Rosso Malpelo Sequenza

Rosso Malpelo Sequenza

Schema strutturale della novella

 

La novella è divisa in otto sequenze ognuna delle quali assolve ad una funzione precisa nel delineare l’analisi della situazione esistenziale ed il dramma del protagonista. Ecco gli elementi caratterizzanti di queste otto sequenze.

 

1) Il perché del nome Malpelo- Ritratto fisiognomico – Emarginazione e isolamento in famiglia e nella cava-adattamento di Malpelo alla sua condizione. 

2)  Il padre Mastro Misciu e la sua tragica morte accanto al figlio- le drammatiche reazioni di Malpelo al crollo in miniera- il suo disperato scavare con le mani… 

3)   Trasformazione del carattere di Malpelo dopo la disgrazia – foga nel lavoro – incupirsi del suo carattere-crudeltà verso i giovani compagni di fatica- 

4)  Il personaggio di Ranocchio – duplice atteggiamento di Malpelo nei suoi confronti – disadattamento di Ranocchio al lavoro nella cava – Malpelo lo aiuta e si dimostra più forte di lui, più adatto a quel tipo di vita terribile in  miniera ). 

5)  Rievocazione dolorosa. Ritrovamento del cadavere di Mastro Misciu – nuovo trauma del protagonista – gli abiti, le scarpe e gli attrezzi del padre sono usati da Malpelo, che si riappropria definitivamente dell’identità del padre. 

6)    L’asino grigio è buttato nella sciara – Malpelo e Ranocchio vanno ad osservare i suoi resti spolpati – la legge materialistica del vivere è riaffermata – la morte come unica possibilità di sottrarsi alla sofferenza-pessimismo integrale di Rosso Malpelo. 

7)  Malattia e morte di Ranocchio – Malpelo gli sta accanto e si augura una sua breve sofferenza.

8)   La morte in miniera di Malpelo – come quella del padre – il suo fantasma riappare talvolta nella cava con la stessa fisionomia terribile di quello del padre.

Il protagonista della novella è Rosso Malpelo,un cavatore di sabbia , che trascorre la sua misera vita in miniera, nel ricordo  della tragica scomparsa del padre, avvenuta a causa di un crollo nello stesso luogo dove è lui  impegnato.
I temi e l’ambientazione della novella sono in stretto rapporto con le pagine dedicate a “Il lavoro dei fanciulli nelle zolfare siciliane” nell’inchiesta “La Sicilia del 1876” di L.Franchetti e S.Sonnino.
La novella fu pubblicata in un opuscolo nel 1880 con il sopratitolo di “scene popolari” in una collana periodica della rassegna delle Società Operaie di Mutuo Soccorso.

PRIMA SEQUENZA

 

“Malpelo di chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di riuscire un fior di birbone….”

 

I “perchè” inseriti dal narratore non si spiegano con un vero e proprio nesso di causa ed effetto. E’ solo la mentalità popolare che ,in modo superstizioso , associa alla capigliatura rossa alcune caratteristiche negative del carattere. Verga annota puntualmente questa espressione , che riflette il punto di vista popolare. E’ la tecnica del discorso indiretto libero, che caratterizzerà “Vita dei campi” ed “I Malavoglia”.

In base ad essa l’autore italianizza  frasi del gergo popolare, proverbi, modi di dire che riproducono fedelmente la mentalità del gruppo di parlanti in cui è ambientata la novella.

Il racconto si sviluppa in terza persona ( quindi non è discorso diretto ), ma sfrutta liberamente una parlata anonima , che si può facilmente rintracciare nei discorsi della gente del luogo.

 

La condizione di Malpelo è quella di un emarginato. Persino in famiglia la madre ” aveva dimenticato il suo nome di battesimo “. Dubita   della sua onestà nel consegnare tutti i soldi guadagnati in settimana e anche la sorella lo malmena. Malpelo vive solo per il suo lavoro ;vale solo per quanto può guadagnare. Il fattore economico diventa determinante fin dall’inizio e serve, già da solo, a privare della sua più intima umanità il personaggio.

