SPINOZA PARLA DELLA MORALE

SPINOZA PARLA DELLA MORALE


Morale

Spinoza parla della morale negli ultimi tre libri dell’Ethica. Nel terzo parla delle passioni, nel quarto della condizione umana con le passioni, nel quinto senza le passioni. Fine ultimo del libro è la morale e il comportamento da adottare per raggiungere la felicità.

Analizza le passioni, facendone anche una tavola(=>Geometria della passioni). Alla base delle passioni c’è la tendenza dell’uomo a potenziare e conservare il proprio essere, la tendenza a potenziare il conatus. Il conatus è lo sforzo dell’uomo di perseverare nel suo esseredi conservare se stesso ed accrescere la propria potenza. Quando il conatus è riferito alla mente è la volontà, riferito al corpo è appetito. Quando si è consapevoli dell’appetito è cupidità. Il conatus si accosta all’idea: oscura e confusa è l’appetito, chiara e distinta è la volontà e la passione allora scompare. Quindi il modo per liberarsi dalle passioni è avere delle idee chiare e distinte. Il superamento della passione è dato della conoscenza.

Tuttavia Spinoza non condanna le passioni (in questo segue Cartesio, che dice che la passione deriva dal rapporto dell’anima col corpo, in contrasto con lo stoicismo, che dice che la passione coincide con la distrofè , stravolgimento dell’ordine naturale). Le passioni sono fenomeni naturali e possono essere studiate secondo un more geometrico. Applica il more geometrico alle passioni: le passioni sono ricondotte a due fondamentali (con questo metodo riesce a stilare una tavola delle passioni: ne trova tantissime e le analizza cogliendo gli aspetti): la gioia (che rafforza il conatus) e ildolore (che diminuisce il nostro essere). Da queste nascono tutte le altre: da gioia amore (che è gioia più causa esterna che la produce), da dolore odio (provato nei confronti della causa di dolore).

Essendo le passioni una forza della natura, sono irrefrenabili e non annullabili. L’uomo non ha una conoscenza adeguata dei propri affetti, ma si limita a connetterli con circostanze che, di per sé considerate, gli appaiono fortuite, egli è completamente passivo nei loro confronti. Per questo la sua capacità di agire e comprendere viene fortemente limitata e non riesce più a perseguire quello che è il suo bene e la sua vera utilità. Questo è il primo grado di conoscenza. L’uomo può tuttavia elaborare una conoscenza adeguata degli affetti, apprendendo le loro vere cause e imparando a vedere la loro intrinseca necessità.

Per esempio, la causa dell’odio: se riteniamo libere le azioni nocive dell’uomo, odiamo essi, ma se non sono libere odieremmo loro di meno, sapendo che è un evento di natura. L’odio è accresciuto dall’odio reciproco e distrutto dall’amore. Se siamo consapevoli di questo meccanismo riusciamo a capire.

Quello che permette all’uomo di conoscere adeguatamente le proprie emozioni è la ragione: grazie a questa riesce a liberarsi dalle passioni.

Tuttavia Spinoza non ammette la libertà ed allora come si fa ad uscire da questa catena?

Una conoscenza perfettamente adeguata degli effetti conduce a risalire la loro catena causale fino alla prima causa, a Dio. Quindi è con il terzo grado di conoscenza, che deriva direttamente da Dio, che ci si libera delle passioni.

Un altro aspetto da considerare per capire il gioco delle passioni è questo: Spinoza non permette imperfezioni in natura, così come non esistono fini, ritenendo il finalismo come antropomorfizzazione.

Il bene è solo l’utile, ciò che potenzia il mio essere e male ciò che lo depotenzia, per questo cerchiamo il bene e fuggiamo il male. Gli uomini che seguono la ragione conseguono l’utile di tutti, sono “dei per gli uomini”.

Conoscere equivale a liberarsi dalle passioni e quindi è il fondamento della virtù. Nessuna cosa sappiamo con certezza essere buona o cattiva. Spinoza dice che la passione in questo modo, essendo idea confusa, cessa di essere tale.

Distingue fra conatus e passione. Se noi potessimo dar libero corso al nostro conatus realizzeremmo la nostra felicità, ma incontrando ostacoli esterni che vengono interiorizzati cadiamo in preda alle passioni.

La filosofia è la terapia che indica ad un uomo la sua vera natura. A volte agire è in realtà patire ,cioè subire le conseguenze esterne che modificano il nostro conatus.

L’esercizio della virtù fa conseguire la felicità, che non è un premio ma coincide con la virtù. In realtà il paradiso è già sulla terra e i realizza quando noi percepiamo la virtù. Tanto più conosciamo Dio, tanto più potenziamo noi stessi e ne riceviamo gioia più grande e amore. L’uomo, cogliendo immediatamente la derivazione del tutto da Dio, prova un “amore intellettuale” nei confronti della divinità che è lo stesso con cui Dio ama se medesimo e tutti gli uomini. In questo amore intellettuale di Dio consiste la beatitudine per l’uomo, la quale non è un premio alla virtù, ma la più alta espressione della virtù stessa.

L’unico fine pratico della filosofia di Spinoza, è quello della conoscenza di Dio, al contrario di Cartesio, in cui la filosofia deve portare alla conoscenza e al dominio sulla natura. In Spinoza c’è il desiderio di dominare la realtà ma non attraverso la scienza e la tecnica, ma con intelletto assoluto.