SERVIO TULLIO

SERVIO TULLIO

SERVIO TULLIO


Il sesto re di Roma, secondo la tradizione regnò dal 578 a.C. al 535 a.C..
Servio, come attestato anche dal nome, era di umili origni; nacque infatti da una prigioniera di guerra ( che si racconta fosse stata nobile nella sua città ) ridotta a servire il focolare domestico del re Tarquinio Prisco.
Deve la sua fornuta a Tanaquil, che ne indovinò la futura grandezza e per questo gli diede in sposa la figlia ed alla morte del marito fece in modo che Servio gli succedesse come re di Roma. Infatti a delitto avvenuto, Tanaquil informò della congiura il popolo romano, ma gli nascose la morte del re, dicendo invece che il re era rimasto ferito e che nel frattempo Servio Tullio ne sarebbe stato il reggente. Solo quando la situazione si fu calmata e il popolo romano si era abituato alla figura regnante di Servio Tullio, Tanaquil comunicò la morte del marito; a questo punto al popolo parve naturale che Servio Tullio continuasse a regnare sulla città.
Fu l’autore della più importante modifica dell’esercito. Si rese conto infatti che per assicurare a Roma una forza militare sufficiente a mantenere le proprie conquiste, necessitava di un esercito più numeroso di quello che possedeva (un’unica legione di circa 3000 uomini, detto esercito romuleo).
Si impegnò quindi a favorire il reclutamento degli strati inferiori della società, a quel tempo esclusi. Per il patriziato fu un brutto colpo, perché si resero conto che così facendo avrebbero dovuto, prima o poi, dare, a quella che solo grazie a tale riforma prenderà a chiamarsi plebe, dei riconoscimenti politici.
Questo genere di contrasti rese i re etruschi piuttosto invisi alla dirigenza di Roma che vedeva minacciati i propri privilegi.
Roma continuò comunque la sua politica di espansione territoriale, questa volta a danno delle città etrusche di Veio, Cere e Tarquinia; dopo alterne vicende i romani ebbro la meglio su queste città e ingrandirono il loro territorio verso nord.
Servio Tullio modificò la tradizionale ripartizione in tribù del popolo romano , che non tenne più conto dell’origine delle genti, ma che considereva come criterio di appartenenza il luogo di residenza, ponendo di fatto le basi per l’omogenizzazione delle diverse genti che vivevano in città.
Vennerò così create quattro tribù urbane ( Suburana, Palatina, Esquilina, Collina ) e sedici tribù extra-urbane; in questo modo, oltre a omogenizzare i cittadini romani, si poteva anche valutare il patrimonio dei singoli cittadini e quindi fissarne il tributo, che questi dovevano versare alle casse dello stato, oltre che il censo, che ne determinava i diritti ed i doveri.
Servio Tullio fece costruire sull’Aventino il tempio Diana, che corrisponde alla dea greca Artemide, il cui tempio si trovava ad Efeso, trasferendo da Ariccia il culto latino di Diana Nemorensis. Come per i greci, per i quali il tempio di artedimide rappresentava una federazione di città, con il tempio di Diana, costruito intorno al 540 a.C., i romani miravano a porsi come centro politico e religiose delle popolazioni del Lazio e fors’anche dell’Etruria meridionale.
A Servio si ascrive anche la decisione di costruire il Tempio di Mater Matuta e il Tempio della Dea Fortuna, entrambi al Foro Boario.
Servio Tullio fu ucciso da Tarquinio il Superbo che ebbe come complice la seconda moglie Tullia Minore, figlia minore di Servio; si tramanda infatti che Tarquinio, dopo aver provocato il re, gettasse questo giù dalle scale della Regia; il sovrano, ferito ma non ancora morto, fu quindi finito dalla figlia che gli passò sopra con un carro trainato da cavalli, mentre cercava di scappare dal foro.
Secondo un’antica tradizione la figura di Servio Tullio si identifica con quella di Mastarna, alleato di Celio Vibenna (o Vivenna), entrambi condottieri etruschi impegnati in spedizioni di conquista in Etruria e nei territori circostanti, e rifugiatisi, al termine di alterne vicende belliche, sul Monte Celio a Roma. Mastarna avrebbe poi ottenuto il regno e cambiato il nome, assumendo quello di Servio Tullio. Questa versione dei fatti fu oggetto anche di un famoso discorso al Senato dell’imperatore etruscologo Claudio (riportato nelle tavole di bronzo di Lione).
Gli storici, al di là degli aspetti leggendari del racconto, non escludono che possa avere qualche fondamento di verità, e portano a sostegno di questa ipotesi anche i famosi affreschi della Tomba Francois di Vulci che rappresentano in modo sorprendentemente realistico questo ciclo di racconti epici.
Si può tuttavia giungere anche alla conclusione che il nome Mastarna (Macstrna) fosse soltanto il titolo con il quale Servio Tullio veniva chiamato in battaglia: non sarebbe impossibile infatti intravedere nella parola mastarna la radice di magister (“maestro”), cioè, in questo caso, magister maximus della legione romana.