbolo di una realtà dura, atroce, senza speranza, ed intorno a lui si svolgono storie fortunate e non. Non conta ciò ch’è in grado di fare, ma solo il colore del suo pelo! Così ognuno dei suoi padroni lo sfrutta più che può prima di venderlo; solo il figlio del primo gli rende un po’ d’affetto, finendo addirittura a piangere per lui. L’asino, insomma, per via del suo pelo, diventa l’oggetto su cui ognuno dei suoi padroni sfoga i proprio dolori e le proprie sfortune.

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