Così viene descritto Rosso Malpelo

” ..un monellaccio che nessuno avrebbe voluto vedersi davanti, e che tutti schivavano come un can rognoso…” “Egli era davvero un brutto ceffo, torvo, ringhioso e selvatico..”.

 

Egli si isola persino nel momento del pasto, quando “va a rincantucciarsi con il suo corbello fra le gambe, per rosicchiarsi quel suo pane di otto giorni come fanno le bestie sue pari “ 

“..ciascuno gli diceva la sua motteggiandolo ( deridendolo ), e gli tiravan dei sassi, finchè il soprastante lo rimandava al lavoro con una pedata “

Non solo dunque Rosso Malpelo è emarginato, ma quasi fatto bersaglio di una cieca violenza da parte dei compagni di lavoro, che si rivalgono della loro misera condizione su di lui, incapace di reagire e sottomesso ad ogni forma di oppressione.

 

“Egli ci ingrassava fra i calci e si lasciava caricare meglio dell’asino grigio, senza osare lagnarsi”.

 

Si profila la personalità del protagonista: non solo sopravvive a quella condizione di degradazione, ma,dice Verga, “ci ingrassa” cioè se ne nutre, se ne avvale, la accetta come conseguenza logica delle leggi della miniera e della vita. La sua è una triste e sorda acquiescenza, priva di prospettive di riscatto. 

La sequenza si chiude con una notizia riferita sinteticamente: la morte di Mastro Misciu, il padre, nella cava. Questa disgrazia giustifica la permanenza di Rosso Malpelo in quel posto di lavoro:

“lo tenevano addirittura per carità e perché Mastro Misciu, suo padre, era morto nella cava.”

 

SECONDA SEQUENZA

 

Comprende la descrizione dei ritmi pesanti di lavoro del padre Mastro Misciu, che accettava i cottimi ( lavori protratti e retribuiti a seconda della quantità di sabbia sterrata ) , la morte tragica dello stesso, un sabato sera, mentre sta concludendo uno scavo pericoloso ed infine le drammatiche reazioni all’evento da parte di Malpelo. Il racconto si sviluppa come una narrazione popolare, intercalata da modi di dire proverbiali :ad esempio i compagni di  lavoro, rivolti a Mastro Misciu gli raccomandano di “.. non fare la fine del sorcio “.

Malpelo mal sopporta lo sfruttamento del padre ed è accanto a lui quando il pilastro di sabbia cade improvvisamente e silenzioso inghiotte il suo corpo. E’ ancora accanto al padre che strilla con una voce che ” ..non ha più nulla di umano “, supplicando di scavare al più presto. Invece i soccorsi arrivano tardi.

La notte fuori della miniera è stellata e bella ; l’ingegnere che dirige i lavori della cava è a teatro e, quando sopraggiunge, non può più fare nulla per salvare Mastro Misciu. Tutti si rassegnano presto.

 

Solo Malpelo ..“non rispondeva nulla,non piangeva nemmeno,, scavava colle unghie là nella rena, dentro la buca, sicchè nessuno s’era accorto di lui; e quando si accostarono con il lume gli videro un tal viso stravolto e tali occhiacci invetrati e tale schiuma alla bocca da far paura; le unghie gli si erano strappate e gli pendevano dalle mani tutte in sangue.Poi quando vollero toglierlo di là fu un affar serio;non potendo più graffiare mordeva come un cane arrabiato e dovette afferrarlo pei capelli, per tirarlo via a viva forza.”

 

Dunque il protagonista appare totalmente trasformato da quella drammatica esperienza. Il suo carattere, come lo conosciamo fin dall’inizio della novella , ha iniziato a delinearsi veramente solo dopo la morte del padre. Nel disperato e vano tentativo di ritogliere alla terra quel corpo, si consuma l’ultima ribellione di Malpelo. Ma contemporaneamente si sanziona anche definitivamente il suo futuro destino.


“Malpelo tornò alla cava dopo qualche giorno…”

Come è impossibile richiamare in vita il padre, così non si può sfuggire alle leggi della povertà e del bisogno: il lavoro del padre deve essere continuato dal figlio. Sono le rigide leggi economiche che non possono essere spezzate. La cava diventa la prigione di Malpelo, il luogo della sua muta rassegnazione, delle sue crudeli paure, delle misteriose apparizioni, e anche il luogo della sua morte.

