SENOFONTE BIOGRAFIA
SENOFONTE BIOGRAFIA
Senofónte (gr. Ξενοϕῶν, lat. Xenŏphon). – Storico ateniese (430-354 a. C. circa), figlio di Grillo e di Pandora, e morto a Corinto, 355 a.C. circa, è stato uno storico e mercenario ateniese.
Fu scrittore poligrafo e del quale ci sono pervenute tutte le opere e complete, una circostanza che ha fatto di lui una delle fonti maggiori per la conoscenza dei suoi tempi. In particolare da lui, oltre che da Platone, provengono molte notizie riguardanti la vita e i detti di Socrate. È stato soprannominato da Suda “l’ape attica”, per la semplicità e la chiarezza della sua prosa.
Le date di nascita e di morte non sono note con certezza.Proveniva dal demos ateniese di Erchia, figlio di Grillo, un personaggio del quale nulla si può dire al di là di certe indirette supposizioni che lo farebbero rappresentante di una famiglia agiata, appartenente forse all’ordine dei cavalieri. Ciò appare probabile sia in virtù della dimestichezza di Senofonte con l’arte equestre, sia dalla militanza di questi, e dei suoi figli, nella cavalleria ateniese. L’agiatezza delle origini è comunque provata dalla buona educazione ricevuta, che lo vide allievo dei sofisti Prodico e Isocrate. In gioventù, poco più che ventenne, entrò anche in contatto con Socrate, di cui fu discepolo per almeno tre anni, un’esperienza che si rivelò determinante per la sua educazione. La sua Apologia di Socrate si discosta per certi versi da quella di Platone; questo ha dato luogo a molti dibattiti sulla figura storica di Socrate.Politicamente militò nei cavalieri, che influirono sulle sue scelte politiche conservatrici (di lui si diceva che fosse anche filospartano). Appoggiò sicuramente il regime dei Trenta Tiranni e, quando Trasibulo di Atene restaurò la democrazia, intuì l’esaurirsi della sua carriera politica e preferì abbandonare volontariamente Atene. Nella primavera del 401 a.C. lo troviamo infatti in Asia, prima ad Efeso e poi a Sardi, invitatovi dal tebano Prosseno, a cui era legato da antichi vincoli di ospitalità.Nel 401 a.C., sempre su invito di Prosseno, partecipò ad una spedizione di mercenari greci comandati da Clearco di Sparta e ingaggiati, dopo la fine dalla Guerra del Peloponneso, da Ciro il Giovane nel suo tentativo di sostituire sul trono di Persia il fratello maggiore imperatore Artaserse II di Persia.
Nella battaglia di Cunassa (3 settembre dello stesso anno) i greci riportarono la vittoria sul loro fronte, ma Ciro, spintosi troppo oltre nel tentativo di uccidere personalmente il fratello, trovò invece la morte. Clearco, invitato a negoziare con le forze di Artaserse, fu vittima, insieme agli altri strateghi greci, di un inganno ordito da Tissaferne, consigliere di Artaserse, nel quale furono sopraffatti ed uccisi tutti i comandanti greci, incluso Prosseno. Il contingente greco, che contava circa diecimila uomini (i famosi Diecimila), si trovò sbandato e disorientato, privo di ogni guida, in un territorio ostile, a migliaia di chilometri dalla patria. I soldati seppero però darsi dei buoni condottieri, tra i quali lo stesso Senofonte, e con un’epica marcia verso il nord attraverso l’Armenia, raggiunsero Trapezunte (Trebisonda), sul Mar Nero (allora Ponto Eusino). Di qui si imbarcarono per la Tracia, per poi tornare al luogo di concentramento di Tibron, nei pressi di Pergamo, a nord-ovest di Sardi (luogo di concentramento all’inizio dell’Anabasi) e infine raggiunsero la Grecia. Il racconto di questa impresa è contenuto nella più nota delle opere di Senofonte, l’Anabasi.Le conseguenze politiche della fallita spedizione di Ciro non si fecero attendere. Nel mutato quadro venutosi a determinare, Sparta decide un intervento contro Farnabazo in favore della città greche della Ionia. Della spedizione, guidata da Agesilao II, farà parte anche Senofonte, che già a Pergamo aveva consegnato i superstiti dei diecimila al generale spartano Tibrone, determinandone l’arruolamento nelle file spartane.
