Siddharta Herman Hesse

Siddharta Herman Hesse

traduzione di Massimo Mila

Adelphi Editore
1992 – Milanostampa S.p.A.- Farigliano (CN)

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ALLE SOGLIE DEL TESTO:

  • Sulla copertina c’è un immagine raffigurante un monaco buddista voltato verso un muro, bucato da una finestra, al di là della quale si vede la sua immagine riflessa. Può aiutarci a capire il contenuto del romanzo in quanto il monaco è sicuramente orientale e buddista e forse vuole rappresentare proprio lo stesso Siddharta.
  • Il romanzo è preceduto da un’introduzione del traduttore, Massimo Mila, in cui ci spiega un po’ il buddismo, i vari gradi sacerdotali, la sua filosofia.
  • Il romanzo è diviso in due parti.
  • Il romanzo è diviso in 12 capitoli, 4 nella prima parte e 8 nella seconda
  • I capitoli hanno una lunghezza pressoché uguale sono preceduti da un titoletto che riporta il nucleo nella vicenda narrata in quel capitolo.

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LA COSTRUZIONE DEL TESTO:

a) IL LIVELLO DELLA STORIA

TEMPO
Il racconto è ambientato intorno al VI° secolo dopo cristo, negli anni in cui visse Siddharta Gotama, il Buddha, colui che ricevuta l’illuminazione sentì il bisogno di predicarla agli altri. Nel testo, infatti, vediamo il Buddha mentre predica la sua dottrina al popolo e anche a Govinda, che si convertirà alla sua religione.

SPAZIO
Nel testo non compare nessuna indicazione relativa ai luoghi in cui viveva Siddharta, ma probabilmente il racconto è ambientato in India, sotto la religione induista.