Incomincia poi a configurarsi il particolare rapporto con gli animali da parte di Malpelo. Il cane gli voleva bene poiché riceveva da lui il pane del quale il ragazzo si privava volentieri, perchè “non mangiava quasi ed il pane lo buttava al cane , come non fosse grazia di Dio”.   “Ma l’asino grigio,povera bestia, sbilenca e macilenta, sopportava tutto lo sfogo della cattiveria di Malpelo; ei lo picchiava senza pietà, col manico della zappa, e borbottava: “Così creperai più presto!”.

 

Con gli animali Malpelo instaura relazioni diverse: benefica il cane del suo cibo, sentendolo quasi a lui vicino. Percuote invece l’asino grigio, che diventa oggetto passivo della sua violenza.

Successivamente nella novella il vecchio asino che nella cava  trasporta i pesanti carichi senza reagire, quasi  immagine trasferita dello sfruttamento del protagonista, riapparirà: ma questa volta morto, ormai carcassa buttata giù nella sciara, spolpato nei suoi resti dai cani selvatici.

Malpelo mostra quest’immagine al debole Ranocchio, indicando in quella macabra realtà il senso di tutta la vita. L’uomo e l’animale sono simili. Vivono con il loro corpo, sottoposti al dolore continuo della loro condizione. Finché, dopo la morte, solo pochi resti daranno il senso di un’esistenza inutile.

 

TERZA SEQUENZA

 

Si parla della trasformazione di Malpelo dopo la morte del padre.

“Dopo la morte del babbo pareva che gli fosse entrato il diavolo in corpo, e lavorava al pari di quei bufali feroci che si tengono con l’anello al naso”.

A questa foga nel lavoro si accompagna un carattere sempre più chiuso   e cattivo, ma anche pronto a subire senza protestare “Proprio come gli asini che curvano la schiena ma seguitano a fare a modo loro”.

Con gli altri ragazzi era crudele e ” sembrava che si volesse vendicare sui deboli di tutto il male che si immaginava gli avessero fatto,a lui e al suo babbo” .

 

QUARTA  SEQUENZA

 

Viene presentato il personaggio di Ranocchio, “..un povero ragazzotto venuto a lavorare da poco tempo nella cava, il quale per una caduta da un ponte si era lussato il femore e non poteva più fare il manovale”.

Fin da queste prime notizie Verga ci informa che Ranocchio è inadatto al lavoro della cava.

L’atteggiamento di Malpelo con lui è ambiguo. Talvolta lo picchia e lo tormenta in cento modi, per spingerlo a difendersi, per incitarlo a cercare dentro se stesso la forza di resistere a quel difficile ambiente. Ma poi, vedendo che il lavoro di Ranocchio era troppo pesante, e che lui piagnucolava, Malpelo gli dava una mano, dicendo con un certo orgoglio: “Lasciami fare; io sono più forte di te…io ci sono avvezzo”.

 

Il personaggio di Ranocchio è importante per far notare la legge darwiniana dell’adattamento del più forte all’ambiente. Anche se Ranocchio serve per far trapelare una certa umanità in Malpelo, fatta di comprensione e tenerezza per il debole, la sua funzione principale è quella di mettere in rilievo l’inesorabile legge della selezione naturale. Egli, dopo aver osservato insieme a Malpelo la carcassa dell’asino grigio, spolpata dai cani, emblema della legge materialistica che regge la vita della  natura e dell’uomo, soccomberà proprio a quella legge morendo a causa degli stenti della vita in miniera.

 

Durante le conversazioni con Ranocchio, Malpelo spiega la legge che condiziona la sua vita .

” Egli avrebbe certo preferito di fare il manovale e lavorare cantando  sui ponti….o il carrettiere… dondolandosi sonnacchioso sulle stanghe con la pipa in bocca…..o meglio ancora avrebbe voluto fare il contadino che passa la vita fra i campi in mezzo al verde. Ma quello era stato il mestiere di suo padre e in quel mestiere era nato lui”.

