SENILITA ITALO SVEVO

SENILITA ITALO SVEVO

la vita:

Aron Hector Schmitz (Italo Svevo è uno pseudonimo letterario) nacque a Trieste il 19 dicembre 1861, da un’agiata famiglia borghese. Gli studi del ragazzo furono indirizzati dal padre verso la carriera commerciale. Nel 1873 fu mandato in collegio in Germania dove studiò materie utili per quel tipo di attività. Nel 1878 ritornò a Trieste e si iscrisse all’Istituto Superiore per il Commercio frequentandolo per due anni. Essendo però la sua aspirazione quella di divenire scrittore cominciò a comporre testi drammatici. Nel 1880, in seguito ad un investimento industriale sbagliato, il padre fallì: Svevo conobbe così l’esperienza della declassazione, passando dall’agio borghese ad una condizione di ristrettezza e fu quindi costretto a cercar lavoro e si impiegò presso la banca Union di Vienna in cui rimase per diciannove anni. Il lavoro impiegatizio era però per lui opprimente e quindi cercava un’evasione nella letteratura, frequentando assiduamente la biblioteca civica, leggendo i classici italiani e i grandi narratori francesi dell’ottocento. Intorno al 1886 si dedicò alle prime prove narrative, scrivendo alcune novelle e progettando il suo primo romanzo: Una vita, pubblicato nel 1892.

Nel 1895 morì la madre, a cui lo scrittore era molto legato. Al suo capezzale incontrò una cugina con la quale si fidanzò; e nel 1896 la sposò.

Il matrimonio cambiò la sua vita in quanto ora era finalmente riuscito a raggiungere la figura virile del pater-familias, sereno e pacato dominatore del suo mondo domestico; inoltre cambiò anche la sua condizione sociale in quanto lasciò la vita di bancario ed entrò nella ditta dei suoceri, facoltosi industriali, proprietari di una fabbrica di vernici antiruggine per navi ben inserita nel mercato internazionale.

Divenuto uomo d’affari e dirigente industriale, lasciò l’attività letteraria (alla decisione contribuì sicuramente l’insuccesso del suo secondo romanzo, Senilità, uscito nel 1898). In realtà il proposito di abbandonare la scrittura letteraria non fu da lui osservato con rigore, perché continuò a scrivere diari, lettere…ed inoltre alcuni racconti e drammi. Dunque gli interessi letterari erano solo in attesa di una svolta decisiva; a questo contribuirono due importanti eventi accadutigli tra l’ingresso nella vita di industriale e lo scoppio della guerra: il primo fu l’incontro con Joyce, dal quale ricevette lezioni di inglese ma soprattutto apprezzamenti per i suoi scritti e l’incoraggiamento a proseguire. Il secondo fu l’incontro con la psicanalisi tra il 1908 e il 1910.

La vera spinta a ricominciare venne però dalla guerra: poiché la fabbrica fu requisita per ordine delle autorità austriache, Svevo si trovò libero da ogni incombenza e poté quindi riprendere la sua attività intellettuale. Sotto questa spinta nel 1919 pose mano al terzo romanzo, La coscienza di Zeno, pubblicato nel 1923, romanzo che come al solito non destò alcun clamore; esasperato Svevo mandò il romanzo all’amico Joyce che, riconosciutone il valore, si adoperò per imporlo all’attenzione degli intellettuali europei.

La fama europea di Svevo fu consacrata nel 1928 da un convegno del Pen club, dove lo scrittore fu festeggiato da un folto gruppo di intellettuali. IL riconoscimento fu per lui uno stimolo che gli permise di iniziare un quarto romanzo, alcuni altri racconti e scene teatrali. L’ 11 settembre 1928 ebbe però un incidente d’auto e il 13 settembre dello stesso anno morì.

“Senilità”