PERSONAGGI PRINCIPALI

Siddharta
E’ un figlio di un Brahmino; lo vediamo giovane, un ragazzo all’inizio del racconto, un vecchio alla fine. L’autore non fornisce molte indicazione relative al fisico del protagonista, mentre da largo spazio alle descrizioni dei modi di pensare, alla sua filosofia, al perchè delle sue scelte. Sappiamo che è molto amico di Govinda, anche lui figlio di un Brahmino, col quale Siddharta giocava e pregava, nella speranza di raggiungere il Nirvana:
“Nell’ombra della casa, sulle rive soleggiate del fiume presso le barche, nell’ombra del bosco di Sal, all’ombra del fico crebbe Siddharta, il bel figlio del Brahmino, il giovane falco, insieme all’amico suo, Govinda, anch’egli figlio di Brahmino.” Siddharta crebbe e decise di lasciare la sua famiglia, su padre e sua madre, per raggiungere un gruppo di Samana, da cui avrebbe imparato molte cose su come raggiungere il Nirvana; anche il suo amico Govinda lasciò tutto e lo seguì, anche se questo gli costò non pochi sacrifici:
A sera, dopo l’ora dell’osservazione, Siddharta comunicò a Govinda: “Domani mattina per tempo, amico mio, Siddharta andrà dai Samana. Diventerà un Samana anche lui.” A queste parole Govinda impallidì e nel volto immobile dell’amico lesse la decisione, inarrestabile come la saetta scagliata dall’arco. Subito, al primo sguardo Govinda si rese conto: ora comincia, ora trova Siddharta la sua via, ora comincia il suo destino a germogliare, e con il suo il mio. E divenne pallido come una buccia di banana secca. (…) Quando alle luci del giorno, lentamente, con gambe indolenzite, lasciò la città ancora silenziosa, un’ombra, ch’era accucciata verso l’ultima capanna si levò e s’unì al pellegrino: Govinda.
“Sei venuto” disse Siddharta e sorrise.
“Sono venuto” disse Govinda.
Ben presto si accorse, però, che le preghiere e le dottrine impartitegli da Samana erano molto giuste, ma non servivano a raggiungere il Nirvana. Così disse a Govinda che aveva deciso di lasciare i Samana. Arrivò voce che un certo Gotama, detto il Buddha, l’illuminato, fosse lì vicino e predicasse le sue dottrine a tutti. Siddharta, che ormai non credeva più alle dottrine, disse a Govinda, volenteroso di andarvi che l’avrebbe accompagnato, solo per sentire la sua dottrina come un estraneo. Andò e ascoltò la sua dottrina; ma questo non riuscì a smuovere il suo modo di pensare. Secondo lui il Buddha era veramente un santo, colui che aveva raggiunto il Nirvana, ma non per mezzo di dottrine o parole degli uomini, ma grazie ad una sua concentrazione personale. Govinda, però , decise di rimanere con Gotama di diventare suo monaco: decisione molto sofferta perchè da quel momento si sarebbero lasciati. Espose le sue critiche a Gotama, ma il vederlo muoversi e parlare e fare tutto con estrema grazia e calma lo convinse ancora di più dell’inutilità delle dottrine. Se neanche la dottrina di questo santo l’aveva convinto, allora nessuna dottrina lo convincerà mai!
(DISCORSO TRA SIDDHARTA E GOTAMA)
(Siddharta) “Tu hai trovato la liberazione dalla morte. Essa è venuta a te attraverso la tua ricchezza, ti è venuta incontro sulla tua stessa strada, attraverso il tuo pensiero, la concentrazione, la conoscenza la rivelazione. Non ti è venuta attraverso la dottrina! E – tale è il mio pensiero o sublime – nessuno perverrà mai alla liberazione attraverso la dottrina!”
“Nessuna dottrina mi sedurrà mai più, poichè non m’ha sedotto la dottrina di quest’uomo. Il Buddha m’ha derubato, pensava Siddharta, m’ha derubato del mio amico, di colui che credeva in me e che ora crede in lui, che era la mia ombra e che ora è l’ombra di Gotama. Mi ha donato Siddharta, mi ha fatto dono di me stesso. ”
Siddharta, una volta lasciato il suo amico Govinda, arrivò presso un fiume, stette una notte presso il traghettatore che l’aveva portato al di qua del fiume, ma più di tutto questo scoprì una nuova vita. Guardava gli animali, le piante il mondo e scopriva com’era bello, e lui non se ne era accorto, a causa della chiusa vita di un Brahmino. Vide tutto questo e se ne innamorò, cominciò a scoprire il mondo, e con lui, se stesso. Arrivò alla città, dove vide la bella Kamala, trasportata su di una portantina, andare nel suo bosco. Lui non ruiscì a resistere a tanta bellezza e il secondo giorno andò a trovarla, per farsi insegnare l’amore. Kamala rispose che i suoi “studenti” dovevano essere ricchi, vestirsi bene e avere i capelli profumati. Così Siddharta, anche grazie al suo aiuto, riuscì a trovare un lavoro presso Kamaswami, un ricco mercante e riuscì a farsi trattare come un suo simile. Divenne ricco, si vestì bene ed ebbe i capelli profumati: poteva andare da Kamala. Presto iniziò ad assumere un po’ di abitudini tipiche degli “uomini-bambino”, come li definiva lui. Giocava d’azzardo, beveva e iniziava a perdere le abitudini tipiche di una Samana: digiunare, pensare, aspettare. Si era imbevuto di Samsara. Così, dopo parecchi anni (era diventato vecchio) dopo l’ultimo incontro con Kamala ebbe un sogno di un uccellino che prima cantava felice nella sua gabbia, ma un giorno smise di cantare, e Siddharta, aprendo la gabbia, scoprì che era morto. Corse via, verso il fiume del traghettatore e si buttò dentro: voleva suicidarsi. Ma mentre sprofondava, sentì una voce, del fiume, ripetergli l’Om. Da quel momento capì che aveva sbagliato e tornò in superficie si addormentò di un sonno come non ne faceva da tempo, un sonno ristoratore. Al suo risveglio trovò vicino Govinda, vestito da monaco di Buddha, che non l’aveva riconosciuto subito, ma che era molto meravigliato di vedere Siddharta vestito così bene, da ricco. Poi si salutarono: Govinda riprese la sua strada, Siddharta rimase lì ancora un po’ shockato:
“Il mondo l’aveva assorbito, il piacere, l’avidità, la pigrizia e infine anche quel peccato ch’egli aveva sempre disprezzato e deriso come il più stolto di tutti: l’avarizia.”
“Con profonda stanchezza staccò il braccio dal tronco dell’albero e si volse un poco per lasciarsi cadere a fondo, per essere sommerso definitivamente. Affondava a occhi chiusi incontro alla morte.
Ed ecco dai riposti ricettacoli della sua anima, dalle remote lontananze della sua vita affaticata, palpitò un suono. Era una parola, una sillaba, ch’egli pronunciava senza rendersene conto, con voce cantilenante, l’antica parola con cui hanno inizio e fine tutte le preghiere de Brahmini, il sacro Om, che equivale a “perfezione” o “il perfetto”.
Andò alla ricerca del traghettatore e gli disse che aveva sentito la voce del fiume e gli chiese se poteva star con lui. Con lui imparò a costruire barche, a traghettare persone e ad ascoltare la voce del fiume. Arrivò la notizia che Gotama era in punto di morte e molti monaci e fedeli vollero attraversare il fiume. Tra queste c’era anche Kamala, con il figlio avuto dall’ultimo incontro con Siddharta. La donna morì perchè morsa da un serpente, e Siddharta potè stare da solo con il figlio. Fu un rapporto molto travagliato, in quanto il figlio non riconosceva il padre e non lo apprezzava, mentre Siddharta cercava di aiutarlo con pazienza e amore, senza usare metodi bruschi. Questo suo modo di amare di suo figlio è stato molto negativo, e credo lo si ancora. Non dico che bisogna usare la violenza con i propri figli, ma una sonora sgridata e uno scapaccione qualche volta servono. E sarebbero veramente serviti a far cambiare il figlio, che scappò via, provocando un vero dolore per il padre. Siddharta col passare del tempo si accorse che il traghettatore e il fiume erano una persona sola, erano un santo, erano l’Eterno. Così il Vesudeva si dileguò e sparì. Anche Govinda arrivò al fiume e volle attraversarlo. Chiese a Siddharta, che ancora una volta non aveva riconosciuto, di traghettarlo. Siddharta allora si fece riconoscere e lo pregò di passare la notte con lui. Gli raccontò della sua vita e di come avesse imparato tutto senza maestri, ma soprattutto da Vasudeva dal fiume. Espose poi anche un suo piccolo pensiero, un sua “dottrina” a Govinda, il cui centro era: di ogni verità anche il contrario è vero e che non esistono uomini tutti santi e tutti peccatori. Govinda allora chiese un consigli per trovare la liberazione e Siddharta gli disse di baciargli la fronte. In quel momento Siddharta trovo la liberazione, il Nirvana e Govinda s’inchino a lui.

