RIASSUNTO STORIOGRAFIA GRECA

RIASSUNTO STORIOGRAFIA GRECA

RIASSUNTO STORIOGRAFIA GRECA


Ecateo di Mileto (560/50 a.C.-490 a.C.)
Normalmente, la storiografia viene fatta risalire al VI sec. a.C. nel mondo greco, ad opera di Ecateo di Mileto. Egli fu il primo a cercare di ribaltare il modo di fare storia dei secoli precedenti, che aveva nell’Iliade e nell’Odissea di Omero due lampanti esempi. Infatti in essi il poeta (già il nome dice che non si tratta di uno storico) si rapportava al passato senza riportare oggettivamente i fatti, ma integrava i contenuti con invenzioni e fantasie.
Inoltre erano presentati in forma poetica, non in prosa.
Ecateo cercava di raccontare i fatti come egli credeva che fossero realmente avvenuti,
perché il suo obiettivo era quello di riportare semplicemente gli avvenimenti. Omero, invece, non aveva altro obiettivo che creare una storia che facesse da background ai suoi personaggi.
L’opera di Ecateo si può ben inserire nel clima filosofico del tempo, che rifiutava i miti e il prodigioso per concentrarsi su spiegazioni razionali dell’universo e della natura. Egli è infatti il più noto di quegli storiografi noti come “logografi”: essi si occupano di logos, non di epos. A riprova di ciò, le sue opere principali sono le “Genealogie”, revisione razionalistica dei miti della genesi dei grandi, e la “Periegesi della Terra”, una produzione di stampo etnografico.


Erodoto (490 a.C-425 a.C.)
Fu uno dei due più importanti storiografi greci veri e propri. La sua opera principale non aveva una titolo attribuitole dall’autore, ma in seguito fu conosciuta come “Historiae”. In essa Erodoto narra lo scontro tra greci e persiani, e dedica ampio spazio alla precedente storia dell’impero persiano con interessanti digressioni geo-etnografiche su Egitto, Scizia, Libia.

Erodoto non si concentra sulla narrazione cronologica dei fatti, ma compone delle
monografie sugli usi e costumi dei popoli che circondano il suo universo (appunto greci, persiani, egizi, ai quali è dedicato un intero libro dei nove che compongono l’opera), tutto questo per il gusto di ricercare mentalità e usanze diverse dalle proprie. Il suo obiettivo era quello di tramandare ai posteri il ricordo di avvenimenti passati.
Un punto debole dell’opera di Erodoto è che utilizza fonti storiche (racconti o scritti)
mescolate senza valutazione critica (senza controllare se fossero vere o meno),
dimostrando scarsa attenzione metodologica. Per questo il suo metodo è stato a lungo considerato poco convincente. Tuttavia, se è vero che egli si basa su fonti anche orali, si tratta comunque di testimonianze dirette, non viziate da tratti mitologici. Inoltre, se compaiono dei riferimenti al mito, è l’autore stesso che consiglia di non prestarvi troppa fede, dato che neanche lui lo fa. In più riporta tutto ciò che riesce a trovare, preoccupandosi di intrattenere e divertire il lettore. Per questo si pensa che il suo lavoro sia stato elaborato per essere ascoltato e non letto.


Tucidide (460 a.C.-404 a.C.)
Tucidide fu l’altro grande storiografo greco. La sua opera fondamentale si intitola La guerra del Peloponneso.
L’obiettivo di Tucidide è quello di narrare la storia in base a un’analisi scientifica, realistica, razionalistica, non intende solamente riportare gli avvenimenti. Tucidide, bandendo ogni interpretazione moralistica e ogni ricorso al soprannaturale (secondo la sua formazione sofistica), si propone di esaminare la logica dei fatti, i rapporti di forza, il nesso tra cause ed effetti e la distinzione tra cause apparenti, occasionali ed effettive.
Tucidide conosceva gli studi di Erodoto e si proponeva consapevolmente di scrivere in modo diverso. A livello formale, infatti, l’opera di Erodoto apparteneva ancora all’universo orale, mentre Tucidide imposta la sua opera secondo un modello che prevedeva la codifica scritta. A livello tematico, inoltre, la differenza consiste nel fatto che Erodoto aveva scritto un’opera di largo respiro, sia in termini di spazio (il mondo greco e del bacino orientale del Mediterraneo), di tempo (due secoli di storia, dal V a.C. al III a.C.) che di tematiche (moltissimi aspetti dei popoli esaminati). Tucidide invece si concentra: analizza solo due città greche (Sparta e Atene) in un arco di soli vent’anni (431 a.C.-411 a.C.) e sotto un unico aspetto (quello politico-militare). Centrale è nella sua opera il problema della fine di una grande potenza come quella ateniese, di cui delinea limiti e colpe, additando in primo luogo la discordia interna come causa della sua rovina. Il suo metodo fu apprezzato dai contemporanei, perché rivolgendosi ad un campo più ridotto poteva lavorare in modo più rigoroso e veritiero. Infatti Tucidide riportava avvenimenti a cui aveva assistito personalmente o ai quali avevano assistito personalmente i protagonisti della guerra (che per questo erano pagati).
Questo metodo si accordava alla perfezione con il pensiero greco del periodo, che
ricercava il vero e il razionale. Inoltre il suo stile era molto più scarno e critico di quello di Erodoto.

Il suo metodo ebbe tanta fortuna che influenzò il modo di fare storiografia per più di 2000 anni. Dopo l’opera di Tucidide si sentì la necessità di dare una cronologia ininterrotta alla storia. Dopo di lui, infatti, cominciò Senofonte (430 a.C.-354 a.C.), poi Polibio (202 a.C.-118 a.C.)
e in seguito tutti gli altri. Evidentemente questo non poteva accadere con l’opera di
Erodoto, perché egli non seguiva un ordine rigidamente cronologico ma più descrittivo. Con l’ellenismo le tendenze greche persero importanza, tanto che per questo periodo si parla di decadenza greca di fronte all’astro nascente romano.

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