RIASSUNTO GERUSALEMME LIBERATA

RIASSUNTO GERUSALEMME LIBERATA

RIASSUNTO GERUSALEMME LIBERATA


CANTO I

Mentre l’esercito cristiano sverna in Tortosa, Dio manda a Goffredo l’arcangelo Gabriele, per indurlo ad adunare i principi per affrettare l’impresa e ricevere il comando dell’esercito secondo la volontà stessa di Dio. I Principi, adunati a congresso, lo eleggono infatti Duce supremo. Fatta la rassegna dell’esercito (Roberto, Baldovino, Tancredi, Goffredo di Buglione, Rinaldo, Raimondo da Tolosa), i Crociati muovono verso Gerusalemme; Goffredo, intanto, manda il suo messaggero Enrico al Principe dei Dani, atteso finora invano. La fama dell’avvenimento si sparge subito per i territori circostanti. Conosciuta l’intenzione dei Cristiani, Aladino, il re di Gerusalemme, si prepara alla difesa.

CANTO II

Il mago Ismeno consiglia il re Aladino di rubare un’immagine della Madonna da un tempio dei Cristiani e di custodirla in Gerusalemme: in questo modo sarebbe stato sicuro di non perdere il suo regno. Ma l’immagine sacra scompare misteriosamente. Aladino allora minaccia di porre a morte tutti i Cristiani di Gerusalemme se non si scopre l’autore del furto. Sofronia e poi Olindo, benchè innocenti, si dichiarano colpevoli e sono condannati al rogo; ma vengono salvati dall’intervento di Clorinda, che, in cambio della loro vita, offre ad Aladino il suo aiuto in guerra. Giungono intanto nel campo cristiano Alete e Argante, ambasciatori del re d’Egitto, con proposte di alleanza, che Goffredo non accetta. Argante dichiara la guerra.

CANTO III

È il mattino, i Crociati giungono in vista di Gerusalemme e ciascuno in cuor suo muove una preghiera. Mentre da un’alta torre della città Erminia mostra ad Aladino i principali guerrieri Cristiani, cominciano le prime avvisaglie: uno stuolo di Franchi guidati da Gardo è affrontato e sbaragliato da Clorinda contro la quale muove Tancredi, che è affrontato a sua volta in duello da Clorinda: ma tra i due nasce l’amore. Clorinda viene leggermente ferita e Tancredi infuriato rincorre l’assalitore che si dilegua. Intanto si muove alla battaglia anche Argante, mentre dall’alta torre Erminia mostra Rinaldo, Dudone, Gernando, Goffredo, Baldovino, Guelfo, Boemondo ad Aladino; intanto Dudone cade valorosamente ucciso da Argante, che grida ai Cristiani di ammirare come egli usa la spada donatagli dallo stesso Goffredo di Buglione, che intanto guarda come è disposta Gerusalemme Goffredo dispone l’esercito sul lato più debole di Gerusalemme per prepara l’assedio. Infine viene data degna sepoltura al corpo di Dudone.

CANTO IV

I demoni si adunano a concilio, governati da Plutone, che parla nel silenzio assoluto, per trovar modo d’impedire l’impresa dei Crociati. Per loro istigazione, il mago Idraote, che regge Damasco e le città vicine, ordina alla bellissima Armida, sua nipote, di recarsi nel campo cristiano, in apparenza per chieder soccorso, in realtà per distoglierli dalla guerra, cercando di attrarre a sé, i più valorosi guerrieri. Quando Armida arriva nel campo cristiano, tutti restano estasiati davanti alla sua bellezza; le si fa incontro Eustazio, che le rivolge la parola e la conduce da Goffredo di Buglione, al quale la donna racconta le peripezie della sua vita e si raccomanda chiedendo che sia salvata e che venga aiutata a riconquistare il regno perduto di Damasco. Goffredo promette di aiutarla dopo aver liberato Gerusalemme. Armida allora si mette a piangere lamentando il suo avverso destino e il fatto che le viene negato l’aiuto sperato. Eustazio non rimane insensibile a questo finto pianto, parla in suo favore, e chiede che siano concessi alla donna dieci cavalieri scelti fra quelli di ventura, altrimenti avrebbe rifiutato d’ora in poi di combattere; il dono viene concesso, anche se la volontà di Goffredo è diversa; così Eustazio può promettere ogni suo soccorso ad Armida, che dispiega tutte le sue arti ammaliatrici nei confronti dei dieci cavalieri.