Govinda
E’ l’amico più fidato di Siddharta, colui col quale giocava e pregava fin da bambino, un suo discepolo successivamente. E’ sempre vissuto con Siddharta, anche se Govinda era il più sicuro dei due, quello che meno correva rischi, il più attento. Tutto questo fino al momento in cui decise di lasciarlo per diventare monaco di Gotama. Fu una decisione molto sofferta, in quanto era molto amico di Siddharta, ma si è lasciato sedurre dalle dottrine di Gotama, confermando di non aver capito in pieno ciò che Siddharta pensava sulle dottrine. O forse la pensava diversamente. Comunque credo abbia seguito Gotama convinto di trovare il Nirvana, perchè non era mai stato molto sè stesso in questi anni, ha sempre vissuto con Siddharta, con altra gente e il suo modo di pensare si confondeva con quello degli altri: così, quando ha sentito una dottrina così bella e perfetta, si è fatto sedurre. Una scelta però, sbagliata. Infatti non è riuscito a trovare il Nirvana, come tanti altri, convinti che le dottrine siano il pane della vita, il mezzo per raggiungere il Nirvana. Credo anche che Govinda abbia scelto la strada di Gotama perchè era la più semplice, la più facile, non puntava molto sulla singolarità della persona, quanto sulla globalità. Rincontra Siddharta due volte, e in entrambe non riesce a riconoscerlo in un primo momento. Nell’ultimo incontro capisce che Siddharta era riuscito a raggiungere il Nirvana; così capisce che lui ha fatto la scelta migliore e gli chiede di aiutarlo dicendogli qualche parola, insegnadogli come ha fatto, imaprtendogli qualche dottrina:
(COLLOQUIO TRA GOVINDA E SIDDHARTA SUI SAMANA)
“O Siddharta” esclamò ” te lo permetterà tuo padre?”
Ed ecco anche Govinda s’avanzò, il timido Govinda, e disse “Anch’io voglio rifugiarmi presso il Sublime e la sua dottrina” e pregò d’essere accolto nella comunità dei discepoli e fu accolto. (…) (GOVINDA CHIEDE A SIDDHARTA DI ENTRARE.) Siddharta posò la mano sulla spalla di Govinda:”Tu non hai badato al mio augurio e alla mia benedizione, Govinda. Telo ripeto: possa tu percorrere questa via fino in fondo! Possa tu trovare la liberazione!”
In questo istante Govinda capì che l’amico l’aveva abbandonato, e cominciò a piangere.
“Siddharta!” chiamò tra i singhiozzi.
Siddharta gli parlò benignamente:”Non dimenticare, Govinda, che ora appartieni ai Samana del Buddha! A patria e parenti hai rinunciato; hai rinunciato al tuo ceto e ai tuoi successi, alla tua personale volontà, e all’amicizia. Così vuole la dottrina, così vuole il Sublime. Così tu stesso ha voluto. Domani, o Govinda, ti lascerò”

