RIASSUNTO LA MORTE DI ETTORE

RIASSUNTO LA MORTE DI ETTORE

RIASSUNTO LA MORTE DI ETTORE



Ettore si trovava fuori dalle mura e aspettava l’arrivo di Achille, il Pelìde (epiteto che significa figlio di Pelèo) che giunse simile ad Ares, il dio della guerra, scuotendo la lancia di legno di faggio e brillando per le armi di bronzo. Appena lo vide, Ettore fu preso da gran spavento e si mise a correre, inseguito velocemente da Achille. Vi è la prima similitudine: Achille è paragonato al nibbio, l’uccello più rapido, che insegue una tremante colomba, cioè Ettore. I due corsero per un po’, l’uno inseguendo, l’altro fuggendo. Intanto gli dei guardavano la scena dall’alto dell’Olimpo, finchè iniziò a parlare Zeus, il padre degli dei: “Ahimè, il mio cuore geme per Ettore, che tante volte ha bruciato in mio onore molti animali. Ora egli è inseguito da Achille dai piedi veloci (epiteto) lungo le mura di Troia. Ma su, o dei, pensate se dobbiamo salvarlo da morte o se lasciarlo nelle mani di Achille”. Allora Atena gli rispose che bisognava far decidere al destino e cioè far morire Ettore. Zeus acconsentì e così Atena scese sul campo, per aiutare Achille contro Ettore. Intanto Zeus agganciò la bilancia d’oro, vi posò i destini di morte (le Chere) dei due eroi, la tenne sospesa nel mezzo e subito precipitò la Chera di Ettore, segno della sua imminente morte.

Atena si avvicinò ad Achille e lo incoraggiò, dicendogli che ormai il destino di Ettore stava per compiersi, perché era stato abbandonato dal suo protettore, il dio Apollo. Poi, prendendo le sembianze di Deìfobo, fratello di Ettore, si avvicinò ad Ettore e lo incoraggiò ad affrontare insieme Achille. Ettore cadde nel tranello e marciò contro Achille, dicendogli: “Non fuggo più davanti a te, figlio di Peleo, come poco fa; ora il cuore mi spinge ad affrontarti, sia se devo vincere sia se devo essere vinto. Su, invochiamo gli dei. Io non voglio deturpare il tuo corpo, se Zeus mi darà la forza e riesco ad ucciderti; ma se ciò succedesse, restituirò il tuo corpo agli Achei (i Greci) ed anche tu devi fare lo stesso (cioè se riesci ad uccidermi, devi restituire il mio corpo ai Troiani)”. Achille, guardandolo storto, rispose: “Ettore, maledetto, non mi parlare di patti; come non esiste alleanza tra uomo e leone, lupo e agnello, ma si odiano reciprocamente, così non potrà mai succedere che io e te ci amiamo; fra di noi non ci saranno patti, se prima uno di noi non sarà ucciso. Tu non hai via di salvezza, ma Atena stessa ti uccide con la mia lancia: pagherai tutte le sofferenze dei miei, che hai uccisi con l’asta (si riferisce soprattutto al suo amico Patroclo, ucciso da Ettore).” Avendo detto ciò, scagliò l’asta, ma Ettore la evitò; la prese Atena e la restituì ad Achille, di nascosto da Ettore, che parlò ad Achille: “Hai fallito il bersaglio!Tu non conoscevi la mia sorte. Parlavi bene per spaventarmi, ma non pianterai l’asta nella schiena di uno che fugge, bensì la devi scagliare dritta in petto, se sei favorito da un dio. Intanto evita questa mia lancia di bronzo, che possa colpirti in pieno. La guerra per i Troiani, dopo la tua morte, sarebbe più leggera: perché tu sei per loro l’angoscia maggiore”. Così dicendo, scagliò l’asta che colpì lo scudo d’Achille, ma l’asta rimbalzò dallo scudo. Ettore si arrabbiò e si fermò preoccupato perché non aveva un’altra asta; chiamò il fratello Deifobo, chiedendogli un’asta, ma quello non gli era più vicino. Allora Ettore comprese l’inganno e gridò: “Ahi!Davvero gli dei mi chiamano a morire! Credevo di avere accanto il forte Deifobo, ma egli è dentro le mura, Atena mi ha ingannato. Si avvicina per me la morte e ciò era da tempo voluto da Zeus. Ma morirò non senza lotta, non senza gloria, ma avendo compiuto qualcosa di grande”. Parlando così, sguainò la spada e si preparò all’attacco. Anche Achille balzò, cercando di trovare un punto scoperto del corpo di Ettore rivestito dall’armatura di bronzo che aveva preso a Patroclo, dopo averlo ucciso. Lo trovò all’altezza del collo e lo colpì proprio lì, ma non gli tagliò del tutto la gola, cosicché Ettore, cadendo a terra, poteva ancora parlare. Achille glorioso si vantò e disse: “Ettore, forse hai creduto, mentre spogliavi Patroclo, di rimanere impunito; non ti preoccupavi di me lontano. Ma io ero il suo difensore. Ora cani e uccelli sbraneranno il tuo cadavere, mentre Patroclo sarà seppellito”. Gli rispose Ettore, privo di forze: “Ti prego per la tua vita, per i tuoi genitori, non permettere che mi sbranino i cani degli Achei, ma accetta i doni dei miei genitori, restituisci il mio corpo alla patria”. Ma Achille, guardandolo storto, disse: “No, cane, non mi pregare, perché l’ira mi dovrebbe spingere a tagliare le tue carni e a divorarle, dopo quello che mi hai fatto. Nessuno potrà tenere le cagne lontano dal tuo corpo, neanche se tuo padre Priamo volesse pagarmi un alto compenso”. Allora Ettore, morendo, disse: “Và, ti conosco guardandoti. Non potevo convincerti, perché hai un cuore di ferro. Attento, però, che io non sia per te causa dell’ira degli dei, quando Paride e Apollo ti uccideranno”. Mentre parlava così, la morte lo avvolse: la vita volò via e scese nell’Ade, lasciando il corpo giovane e forte. Achille rispose al morto: “Muori! Pure io dovrò morire, quando Zeus e gli altri dei vorranno”. Così disse e strappò dal corpo l’asta; tolse le armi insanguinate: si avvicinarono gli altri Greci, ammirando la statura e la bellezza di Ettore.

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