SPESSO IL MALE DI VIVERE HO INCONTRATO

SPESSO IL MALE DI VIVERE HO INCONTRATO

DI EUGENIO MONTALE

PARAFRASI ANALISI FIGURE RETORICHE


Parafrasi

Spesso ho incontrato il male di vivere: era il ruscello,il cui corso è stato bloccato, che gorgoglia, era il rinsecchirsi della foglia inaridita, era il cavallo caduto al suolo. Non ho conosciuto il bene all’infuori del miracolo che l’indifferenza divina consente: era la statua nelle ore di torpore pomeridiano, e (era) la nuvola, e (era) il falco nel cielo.


Analisi metrica 

La poesia è composta da due quartine di endecasillabi a eccezione dell’ultimo verso che ha quattordici sillabe. Le rime sono incrociate (seguono infatti lo schema ABBA, CDDA).


Analisi del significato 

Si può notare un contrasto tra campi semantici: nuvola, falcoalto rimandano a un’ idea di leggerezza, di etereo, mentre cavallo, incartocciarsi della foglia rimandano a un qualcosa legato alla terra. Per illustrare il male di vivere sono proposti esempi concreti. Infatti il poeta utilizza elementi del paesaggio, alcuni legati alla natura, come simboli che da una parte rivelano il male di vivere (il rivo strozzato, la foglia riarsa, il cavallo stramazzato) dall’altra l’indifferenza come rimedio al male (la statua, la nuvola, il falco). 

Per divina indifferenza si intende il distacco, l’imperturbabilità, l’atarassia.


Figure retoriche 

Spesso il male di vivere ho incontrato = anastrofe che serve per introdurre già al primo verso il soggetto della questione ponendolo in una posizione di rilievo.  

Nella prima strofa è presente l’allitterazione della “r”, suono aspro che si trova soprattutto nelle parole che rimandano a immagini che esemplificano il male di vivere (rivo strozzato, riarsa, stramazzato). 

 “era il rivo… era l’incartocciarsi..”  = anafora che conferisce alla poesia quasi un andamento ritmico, lento e scandito. 


ANALISI DEL TESTO
Il “correlativo oggettivo”: Il testo può essere additato come esemplare del “correlativo oggettivo” montaliano, ossia del rapporto che la parola stabilisce con gli oggetti da essa nominati. Il primo verso introduce un movimento che va dal soggetto alla realtà, dall’astratto al concreto. Il male di vivere: Il poeta, che interviene in prima persona, esprime il motivo di una tipica condizione esistenziale, il «male di vivere», ma usa un verbo («ho incontrato») che materializza il concetto, presentandolo quasi come una presenza reale e fisicamente tangibile. Il «male di vivere» non viene evocato attraverso forme o complementi di paragone, in un senso metaforico e analogico, ma si identifica direttamente («era») con le cose che lo rappresentano, emblemi nei quali si incarnano e si rivelano il dolore e la sofferenza: «il rivo strozzato che gorgoglia», «l’incartocciarsi della foglia / riarsa», «il cavallo stramazzato». Le realtà che lo rivelano e le allitterazioni: Il malessere esistenziale del poeta prende corpo nella realtà, che ne riproduce concretamente le espressioni, attraverso immagini di tormento affannoso, di un’arsura che si sgretola, di un accasciamento pesante e mortale, rese più sensibili dal gioco delle allitterazioni e delle corrispondenze foniche («strozzato» / «stramazzato», con ulteriore rima interna, come sbocco e destinazione semanticamente “forte” di «ho incontrato»; le allitterazioni delle liquide r e 1, spesso unite ad altra consonante, a renderne più faticosa la pronuncia, oppure precedute dalle vocali e ed a, come in «era», «incartocciarsi», «riarsa»). L’ “indifferenza” stoica: In opposizione al «male di vivere » che si manifesta negli aspetti più comuni della natura, non vi può essere per Montale altro «bene» che l’atteggiamento di stoico distacco e di « indifferenza » assunto dalla divinità di fronte alla miseria del mondo. Ai tre emblemi del «male » si contrappongono così nella seconda strofa, con studiato parallelismo, tre correlativi oggettivi di questa specie di «bene»: la statua, la nuvola e il falco. La tripartizione, ora, non è più scandita dalla triplice anafora di «era» (il verbo compare solo una volta, al v. 7), ma viene nettamente scandita dalle virgole e dal polisindeto («e … e … »). Ricompare anche, ai vv. 6-7, la forma dell’enjambement, «sonnolenza / del meriggio» (ai vv. 3-4 «foglia / riarsa»). A segnare la contrapposizione tra le due terne di immagini, la rima «levato» del v. 8, che indica un movimento dal basso verso l’alto, è antitetica rispetto a quella dell’ultimo verso della strofa precedente, «stramazzato», che indica un movimento dall’alto verso il basso.