Kamala – Vasudeva
Sono due personaggi-simbolo, per me, in questo racconto, opposti: per questo li ho messi vicini.
Kamala è stata l’inizio di quel giro che ha portato Siddharta al commercio, ai soldi, all’avarizia, al bere, quasi al suicidio. E’ una donna che non riesce ad amare, come Siddharta, in quanto amando tutti, non ama nessuno in particolare. E’ molto bella, la più bella di tutte, con uno sguardo che ti invoglia, che ti conquista. Però non è stata solo un personaggio negativo, ma è stata molto amata da Siddharta, con cui avrà anche un figlio.
Vasudeva, invece, è il personaggio opposto, è quello che è riuscito a riportare Siddharta “sulla buona strada”. Dopo il tentativo di suicidio, che è stata la fine della “prima parte” della sua vita, Siddharta va da lui, iniziando “la seconda parte”. Vasudeva ha una capacità straordinaria di ascoltare, e per questo Siddharta parlava spesso con lui. Scoprì poi che Vasudeva era un santo, era il fiume, era l’eterno. Si dissolse e andò a vivere nel bosco, nell’Unità. E’ colui che aiutò Siddharta a raggiungere il Nirvana.

RIASSUNTO DEL BRANO
Siddharta era il figlio di un Brahmino, la carica religiosa più alta dell’induismio. Viveva la sua infanzia con il padre, la madre e il suo amico Govinda. Con quest’ultimo pregava, faceva sacrifici e Govinda era sempre disposto a seguire Siddharta, come un discepolo. Anche quando decise di lasciare la madre e il padre, per andare con i Samana, un gruppo di induisti che insegnava come raggiungere l’illuminazione. Siddharta apprese così in fretta quegli esercizi che il suo amico Govinda credeva che un giorno sarebbe diventato un santo. Però capì che quella teoria dei Samana era sbagliata. Un giorno dopo tre anni di loro permanenza presso i Samana arrivò la voce di un certo Gotama, il Buddha, l’illuminato. Govinda, che prima era sembrato molto legato ai Samana, spinse Siddharta a lasciare i Samana, volontà già espressa da Siddharta e di andare a sentire le dottrine del Buddha. Siddharta acconsentì, anche se ormai era diventato diffidente dalle dottrine e non le credeva più capaci di portare un uomo al Nirvana. Andarono insieme e Govinda decise di rimanere lì, diventare monaco. I due si separarono e Siddharta ebbe un colloquio con Gotama, in cui gli spiegò i motivi del suo rifiuto alla sua predicazione, dicendogli che lui aveva ricevuto l’illuminazione, ma non per mezzo di dottrine e insegnamenti. Per questo Siddharta si mise alla ricerca di un’altra via per raggiungere l’illuminazione. Si diresse verso la città, sostando per una notte presso un traghettatore che portava le persone al di là del fiume. Arrivò in città e conobbe la bella Kamala, la più bella donne che insegnava l’arte dell’amore. Però Siddharta era troppo povero e malvestito per poter andare alla sua scuola, così, grazie all’aiuto di Kamala, diventò mercante presso Kamaswami, diventando molto ricco. Così potè assistere alle “lezioni” di Kamala. Si lasciò persuadere dal gioco, dal vino e smise di vivere come un Samana, aspettando, pensando, digiunando. Così scappò via (ma dall’ultimo incontro con Kamala nacque un figlio) e fuggì via, verso il fiume dove aveva incontrato il pescatore. Si butto nel fiume, come se volesse suicidarsi, e stava per farlo se non avesse sentito la voce del fiume sussurragli la parola Om. Siddharta capì, allora, che aveva sbagliato, si distese sotto un albero e fece una belle dormita, come non ne faceva da tempo. Appena sveglio vide Govinda, vestito da monaco di Buddha, osservante le sue leggi e le sue dottrine. Govinda non riconobbe subito il suo amico d’infanzia, ma dopo insieme parlarono un poco, e poi ognuno andò per la sua strada, che non era molto ben chiara ad entrambi.
Siddharta ritrovò i veri valori e si sentì felice. Andò a trovare il traghettatore che l’aveva ospitato prima che andasse in città e si “rovinasse”; chiese di poter vivere con lui, imparando, come aveva fatto lui, dal fiume. Arrivò la notizia che Gotama, il Buddha, stava per morire e molte persone chiesero di varcare il fiume, per raggiungerlo; tra questi c’era anche Kamala, con il piccolo Siddharta. Kamala morì, morsa da un serpente e lasciò il figlio solo con due vecchi. Il rapporto tra il padre e il figlio fu molto teso e portò alla fuga del secondo e ad un grande dolore del primo. Siddharta poi scoprì che Vasudeva era un santo, era il fiume, era l’Eterno: svanì via e lo lasciò solo. Molte persone arrivavano per passare il fiume e tra loro c’era anche Govinda che, dopo aver riconosciuto Siddharta e passato la notte con lui, gli chiese delle spiegazioni, degli aiuti. Siddharta gli spiegò il suo pensiero e poi gli disse di baciargli la fronte: da quel momento Govinda ebbe un’illuminazione e Siddharta raggiunse il Nirvana.