CANTO V

Goffredo dispone che i cavalieri di ventura eleggano un capo in sostituzione di Dudone. Eustazio astutamente chiede a Rinaldo di diventarne il capo, sperando che questi avrebbe rifiutato di accompagnare Armida perché poca gloria ci sarebbe stata nel conquistare Damasco di notte e con l’inganno, anziché in battaglia. Ma Rinaldo non rifiuta e non accetta; allora Gernando chiede di essere scelto, parlando spinto da un maligno spirito infernale. Arde lo sdegno fra Rinaldo e Gernando, che vengono a contesa: nel combattimento Gernando viene ucciso. Davanti a Goffredo si apre una sorta di processo contro Rinaldo, che viene accusato da Arnalto e difeso da Tancredi. Se ne sdegna Goffredo e vuol punire l’uccisore; ma questi, per consiglio di Tancredi e di Guelfo, si allontana dal campo. Intanto Armida cerca di ammaliare altri cristiani spingendoli a seguirla facendoli innamorare; cerca anche con Goffredo e con Tancredi. Nel giorno stabilito Armida si presenta a Goffredo per ricevere il promesso aiuto; il Capitano fa scrivere i nomi dei cavalieri e li fa porre in un’urna da cui vengono estratti i dieci “fortunati” che partono con lei; ma altri, come Eustazio, la seguono. Mentre pensa ai danni che i Cavalieri potranno ricevere da questa avventura, a Goffredo appare un messo polveroso che annunzia l’arrivo dell’armata del re d’Egitto.

CANTO VI

Il re Aladino, mentre sovrintende ai lavori di rafforzamento della difesa di Gerusalemme, viene raggiunto da Argante che gli rimprovera di osare poco; questi gli risponde che occorre pazienza, ma Argante non vuol sentir ragioni, chiama un araldo e lo manda al campo cristiano per portare un’ambasciata: la sfida a duello di cinque grandi cavalieri cristiani. La sfida viene accettata; Argante esce dalla città accompagnato da Clorinda e da mille cavalieri, secondo la volontà del re Aladino. Gli si muove incontro Tancredi; ma questi vede Clorinda e ammaliato si dirige verso di lei; allora si lancia in duello Ottone, che viene abbattuto; Tancredi si riprende e ingaggia un grandioso duello con Argante: ma la notte interrompe il combattimento e i due sono divisi da due araldi, il franco Arideo e il pagano Pindoro, con la promessa che sarebbe stato ripreso. Tutti restano ammirati, solo Erminia, segretamente innamorata di Tancredi, soffre vedendo il duello da un’alta torre. Vorrebbe accorrere dall’amato e curargli le ferite, col cuore che oscilla tra l’Amore e l’Onore. Erminia era molto amica di Clorinda; un giorno vedendo le armi dell’amica appese alla parete, decide di vestirsene, di uscire dalla città, sicura che le guardie non l’avrebbero fermata, e di andare verso il campo cristiano. Concertato tutto con uno scudiero, al calar della notte esce dalla città con una fidata ancella, raggiunge lo scudiero e lo manda come messaggero da Tancredi. Ma mentre attende ansiosa, un raggio di luna colpisce il suo cimiero, che viene riconosciuto da alcuni cavalieri cristiani che la scambiano per Clorinda. Erminia viene assalita e costretta a fuggire.