Il protagonista di questo romanzo è Emilio Brentani, trentacinquenne, precocemente invecchiato e tormentato dal rimpianto di una vita passata ormai inutilmente. Assieme alla sorella Amalia, anch’essa consuntasi nel grigiore e nella solitudine, vive con lo stipendio di un modesto impiego presso una società d’assicurazioni. Egli però, tempo prima, ha pubblicato un romanzo, che non ha avuto successo, ma che tuttora gli permette di godere, tra i conoscenti, di una piccola fama di letterato. Fama che gli fa maggiormente sentire tutta l’amarezza della sua vita, a causa dell’ironia e della delusione che i suoi sogni, splendidi ma irrealizzati, hanno comportato. E’ con la consapevolezza di questo fallimento, che Emilio decide di intraprendere l’avventura d’amore con Angiolina, una splendida e volubile “figlia del popolo”, esuberante e piena di vita. Ma Emilio non riesce a mantenere l’avventura entro binari normali; ne è anzi coinvolto oltre ogni previsione: la scoperta delle menzogne e dei tradimenti di Angiolina, anziché allontanarlo, lo legano a lei sempre più profondamente, mediante l’insensato tormento di una gelosia, che date le premesse, è del tutto fuori posto. Quest’avventura non sconvolge soltanto la vita di Emilio, ma ha ovvie ripercussioni anche su quella della sorella. Amalia, rassegnata al grigiore di una vita, che fino a poco prima condivideva con Emilio, è costretta a rivederla tutta. Emilio ora non ha più bisogno di lei. Amalia non ha mai pensato all’amore, ma ora, dietro l’esempio del fratello, capisce che quella è una porta che essa ha chiuso troppo presto e troppo avventatamente. Ella s’innamora nientemeno che del Balli, pittore amico di Emilio, di modeste doti artistiche, ma, data la sua prestanza fisica, di grande successo con le donne. Questo è un amore segreto, sofferto nel silenzio e nei deliri notturni. E’ da uno di questi deliri che Emilio apprende la verità e così compie la mossa che porterà Amalia alla morte: prega l’amico Balli di non frequentare più la sua casa e lui saputane la ragione, è più che d’accordo. Amalia, vistasi scoperta e respinta in maniera offensiva, per dimenticare ricorre all’etere profumato, deperisce sempre più, finché colpita da polmonite, s’aggrava notevolmente. Emilio richiama il Balli e i due uomini, aiutati da una vicina, assistono la moribonda, che però non supera la malattia e muore. Il ruolo del Balli nel romanzo non è solo questo. Egli, data la sua esperienza, ha anche quello di consigliere di Emilio nei suoi rapporti con Angiolina, con il prevedibile risultato che Angiolina finisce per concedersi anche al Balli, senza che costui in verità abbia fatto nulla d’intenzionale per tradire l’amico. Ad ogni modo la morte di Amalia porta tutta la vicenda alla conclusione. Emilio trova definitivamente la forza di lasciare Angiolina e, ritornato alla vita grigia d’un tempo, conserva il ricordo di due persone che sono state importantissime per la sua vita, Amalia (che rappresenta la malattia) e Angiolina (che raffigura la salute).

“Note critiche”

Il romanzo si concentra quasi esclusivamente sui quattro personaggi principali e, a differenza del primo romanzo, i problemi di natura sociale non sono più affrontati direttamente; di conseguenza i fattori esterni hanno poco rilievo in Senilità. Ciò non significa però che Svevo ignori i problemi sociali e storici, ma semplicemente vi arriva in maniera indiretta. Infatti i personaggi pensano, sentono, e si comportano in un certo modo perché vivono in un preciso contesto sociale e storico. I processi storici e sociali vissuti dai protagonisti diventano processi psicologici e Svevo, analizzando i secondi, coglie anche i primi ma senza farli oggetto diretto di rappresentazione.

Emilio Brentani è un piccolo borghese ma anche un intellettuale in quanto ha scritto un romanzo in gioventù, ed è intriso di letteratura, tanto da interpretare il reale attraverso schemi letterari.

Dal punto di vista psicologico è un debole che ha paura della realtà e si chiude in un suo sistema protettivo; nonostante ciò ha un desiderio di piaceri e godimenti che, ai suoi occhi, prendono le sembianze di Angiolina. Ma proprio la relazione che ha con la donna fa affiorare la paura di Emilio di affrontare la realtà: nonostante il suo proposito di godere di un’avventura facile e breve, ha paura della donna e del sesso e quindi sostituisce nei suoi pensieri la donna carnale ad una donna ideale, angelica e purissima. Questi sono aspetti tipici di un intellettuale borghese dell’ottocento, che vuole sembrare virile ed energico sfruttando la letteratura, ma che in effetti  ha paura della realtà.

Proprio questa impotenza psicologica fa avvicinare il Brentani al Balli, uomo virile, forte e sicuro di se. In effetti anche il Balli è debole, solo che il Brentani rappresenta il chiudersi vittimistico, mentre il Balli rappresenta il tentativo di rovesciare l’impotenza in onnipotenza.

Inoltre, il fatto che Emilio filtri la realtà attraverso schemi letterari, permette a Svevo di presentare in chiave critica la degradazione che i grandi temi culturali del tempo subiscono, nell’assimilazione da parte dell’intellettuale piccolo borghese e provinciale (Emilio si comporta secondo schemi imposti dalla società e dalla cultura, ma, in effetti, la sua mole e la sua psiche sono totalmente diverse da come lui vuole apparire). 

Ciò che l’analisi di Svevo mette in luce è che i principi filosofici e politici professati da Emilio, sono solo maschere che il personaggio indossa per occultare ai propri stessi occhi la propria debolezza. Così in Emilio lo scrittore rappresenta tutta la miseria di un ceto sociale in crisi, che non sa guardare in faccia la realtà.

Il fatto che il romanzo sia costruito sulla coscienza falsa, e quindi inattendibile di Emilio, da a Svevo l’opportunità di denunciare  questa inattendibilità in tre modi: primo, con commenti e giudizi, secchi e taglienti, da parte del narratore; secondo, attraverso l’ironia oggettiva che non è presentata con interventi del narratore ma semplicemente con azioni del personaggio, atteggiamento del quale si scontra in maniera ridicola con la vera personalità dello stesso; terzo, la semplice registrazione del linguaggio del personaggio: Emilio ha un linguaggio che è chiaramente stereotipato dal mondo a lui comune e dalla cultura da lui assimilata, ma che è estraneo alla sua persona. Quindi Svevo fornisce in realtà l’anatomia critica lucidissima di una mentalità e di una cultura in un dato momento storico, dei suoi stereotipi concettuali,letterari, linguistici. 

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