 Dunque è la cava il suo vero mondo dove era rimasto fin da bambino accanto a quel buco nero (la sciara) dove il padre soleva condurlo per mano. Alla paura di Ranocchio egli oppone la sua sicurezza, parlando degli uomini, che “ce n’erano rimasti tanti, o schiacciati o smarriti nel buio”.

 

QUINTA SEQUENZA

 

Si parla del ritrovamento del cadavere di mastro Misciu nella cava.

 

Un giorno nella cava si ritrova una delle scarpe di mastro Misciu e Malpelo “fu colto da tal tremito che dovettero tirarlo all’aria aperta con le funi, proprio come un’asino che stesse per dare dei calci al vento”.  Da quel giorno Malpelo fu colto da una tale paura di veder comparire fra la rena anche il piede nudo del babbo,che non volle  mai più darvi un colpo di zappa e….andò a lavorare in un altro punto della galleria”.

Fu poi scoperto il corpo di Mastro Misciu, coi calzoni indosso , e steso bocconi che sembrava imbalsamato”. “Il carrettiere sbarazzò il sotterraneo dal cadavere al modo stesso che lo sbarazzava dalla rena caduta e dagli asini morti”.

 I calzoni e la camicia di Mastro Misciu furono riadattati per Malpelo mentre le scarpe del padre furono tenute in serbo per quando egli fosse cresciuto. Malpelo “se li lisciava sulle gambe quei calzoni di fustagno quasi nuovo, gli pareva che fossero dolci e lisci come le mani del babbo che solevano accarezzargli i capelli”. Anche le scarpe la domenica “se le pigliava in mano, le lustrava e le provava”.

Aveva ereditato infine il piccone e la zappa del padre.

 

Con questi gesti Malpelo si riappropria definitivamente dell’identità paterna, supera il trauma della macabra scoperta del corpo , rivestendo in tutto e per tutto il suo ruolo sociale e preparandosi a ripercorrere deterministicamente la sua sorte.

 

SESTA  SEQUENZA

 

L’asino grigio è stato buttato nella sciara.

“Gli arnesi che non servono più si buttano lontano”. Malpelo così dice a Ranocchio, dopo averlo condotto a forza sull’orlo della sciara. E’ questa la legge che gli vuole insegnare “avvezzarsi a vedere in faccia ogni cosa bella o brutta”. 

L’asino grigio non soffriva più e se ne stava tranquillo a lasciarsi spolpare dai cani le ossa bianche ….  Solo la morte lo aveva liberato dal dolore della vita.

 

SETTIMA  SEQUENZA

 

La morte di Ranocchio è preceduta dalla sua lenta malattia ai polmoni, mentre Malpelo ora lo aiuta nella dura vita di miniera, ora se ne sta “chino su di lui, fissandolo con quei suoi occhiacci spalancati allorchè lo udiva gemere sottovoce”. “E’ meglio che tu crepi presto se devi soffrire in tal modo”.


Malpelo ha più paura della sofferenza che della morte, anche per il suo piccolo debole amico: la sofferenza è utile solo se conduce alla salutare reazione che porta a sopravvivere nell’ambiente. Se tale reazione non era possibile, meglio affrontare le leggi della natura.

 

OTTAVA  SEQUENZA

 

Alla cava viene a lavorare un evaso dalla prigione. Ma neanche costui sa adattarsi a quella “vitaccia da talpa”. “Piuttosto si contentava di stare in galera tutta la vita”.

 

Dopo questo ultimo esempio di mancato adattamento alla vita della miniera non resta al narratore che concludere, deterministicamente, la parabola della vita di Malpelo. “Le ossa le lasciò nella cava Malpelo, come suo padre”.

Esplorando un passaggio che avrebbe permesso di risparmiare una buona metà di manodopera nel cavar fuori la sabbia, Malpelo si smarrì proprio come quel minatore che in base ad un racconto popolare “cammina ancora al buio gridando aiuto, senza che nessuno possa udirlo”La cava lo inghiottì, né si seppe più nulla di lui, proprio com’era accaduto per il padre.

 

Malpelo con il suo portamento minaccioso sembra ricomparire nel cuore della miniera “coi capelli rossi e gli occhiacci grigi”, quasi presenza diabolica che incarna le paure di sempre della miniera.