CANTO VII

Erminia fugge per tutta la notte e il giorno seguente; alla fine stanca si addormenta. Al risveglio vede un vecchio, che l’accoglie paternamente. Intanto Tancredi, va in cerca della creduta Clorinda, ma vista vana ogni ricerca, decide di tornare al campo cristiano, anche perché è vicino il giorno in cui dovrà riprendere il combattimento con Argante. Incontra un uomo che sembra un messaggero e gli chiede la via per il campo cristiano; il messaggero dice che è diretto proprio là inviato dallo zio Boemondo. Insieme giungono ad un castello, cinto da un sozzo rivo: è il castello incantato di Armida. Tancredi riconosce il messo: Rambaldo, uno dei dieci che era partito con Armida e per suo amore aveva abiurato la religione cristiana facendosi pagano. I due mettono mani alle spade e a fatica Armida accorre in aiuto di Rambaldo facendolo scomparire nel buio, Tancredi varca una porta e si trova intrappolato in una stanza. mentre Tancredi s’affligge, Argante attende spasmodico l’alba del sesto giorno per riprendere il combattimento con l’eroe cristiano. Tutto è pronto, ma di Tancredi nessuno sa nulla e altri eroi cristiani mancano all’appello. Si offre allora lo stesso Capitano Goffredo, ma glielo impedisce Raimondo, che si prepara a combattere; Goffredo allora propone che il nome sia scelto a caso, estraendo il nome da un’urna: la sorte sceglie proprio Raimondo di Tolosa. Raimondo sale sul suo cavallo Aquilino prega e Dio gli manda in aiuto un angelo; intanto comincia il combattimento dopo gli scherni di Argante che cerca Tancredi, mentre le mura si riempio di gente. Si spezza la lancia al primo assalto. A un ennesimo colpo va in frantumi la spada di Argante. Comincia il corpo a corpo finale, e a questo punto Belzebù decide di aiutare Argante, trasformando un’ombra leggera nelle sembianze di Clorinda e facendola apparire ad Oradino, spingendolo a colpire Raimondo con una freccia. Il patto viene così violato e scoppia la battaglia fra i due eserciti. Le forze cristiane stanno per prevalere, ma un improvviso acquazzone blocca tutte le operazioni. Interviene infine Clorinda che spinge i suoi al contrattacco, ma la pioggia blocca ogni combattimento.

CANTO VIII

Calmatasi la tempesta, all’alba il demone Astragorre invita la Furia Aletto a seminare zizzania fra i Crociati. Il cavaliere Carlo il Danese narra la morte di Sveno, signore dei Danesi, che, desideroso di gloria, con uno stuolo di scelti compagni era partito per Gerusalemme; dopo varie peripezie, una notte Sveno e i suoi sono assaliti da un gran numero di barbari; fino al mattino dura la battaglia: Sveno muore ucciso da Solimano e dei duemila restano solo in cento; Carlo cade svenuto. Al suo risveglio vede due eremiti; si alza e vanno vicino al corpo di Sveno: uno dei due monaci prende dalla mano del principe morto la spada e l’affida a Carlo perché la consegni a Rinaldo che con essa possa vendicare la morte del giovane Sveno. Il racconto commuove tutti e fa venire in mente Rinaldo. Intanto tornano al campo cristiano quelli che erano usciti per depredare e raccogliere vitto per i Crociati, e fra le altre cose riportano indietro anche le armi e le vesti insanguinate di Rinaldo. Goffredo si fa raccontare da Aliprando ciò che è successo. Aliprando racconta il ritrovamento del corpo di Rinaldo, senza la testa e senza il braccio destro, e come un ragazzino gli abbia rivelato che era stato assalito e ucciso da un gruppo di armati che usciva dal bosco, forse cristiani. Nella notte ad Argillano appare in sogno il cadavere di Rinaldo che regge nella mano sinistra la sua testa e lo invita a fuggire dalle tende cristiane e dal feroce Goffredo. Sbigottito si sveglia Argillano e raduna i guerrieri d’Italia rivelando loro il suo sogno accusando Goffredo e i suoi Francesi. Intanto la furia Aletto eccita gli animi. Ne nasce un tumulto; Baldovino accorre in aiuto di Goffredo e rivolge una preghiera a Dio affinchè illumini la mente degli uomini. Goffredo, illuminato dal Cielo, parla agli uomini e frena gli audaci e fa mettere in catene Argillano. Goffredo decide che Gerusalemme sarebbe stata assalita dopo due o tre giorni e torna a sovrintendere i lavori di preparazione dell’assalto. In seguito tutti narreranno un prodigio: un alato guerriero teneva alto lo scudo a proteggere Goffredo mentre parlava.