b) IL LIVELLO DEL DISCORSO

IL TEMPO
La storia è narrata secondo l’ordine cronologico degli avvenimenti. Fabula e intreccio coincidono.

LO SPAZIO
La descrizione dello spazio ha un ruolo non molto importante in questo racconto. Anche se ogni tanto compaiono delle descrizione come per interrompere il discorso, queste non sono molto frequenti.

I PERSONAGGI
La descrizione dei personaggi è molto importante non tanto per l’aspetto fisico, di cui Hesse ci lascia solo qualche accenno, quanto all’aspetto del carattere, delle idee, dei cambiamenti soprattutto del personaggio centrale, Siddharta. Su questo aspetto Hesse punta molto perchè è impossibile capire il racconto e il suo messaggio, se non si capisce bene i cambiamenti e il modo di pensare di Siddharta.

LE SCELTE STILISTICO-ESPRESSIVE
Hesse usa una buona descrizione degli stati d’animo, con una buona aggettivazione e con molti paragono, esempi e similitudini. Ha un modo di scrivere un po’ complicato, molto formale nei dialoghi, un po’ strano agli occhi di un lettore moderno. La cosa che più mi ha colpito è quell’atmosfera di magia, di nascosto, di misterioso che il libro ti dà leggendolo; inoltre anche il modo così logico, quasi ovvio per cui tutte queste cose succedono secondo la logica orientale, non secondo la nostra; e Hesse è riuscito molto bene a farci capire la loro filosofia, di modo che anche noi possiamo accettare questa filosofia senza criticarla troppo.

I TEMI

  • Il racconto vuole stimolare il lettore sul tema della ricerca della felicità, della pace e dell’amore. Per questo anche sulla comprensione di che cos’è la felicità e qual è la strada per raggiungerla.
  • I temi dibattuti nel romanzo sono presentati dai personaggi, in particolar modo dal protagonista, Siddharta e dal suo compagno Govinda. Il narratore non entra mai in prima persona nella discussione dei temi, ma li presenta solo tramite approfondite descrizioni degli stati d’animo e delle idee del protagonista e dei personaggi a lui più vicini.
  • I temi dibattuti all’interno del romanzo sono ancora oggi attuali; sono molte le persone alla ricerca della felicità, e alcuni che, non riuscendo a trovarla, pongono fine ai loro travagli con la morte. Le soluzioni proposte dall’autore, però, non sono conformi al mio modo di pensare, in quanto propongono idee di altre religioni diverse dalla mia; inoltre non credo nel distacco dalla realtà delle cose materiali, che è il perno chiave della religione buddista. Credo che non bisogna soltanto pensare ad una vita dopo la morte, usando questa attuale come mezzo per raggiungere l’altra, ma bisogna viverla profondamente sfruttando tutte le occasioni, sbagliando, ma capendo i propri errori e correggendosi, senza mai lasciar perdere i principi e le leggi della Chiesa, per trovare la vera felicità adesso e anche in una vita futura.