RIVOLUZIONE AGRICOLA DEL 1700

RIVOLUZIONE AGRICOLA DEL 1700

RIVOLUZIONE AGRARIA DEL 1700


 

Rostow, un’economista statunitense, sostenne che “i mutamenti rivoluzionari della produttività agricola sono condizione essenziale per il decollo riuscito”. E’ ben noto che la rivoluzione industriale inglese fu affiancata da una rivoluzione dell’agricoltura, i cui fattori salienti furono: esercizio dell’attività agricola in unità consolidate di ampie dimensioni, in luogo dei campi aperti; estensioni della superficie arabile su terre incolte e comunali e l’adozione dell’allevamento intensivo di bestiame;

trasformazione dei semplici contadini in lavoratori agricoli il cui livello di vita cominciò a dipendere dalle condizioni del mercato nazionale ed internazionale; forte aumento della produttività dell’agricoltura, cioè della quantità prodotta per unità di forza lavoro.

Questa evoluzione avvenne gradualmente in un lungo arco di tempo; è però possibile analizzare la questione della data esaminando tre sviluppi ad essa collegati e dai quali dipese ampiamente.

Le nuove tecniche produttive.

Le principali tecniche furono il dissodamento sistematico, le nuove rotazioni delle colture e un più stretto rapporto tra colture ed allevamento. La seminatrice si diffuse su larga scala nei primi del 1730. seguita dall’aratro triangolare, mentre negli anni ’80 si cominciarono a costruire le prime trebbiatrici: tutte queste innovazioni contribuirono alla riduzione del lavoro manuale. L’abbandono delle vecchie forme di rotazione a favore della rotazione con legumi e foraggio estese l’area coltivata, oltre a fornire l’alimentazione invernale del bestiame: non era più necessario lasciare a riposo il terreno per salvaguardarne la fertilità. Gran parte dei nuovi metodi non poterono essere impiegati sui campi aperti ed essi inoltre dovettero essere adattati alle locali condizioni del terreno. Bisognò però arrivare fino al 1820 prima che l’aratro triangolare potesse funzionare ovunque: la maggior parte dei contadini non disponeva né di incentivi né di capitale ed i latifondisti evitavano di introdurre macchine che risparmiavano lavoro in zone rurali depresse da una cronica sottooccupazione, inoltre è dubbio che la maggior parte dei contadini venisse a conoscenza della nuova tecnologia prima di vederla applicata. Occorre poi ricordare che l’agricoltura era diversificata sia nelle caratteristiche che nell’esperienza storica da regione a regione, molte delle nuove tecniche erano adatte soltanto ai terreni leggeri e sabbiosi e non erano applicabili in regioni con terreni più pesanti: è necessario approfondire le ricerche al livello regionale prima di fare delle generalizzazioni definite.

Le “enclosures”.

Queste erano recinzioni, siepi o altri segni di confine, che cingevano i campi aperti o le terre incolte comunali, trasformandole in proprietà privata. Il movimento aveva avuto corso per iniziativa personale già prima dei Tudor, poi imposta per legge parlamentare dalla metà del XVIII secolo per consolidare le proprietà terriere. Se essa rimosse gli ostacoli al mutamento tecnologico contemporaneamente gli agricoltori più modesti si impoverirono per gli elevati costi di recinzione e le loro condizioni peggiorarono per le ridotte possibilità di caccia e pesca. Non è possibile dire quanto le enclosures contribuirono alla rivoluzione delle tecniche, ma è significativo che quasi tutti i progressi avvennero su terreni già recintati o in via di recinzione. In definitiva la recinzione finiva con l’agire nell’interesse di tutti coloro che potevano vantare o acquisire un diritto sulla terre e rendere redditizie molte piccole proprietà, anche le più marginali che, grazie alle nuove tecniche di coltivazione, si trasformarono in ricche aree cerealicole.

I mutamenti nell’atteggiamento degli imprenditori.

Ben più importanti furono i mutamenti nell’atteggiamento degli agricoltori verso la propria attività: lo sviluppo della popolazione, l’urbanizzazione e l’espansione industriale ampliarono nel tempo i mercati della produzione agricola creando un clima favorevole all’innovazione ed al consolidamento delle proprietà. I cambiamenti che avvenivano in agricoltura erano dello stesso tipo di quelli che stavano avvenendo nell’industria manifatturiera e nel commercio:

ampliarono degli orizzonti economici, in modo che gli imprenditori agricoli divennero sempre più interessati alla produzione per il mercato nazionale o internazionale invece che per il consumo domestico;

aumento della specializzazione economica con la nascita dell’agricoltore di professione o del bracciante senza terra;

applicazione delle scoperte scientifiche e dei metodi sperimentali.

L’aristocrazia, il clero, persino i proprietari che si occupavano di politica e gli industriali proprietari terrieri si interessarono del progresso agricolo. E’ probabile però che il cambiamento sia stato perseguito con minore deliberazione dai piccoli proprietari, dagli affittuari e dai braccianti; divenne tuttavia palese verso la metà del XVIII secolo. E’ ragionevole supporre che la successione di buoni raccolti ridusse i costi dell’industria britannica e aumentò la formazione di sovrappiù, il che consentì ai poveri che vivevano in campagna ed in città di fare qualche risparmio e spenderlo nei manufatti. Nella seconda metà del XVIII secolo l’interazione tra industria ed agricoltura assunse una forma diversa: il rialzo dei prezzi del grano, stimolato dall’urbanizzazione e dallo sviluppo economico, incoraggiò l’estensione dei terreni coltivati ed i migliori redditi dei proprietari costituirono sia l’incentivo, sia il finanziamento del progresso agricolo. L’industria agricola contribuì così ad alimentare il crescente numero di persone da cui venivano tratte le forze di lavoro industriali, superando quell’ostacolo che ancora oggi impedisce ai paesi sottosviluppati di perseguire un processo di industrializzazione e cioè l’incapacità di espandere il proprio prodotto interno ad un ritmo sufficiente a far fronte ad una crescita della popolazione.

La rivoluzione agraria ha contribuito alla prima rivoluzione industriale provvedendo al sostentamento della popolazione in aumento, creando il potere d’acquisto da destinare ai prodotti dell’industria britannica e partecipando in modo sostanziale alla formazione del capitale necessario per finanziare l’industrializzazione.