CANTO IX

La Furia Aletto, visto che nulla più avrebbe potuto contro i Cristiani, passa nel campo dei Turchi e cerca Solimano presentandosi a lui sotto le spoglie d’un vecchio e lo incita ad assaltare i Cristiani. Solimano incita i suoi all’attacco e Aletto dà il segnale della battaglia colla sua tromba. Mentre comincia la battaglia, Aletto lascia Solimano ed al tramonto entra in Gerusalemme e sotto le vesti di un messaggero gli annunzia la battaglia incitandolo al combattimento. Si scatena la battaglia: l’esercito di Goffredo viene circondato e il Soldano fa orribile strage. Nella terribile battaglia ci sono atti di grande eroismo, come quello in cui Latino e i suoi cinque figli assalgono Solimano ma restano tutti uccisi . Goffredo si slancia nella battaglia e al suo passare raccoglie i cristiani sbandati; ordina una certa strategia con Guelfo cercando di attaccare il nemico da due lati. Goffredo cerca di rincuorare i Cristiani sbandati, mentre la battaglia si fa più aspra ed equilibrata. Anche Guelfo rincuora i Cristiani, mentre Dio dall’alto dei Cieli guarda la battaglia, chiama l’Arcangelo Michele e lo invia sulla terra per ricacciare i demoni nell’Inferno, mentre sulla terra scintilla l’arcobaleno. Argante e Clorinda combattono strenuamente, come l’eroina cristiana Gildippe; lo stesso Guelfo si slancia contro Clorinda; è ormai l’alba; Argillano si libera dalla sua prigione e si getta nella battaglia, uccide Saladino ed altri, tra cui Ariadino che gli predice morendo una morte ormai vicina; tra i sagittari pagani si trova Lesbino, un giovane paggio del Sultano: contro di lui si scatena Argillano; in aiuto di Lesbino arriva proprio il Sultano, ma troppo tardi: piange sul corpo del paggio dopo aver ucciso lo stesso Argillano. All’improvviso cinquanta cavalieri (erano quelli che avevano seguito Armida) dietro l’insegna della Croce arrivano e mettono scompiglio nelle schiere nemiche, che cominciano a fuggire verso la città. Solimano assiste impotente alla fuga generale delle forze pagane, anch’egli incapace di continuare a combattere, ma il suo spirito si ribella e non cede.

CANTO X

Solimano sale in groppa a un cavallo ormai senza cavaliere e anonimo si allontana dalla battaglia, disponendosi infine ad andare nel campo del Re d’Egitto, e quando tutto tace nella notte si addormenta. Gli appare in sogno il mago Ismeno, che gli promette di portarlo tra le mura di Gerusalemme; all’alba salgono su un carro reso invisibile da una nube. Meravigliato Solimano gli chiede chi sia e il mago gli parla brevemente di sé, mentre col carro passano sopra il campo cristiano. Smontano dal carro e si avviano a piedi verso il monte su cui sorge Gerusalemme, ai piedi del quale s’apre una grotta: al centro si trova una porta che nasconde un sotterraneo cammino. Arrivano in una sala dove sono a consiglio i capi arabi e il re Aladino. Solimano ascolta Aladino, Argante e Orcano, che cerca di persuadere Aladino alla prudenza. Dissoltasi la nube, appare allora Solimano, che minaccia Orcano affermando che Francesi e Arabi mai potranno vivere su una stessa terra, ed è accolto con stupore e gioia da Aladino e dagli altri. Intanto Goffredo, completate le esequie dei caduti, chiama alla presenza di pochi intimi e di Pietro l’Eremita i cinquanta cavalieri che avevano salvato le sorti della battaglia e si fa raccontare cos’era successo con Armida; parla Guglielmo, il figlio minore di Goffredo, e racconta come Armida con arti magiche aveva mutato ogni loro pensiero e chiesto che si facessero pagani e combattessero contro i Cristiani, ma tutti si ribellarono; come un giorno vi sia capitato Tancredi, che viene tenuto ancora prigioniero; come furono inviati in catene come dono al re d’Egitto, ma durante il viaggio vennero liberati da Rinaldo. Che Rinaldo sia vivo, viene confermato anche da Pietro l’Eremita che, trasfigurato in volto, predice le grandi future glorie della Casa d’Este, cui Rinaldo appartiene.