Nel 394, Senofonte partecipa probabilmente alla battaglia di Coronea, schierato con Sparta al seguito di Agesilao e contro la sua stessa città coinvolta nell’alleanza con Tebe.Per questo motivo, o forse per essere stato mercenario di Ciro, fu esiliato da Atene e privato di tutti i beni cittadini.
Nel 390 a.C. ottenne dagli Spartani una proprietà a Scillunte, una località dell’Elide, tra Sparta e Olimpia, dove trascorse un esilio all’incirca ventennale. La fattoria di Scillunte si rivelò un ritiro sereno e prolifico sia in senso letterale che letterario: fu in questo periodo che contrasse matrimonio con una donna di nome Filesia, dalla quale ebbe due figli, Diodoro e Grillo, che, sotto la guida di Agesilao, ricevettero l’agoghè (Άγωγή), l’educazione spartana. Negli stessi anni, probabilmente prima del 380 a.C., redasse e pubblicò l’Anabasi.
Nella sua fattoria, lontano dalle piccole ambizioni politiche, si dedicò interamente alla coltivazione, al culto degli dei e dell’ospitalità e, nei dintorni ricchi di selvaggina, alle amate arti venatorie ed equestri.
Ma questa parentesi appagata e agiata cessò bruscamente dopo la sconfitta che gli Spartani subirono nel 371 nella battaglia di Leuttra ad opera di Epaminonda: Scillunte fu conquistata dagli Elei e Senofonte fu costretto a riparare con la famiglia in vari luoghi finché, resosi conto dell’irrimediabile perdita dei beni, rinunciò ad ogni perorazione e decise di stabilirsi a Corinto.Fu allora che, dopo molti anni di lontananza, giunse una schiarita nei rapporti con la sua città d’origine, a cui non fu estraneo il migliorato quadro dei rapporti tra Sparta e Atene: fu infatti intorno al 368 (o 367) che, su proposta di Eubulo, Senofonte vide annullarsi il provvedimento di bando e confisca. A questo fece seguito il riconoscimento della cittadinanza ateniese per i figli e l’assegnazione di un risarcimento per i danni subiti a seguito del provvedimento di esilio. In questi stessi anni è probabile che facesse temporaneo ritorno in patria.Trascorse gli ultimi anni a Corinto, fino alla morte che sopraggiunse all’incirca nel 355 a.C., o poco dopo. Secondo altre fonti la morte sarebbe invece sopraggiunta ad Atene.È già stato ricordato, riguardo alla sua prosa, il giudizio positivo tramandato dal lessico di Suda. In effetti Senofonte ha goduto, dall’antichità fino ai tempi moderni, di unanime apprezzamento per la peculiare sobrietà e chiarezza della prosa, frutto non solo di un istintivo senso della misura e del bello ma anche di un’intenzionale e studiata ricerca della semplicità nella costruzione della frase; caratteristiche queste che hanno fatto di lui un vero e proprio modello di stile per oratori e prosatori di epoche successive.
Quale naturale conseguenza delle sue vicende e delle sue frequentazioni, la lingua usata da Senofonte si caratterizza per l’accoglimento di elementi e costrutti provenienti dai più diversi ambiti dialettali e letterari del mondo greco: così vi si riconoscono in particolare gli influssi dalla prosa scritta ionica, anche di carattere tecnico (e quindi del corrispondente dialetto) ma anche elementi linguistici estranei alla prosa attica e ionica o addirittura provenienti del registro linguistico parlato.
Tutto questo fa sì che la sua lingua non può essere ascritta ad una sfera di purezza dialettale attica (almeno nel senso dei fraintendimenti atticistici) ma, nella nostra ottica, debba essere considerata un’anticipatrice di fenomeni linguistici che porteranno alla formazione della koinè, la lingua comune dell’epoca ellenistica.
Questa contaminazione linguistica non ha impedito il sorgere di un equivoco atticista, che ha voluto vedere, nella sua lingua, un modello di quella presunta purezza linguistica attribuita al dialetto attico: un equivoco provvidenziale al quale, probabilmente, sono dovute la trasmissione e la conoscenza moderna delle sue opere.