SCUOLA BIOGRAFIA GIOVANNI BOCCACCIO
SCUOLA BIOGRAFIA GIOVANNI BOCCACCIO
Giovanni Boccaccio nasce in realtà in Toscana, probabilmente a Certaldo (anche se più volte è stata avanzata l’ipotesi dei suoi natali a Firenze) nel 1313, da padre mercante Boccaccino da Chellino, e da madre, si ipotizza di origini umili. Sicuramente nasce fuori dal matrimonio. Il padre si sposa con Margherita da Mardoli nel 1319 e un anno dopo nasce il fratellastro Francesco – il matrimonio con Margherita non è probabilmente sentito positivamente dal piccolo Boccaccio, tanto che alcuni critici ne derivano un rapporto rancoroso con il padre.
Il giovane inizia fin dall’età di sei anni ad apprendere il leggere e lo scrivere, dimostrandosi incline a questa attività, nell’adolescenza Boccaccio studia la letteratura classica, ma soprattutto quella latina, tralasciando di più quella greca, Boccaccio non ebbe un vero e proprio maestro che gli insegnò la letteratura, ma sì formò da solo, grazie alla sua immensa voglia di studiare e di sapere, questo però, gli creò qualche scompenso, infatti non ebbe una formazione letteraria completa. Il padre cerca invano di deviare questa inclinazione letteraria verso la mercatura. Mentre Boccaccio iniziava a far progressi e ad appropriarsi della lingua latina, il padre, deciso per il futuro del figlio, lo mandò a Napoli perché seguisse l’apprendistato bancario presso il banco dei Bardi.
Andrea del Castagno, Giovanni Boccaccio, Ciclo degli uomini e donne illustri, Firenze, Galleria degli Uffizi, 1448–1451
A Napoli, nel 1327, Boccaccio inizia il suo apprendistato presso la succursale della Compagnia dei Bardi, senza però alcun successo in questo ambito. Dopo circa sei anni di fallimenti, nel 1331 infatti, all’età di diciott’anni, il padre decide di ripiegare sul diritto canonico, nella speranza che il figlio possa imparare una professione. Anche gli studi di diritto canonico non hanno buon esito. In questo periodo napoletano egli vive con i nobili nella corte di Napoli, caratterizzata da sfarzi e ricchezze, e vede in essi l’incarnazione dei valori e degli ideali cortesi.
Boccaccio nel De genealogiis osserverà che le imposizioni del padre gli hanno impedito di divenire un miglior poeta e scrittore, in quanto l’hanno obbligato ad imparare un mestiere a lui odioso. Il periodo napoletano si conclude improvvisamente nel 1340 quando il padre lo richiama a Firenze per un forte tracollo economico a causa del fallimento di alcune banche in cui aveva fatto numerosi investimenti.[3]. Il padre morirà durante la peste nel 1348.
Trascorsi questi dodici anni nel tentativo di imparare un mestiere, Boccaccio può finalmente dedicarsi agli studi letterari sotto la guida di alcuni tra i più autorevoli eruditi del tempo, come il bibliotecario e mitologo Paolo da Perugia, l’astronomoAndalò del Negro e i diversi intellettuali della corte angioina.
In questo periodo Boccaccio esprime rimpianto per la vita di corte a Napoli nel romanzo in prosa Elegia di Madonna Fiammetta e compone opere, come l’Amorosa visione e il Ninfale fiesolano, legate alla tradizione fiorentina. Boccaccio vede Napoli “lieta, pacifica, abbondevole, magnifica”, invece Firenze gli appare “triste e grigia, noisa” con quella gente superba e avara che “bada solo a se stessa”.