CANTO XI

Mentre Goffredo sta apprestando le opere per dar l’assalto a Gerusalemme, viene raggiunto da Pietro l’Eremita che lo invita a fare una processione per invocare l’aiuto del Cielo. Il mattino dopo si snoda la processione che si dirige verso il Monte Oliveto con canti e preghiere. Dalle mura i pagani guardano ammirati gli strani riti, ma cominciano a gridare non appena s’attenua la sensazione della novità dello spettacolo; i Cristiani, giunti sul colle, erigono l’altare per la celebrazione della Messa. L’assalto viene fissato per il mattino seguente. All’alba comincia l’attacco, mentre sulle mura di Gerusalemme tutti sono pronti alla difesa, soprattutto nel punto in cui è più facile l’assalto: qui si portano Solimano, Argante e Clorinda. Disposto l’esercito Goffredo dà il segnale della battaglia e per primo Alcasto dà l’assalto alle mura, sulle quali si distinguono Argante e Clorinda che abbatte sette cristiani colle sue frecce. Intanto Goffredo attacca con una torre da un’altra parte, ma viene ferito da una freccia di Clorinda. L’attacco viene respinto, vengono feriti Sigiero, Guelfo, Raimondo ed Eustazio. Si distingue soprattutto Argante che insieme a Solimano attaccano improvvisamente i Cristiani uscendo dalle mura, che con Tancredi si difendono disperatamente. Goffredo, cui Eròtimo cerca di curare la ferita, viene guarito da un angelo e ritorna alla battaglia ferendo Argante. La notte separa i combattenti. L’alta torre, che i cristiani stavano ritraendo indietro dalle mura, cade e perde due ruote. Si mandano i fabbri a raccomodarla.

CANTO XII

Durante la notte, mentre con Argante assiste al febbrile lavoro per rimettere in sesto le difese, Clorinda promette a se stessa di andare a incendiare la grande torre dei Cristiani; Argante le dice allora che vorrà essere vicino a lei nell’impresa. Concordi si recano dal re Aladino ed espongono il piano; anche Solimano vuol partecipare all’impresa, ma il re lo dissuade mentre Ismeno chiede che attendano qualche ora per preparare un miscuglio che possa incendiare bene la torre. Mentre Clorinda si veste, Arsete, che per tutta la vita era stato suo fedele servitore, le chiede di rinunciare all’impresa, ma è inutile; allora le svela quali sono le sue vere origini: figlia di Senapo, re cristiano d’Etiopia, era nata bianca da madre nera e per non urtare la gelosia del re, era stata abbandonata alla nascita con gran dolore dalla madre e raccolta da Arsete, che la nascose e la crebbe nella religione pagana, valorosa e ardita nelle armi. Clorinda lo rasserena dicendogli che sempre avrebbe seguito la fede nella quale era stata educata. A notte alta, Clorinda, Argante e Ismeno escono dalla città e incendiano la torre; accorrono due squadre di cristiani: breve è la battaglia mentre i pagani rientrano in città attraverso l’Aurea Porta; ma Clorinda è in ritardo, e allora si mischia ai soldati cristiani. Solo Tancredi la riconosce e la sfida a duello, ingaggiando un mortale combattimento senza essere riconosciuta. Colpita a morte, prima di spirare chiede di essere battezzata. Tancredi le scopre allora il viso: grande è il suo dolore nel riconoscerla, un dolore che si calma solo alle parole di Pietro l’Eremita. Nella notte prima dei funerali, Tancredi sogna Clorinda, che gli si mostra in tutta la sua bellezza celeste. Al mattino l’eroe si sveglia consolato. Si diffonde nella città la notizia delle morte di Clorinda; piange Arsete, mentre Argante giura di uccidere il rivale per vendicare l’amica.

CANTO XIII

Ismeno pensa a nuovi sistemi per rendere sempre più sicura la città di Gerusalemme; non lontano dalla città si estende la selva di Saron, popolata di streghe, violata dai Cristiani per procurarsi legna; qui si reca Ismeno e la popola di demoni; poi se ne torna dal re Aladino per rassicurarlo. Intanto Goffredo di Buglione decide di far ricostruire la torre e manda i fabbri nel bosco per tagliare il legno occorrente, ma fuggono, respinti da uno strano timore. Alcasto sorride ironico al racconto e chiede di essere mandato nella selva, dove vede un gran fuoco e dei mostri e fugge anche lui impaurito. Anche Tancredi, dopo aver sepolto Clorinda, va verso la selva: ma s’arresta di fronte ad apparizioni strane; con coraggio percuote una pianta con la spada e sente la voce di Clorinda; gli cade di mano la spada e subito s’innalza un vento impetuoso, per questo desiste: tornato al campo racconta tutto a Goffredo: della voce di Clorinda, d’un meraviglioso fuoco, degli alberi che parlano e stillano sangue. Pietro l’Eremita cerca di rincuorare tutti dicendo che ormai è prossima l’ora in cui cadrà Gerusalemme. Intanto il campo cristiano è afflitto dalla siccità; cominciano i lamenti; qualcuno, come il duce dei Greci Tatino, abbandona di notte il campo cristiano, seguito da altri quando si sparge la notizia. Goffredo allora volge al Cielo un’ardente preghiera, che viene ascoltata da Dio che ordina che cessi la persecuzione dei demoni contro i Crociati e manda sul campo una pioggia abbondante.

CANTO XIV

Durante la notte Dio vigila dal Cielo e manda il suo sguardo favorevole a Goffredo che vede in sogno Ugone, che gli consiglia di permettere il ritorno di Rinaldo. Il giorno dopo Guelfo, per ispirazione di Dio, propone a Goffredo, che acconsente, di richiamare l’eroe. Si offrono Carlo ed Ubaldo, che, dopo essere stati ricevuti da Pietro l’Eremita, vanno alla ricerca di Rinaldo; si dirigono verso il mare, raggiungendo Ascalona: qui appare loro un mago, un vecchio che era nato di fede pagana e li conduce con sé nella sua grotta sottomarina, nel grembo immenso della terra dove si convertì al cristianesimo e acquisì la sua grande cultura. Parlando di sé, li conduce nella meravigliosa dimora in cui abita e narra come Armida prese prigioniero Rinaldo e con quali arti lo trattiene; svela che si nasconde nell’oceano, nell’isola Fortuna, dove nessuna nave arriva mai, che incontreranno una giovinetta che tenterà di ammaliarli; infine raggiungeranno il castello posto sopra una montagna, dove troveranno Rinaldo. Finito di parlare, li porta a riposare.

CANTO XV

All’alba, il mago d’Ascalona accomiata i due cavalieri dopo aver dato loro un foglio, uno scudo e una verga. Sono accolti nella barca guidata dalla Fortuna, cominciano il viaggio attraverso il Mediterraneo, e sulle spiagge di Gaza e verso l’interno vedono le nuove truppe che si stanno riunendo per muovere contro l’esercito cristiano a Gerusalemme. Attraversano il Mediterraneo, passano oltre le rovine della grande Cartagine e dopo quattro giorni, oltrepassate le colonne d’Ercole, cominciano la navigazione nell’Oceano; chiedono alla Fortuna se altri mai hanno già intrapreso la navigazione nell’aperto Oceano; e la donna parla di Ercole e soprattutto di Ulisse, per cui è ignoto il mare che stanno solcando. Ma un giorno un uomo, ligure, di nome Colombo, lo attraverserà. Giungono finalmente nelle isole Felici, sette abitate e tre disabitate; sbarcano nell’isola dove si trova il palazzo d’Armida e s’incamminano verso un alto monte, vincendo via via gli ostacoli che loro si presentano per mezzo dei talismani del mago (un serpente con la verga, un leone con un fischio). Salgono il monte e giungono presso il fonte del riso, che contiene pericoli mortali, rappresentati da due donzelle nude che nuotano nell’acqua e che cercano di allettarli a sè; ma memori dei consigli ricevuti, essi passano oltre.

CANTO XVI

Carlo e Ubaldo entrano nel palazzo d’Armida dalle cento entrate, e penetrano nel giardino incantato (descrizione: la rosa, l’atmosfera amorosa). I due guerrieri vedono Rinaldo e Armida mentre si scambiano effusioni d’amore nel giardino. Ad un certo punto Armida baciandolo si allontana. I due eroi colgono il momento favorevole e si presentano davanti a Rinaldo mentre Ubaldo gli parla e gli rivolge contro lo scudo, nel quale egli specchiandosi vede tutta la sua abiezione, restando confuso. Intanto Armida, trovato morto il guardiano, torna e vede Rinaldo che si sta allontanando: lo prega, forsennata gli corre dietro, gli parla in modo accorato, lo prega di accettarla almeno come ancella. Rinaldo le risponde che devono lasciarsi, e parte mentre la donna dà libero sfogo al suo dolore disperato minacciando infine vendetta. Partiti i tre guerrieri, Armida con le sue arti magiche, distrutto il suo palazzo e il giardino incantato, vola sul suo carro nel castello sulle rive del Mar Morto; donde poi passa a Gaza nel campo del Re d’Egitto.

CANTO XVII

Gaza è la città frontiera del Califfo d’Egitto, che aveva ottenuto la sua indipendenza ribellandosi a Bisanzio. Mentre il Califfo passa in rassegna il suo esercito, appare Armida circondata da cento donzelle e cento paggi. Il Califfo fa venire alla sua presenza Emireno, nominandolo duce supremo; poi si allontana e si reca a mensa nella gran tenda; qui lo raggiunge Armida, che colle sue parole infiamma d’amore il cuore dei guerrieri: essa promette di divenire moglie di colui che ucciderà Rinaldo. Per primo le risponde Adrasto, poi Tisaferno e quindi tutti. Rinaldo, intanto, con Carlo e Ubaldo si imbarca nella nave della Fortuna; dopo quattro giorni di navigazione giungono in Palestina; appare loro da lontano un albero luminoso con armi nuove appese e a guardia un vecchio, il mago d’Ascalona, che lietamente li riceve e parla a Rinaldo facendogli vedere, riprodotti in uno scudo lucente, tutti i suoi antenati e le glorie della Casa d’Este, e gli tesse l’elogio di Alfonso II. Infine i tre eroi partono sul carro col mago alla volta di Gerusalemme. All’alba giungono in vista della Città Santa; Rinaldo e i suoi compagni si separano dal mago e giungono al campo cristiano.

CANTO XVIII

Rinaldo s’incontra con Goffredo che lieto lo accoglie e gli racconta come la selva sia dominata da oscuri incantesimi; dopo aver ricevuto dimostrazioni di affetto da Guelfo e Tancredi e dagli altri principi, l’eroe si offre al rischio. Gli si avvicina Pietro l’Eremita che gli perdona le colpe e gli raccomanda di andare a pregare sul Monte Oliveto. All’alba Rinaldo è sul monte a pregare. Bellissima è la natura intorno. Finita la preghiera va verso la selva, che non gli suscita nessun timore; ode un suono dolcissimo e sente lo scorrere di un ruscello, trova un varco e lo oltrepassa; da una quercia esce una ninfa e da cento altre piante cento altre ninfe che si mettono a danzare e allora gli sembra di vedere il viso di Armida che gli parla dolcemente, poi abbraccia un albero di mirto (simbolo d’amore): mentre Rinaldo alza la spada e si trasforma nel mostro Briàreo dalle cento braccia, con cinquanta spade e cinquanta scudi; ma sotto l’assalto di Rinaldo l’incanto sparisce, e la selva torna nel suo naturale stato. L’eroe torna verso l’accampamento mentre Pietro l’Eremita diffonde la notizia della fine dell’incantesimo. Si va a raccogliere il legname, si costruiscono arieti e catapulte: ferve il lavoro diretto da Guglielmo. Intanto Ismeno prepara i fuochi per incendiarle. Mentre ferve il lavoro, viene vista una colomba sorvolare lo stuolo francese; la raccoglie Goffredo; la colomba reca un messaggio del Califfo d’Egitto ad Aladino. Goffredo delibera di affrettare l’assalto a Gerusalemme; e intanto manda Vafrino, scudiero di Tancredi, a riconoscere le forze del campo egiziano. Finiti i preparativi vien dato da tre lati l’assalto alla città; grande eroismo di Rinaldo. Viene sconfitto l’empio Ismeno; la gran torre ricostruita arriva sotto le mura, e invano vi si oppone Solimano. Allora appare agli occhi di Goffredo l’angelo Michele. Rinaldo lascia a Goffredo l’onore di entrare per primo in Gerusalemme e di piantare la Croce sulle mura: esplodono grida di gioia e nello stesso istante Tancredi riesce a vincere la resistenza di Argante; dall’altra parte della città il re Aladino resiste strenuamente; ma quando vengono udite le grida di vittoria degli altri Cristiani, raddoppiano gli sforzi di Raimondo e dei suoi, e allora Aladino fugge in un luogo alto e fortificato, dove spera di continuare la disperata difesa: Gerusalemme è tutta nelle mani cristiane.

CANTO XIX

Solo Argante resiste sulle mura, ma viene raggiunto da Tancredi: fra i due si rinnova la sfida interrotta, escono dalla città e si accende il combattimento, Argante rimane ucciso, mentre Tancredi cade ferito presso di lui e sviene. Rinaldo assale il tempio di Salomone e lo conquista dopo una grande strage. Intanto Solimano e Aladino si sono rifugiati nella torre di David. Sopraggiunge Raimondo che viene abbattuto e tramortito da Solimano, che si batte con grande coraggio; Aladino ordina che Raimondo sia fatto prigioniero, ma il principe viene difeso da tutti i suoi mentre da due opposti lati sopraggiungono Goffredo e Rinaldo. Goffredo rimanda all’indomani l’assalto alla torre di David per poter raccogliere e curare i feriti. Intanto Vafrino, giunto nel campo pagano, può rendersi conto della grandezza dell’esercito raccolto; girando per l’accampamento, giunge vicino alla tenda del re egiziano, si ferma e ascolta le voci che provengono dal suo interno; viene così a conoscenza di una congiura contro Goffredo e del pericolo che corre Rinaldo. Il giorno dopo marcia con l’esercito egiziano, e alla sera, durante la sosta, gira di tenda in tenda e vede Armida con Adrasto, Tisaferno e Altamoro; alla fine, per puro caso, viene a sapere come sarebbe stata attuata la congiura contro Goffredo. Una giovane donna lo riconosce: è Erminia, che lo rassicura confessandogli il suo amore per Tancredi; è la stessa Erminia a svelargli le modalità della congiura e poi, spinta da Vafrino, racconta come s’innamorò del principe cristiano. Insieme ritornano a Gerusalemme, per una strada diversa da quella seguita dall’esercito egiziano. Arrivano sotto le mura della Città e si imbattono nel corpo esanime di Tancredi; piange Erminia credendolo morto, ma all’improvviso sente un debole lamento uscire dalle labbra di Tancredi, e gli presta le prime cure; Tancredi apre gli occhi e riconosce Vafrino; intanto accorrono in molti e preparano una barella colla quale il principe viene trasportato nella città insieme al corpo di Argante, al quale vuole dare degna sepoltura, perché come un grande aveva combattuto. Vafrino va in cerca di Goffredo, lo trova presso il letto di Raimondo ferito e gli rende conto del suo operato, svelandogli congiure e pericoli. Goffredo decide di combattere gli Egizi in campo aperto. Viene la notte.

CANTO XX

Sorge il mattino, tutti vorrebbero combattere, ma Goffredo tiene a freno gli uomini, per dare loro ancora un giorno di riposo. Il mattino dopo Goffredo dispone l’esercito e rivolge loro un discorso d’incitamento, alla fine del quale pare a molti di vedere un lampo celeste. Nello stesso tempo anche il condottiero egizio ordina le sue schiere incitandole. I due eserciti sono schierati l’uno di fronte all’altro, infine viene dato il segnale della battaglia. Eroismo da entrambe le parti; di Gildippe, Altamoro, e di tanti altri. Goffredo sventa la trama ordita contro di lui, mentre Rinaldo comincia a far grande strage intorno a sé, e ad un certo punto giunge dove si trova Armida che cerca di colpirlo con le sue frecce, ma “mentre saetta, Amor lei piaga”. Intanto dalla Torre il Sultano guarda la battaglia, e allora insieme ad Aladino esce a combattere. Accorre Raimondo e viene raggiunto dal Sultano Solimano: i due si scontrano presso la casa dove giace ferito Tancredi, che si arma di scudo e spada e scende in battaglia, tenendo al riparo Raimondo sotto lo scudo. Raimondo si avventa contro Aladino, lo uccide, e finalmente conquista la rocca e “nel sommo di lei” scioglie al vento il grande vessillo. Intanto sopraggiunge Solimano, che uccide Gildippe e Odoardo; accorre Rinaldo che uccide prima Adrasto e poi Solimano: va in fuga l’esercito egiziano e invano Emireno cerca di fermarlo facendo tornare indietro Rimedone, il portabandiera, e riunendosi a Tisaferno che si stava battendo con grande coraggio e che ha il suo ultimo scontro con Rinaldo che lo uccide. La battaglia è finita; Rinaldo si guarda intorno e vede tutti abbattuti i vessilli nemici. Si ricorda allora di Armida che “fuggiva sola e dolente”. Si dirige verso di lei e finalmente i due si riconciliano. È il momento culminante: Goffredo, dopo aver ucciso Emireno, e fatto prigioniero Altamoro, invade e prende il campo degli Egizi. Poi, sul far della sera, sale al Santo Sepolcro e scioglie il voto.

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