RIASSUNTO DETTAGLIATO DEI SEPOLCRI DI FOSCOLO

RIASSUNTO DETTAGLIATO DEI SEPOLCRI DI FOSCOLO

RIASSUNTO DETTAGLIATO DEI SEPOLCRI DI FOSCOLO


In latino: “I diritti dei Mani (i morti) siano santi.
(Dalle 12 Tavole romane – dà sacralità all’opera)


Vv 1-13: Sotto l’ombra dei cipressi e dentro le tombe, confortate (aggettivo pieno di affetto) dal pianto dei vivi, forse la morte è meno crudele? (Inizia con una domanda retorica , con negazione, secondo la sua concezione materialistica e illuministica; cioè le tombe non servono a niente.) Quando ormai il sole non illuminerà più il mondo e quando ormai il futuro (le ore che danzano sono un concetto elegante, classico) non ci sarà più per me, ne io ascolterò più la tua triste poesia o amico (Ippolito Pindemonte, al quale è dedicato il Carme e che scrisse un poemetto sui cimiteri), nè ormai mi ispirerà la poesia pura (perché per Foscolo la poesia doveva essere libera dalle servitù dei potenti) che è stata d’aiuto alla mia vita tormentata,

Vv 14-22: per me, morto, che sollievo sarà una tomba, una lapide che distingua le mie ossa dalle tante sparse dovunque? (concezione materialistica, negativa). Purtroppo è vero! O Pindemonte! Anche la speranza, che è l’ultima a morire, fugge la tomba e tutto muore; la dimenticanza trascina tutto nel suo buio e una forza continua tormenta tutto ed il tempo cambia l’uomo, i cadaveri e tutto ciò che rimane della terra e del cielo. (concezione materialistica).

Vv 23-29: Qui inizia la ribellione della Speranza, dell’Illusione che l’uomo, pur sapendo con la ragione che la Tomba non serve a niente, col cuore vuole sperare di non morire del tutto, restare vivo nel ricordo, per le imprese fatte. Ma perchè l’uomo deve togliersi, prima del tempo, l’illusione che una volta morto, lo fa un po’ fermare prima dell’Al di là? Non vive anche dopo morto, quando non vedrà la luce, se questa luce può dare a lui l’affetto degli amici e dei parenti?

Vv 30-41: E’ Divino questo scambio di affetto fra i vivi e i morti (quindi per prima cosa i Sepolcri servono a mantenere vivo il ricordo del morto) e per questo il vivo vive col morto e il morto col vivo, se la terra pietosa che lo raccolse da bambino, lo raccoglierà anche da morto, difendendo il suo cadavere dalle tempeste e dai piedi del volgo e una pietra (lapide) conservi il suo nome e un albero profumato gli dia ombra. (al femminile, dal latino, per un senso di dolcezza).

Vv 42-51: Solo colui che non lascia amici ha poca gioia della tomba e se pensa dopo il suo funerale, si vede nell’Inferno o nel Purgatorio; ma lascia la sua polvere alle erbacce, dove nessuno andrà a pregare, nè un passeggero solitario vedrà il sospiro che la natura ci manda dalla tomba. Però una nuova legge (Editto di Saint Cloud, in Francia del 1804) vuole che i cimiteri siano lontani dalle città e le Tombe tutte uguali.

Vv 52-70: E ora Talia (la musa della poesia satirica, perchè Parini scrisse il Giorno, poemetto satirico contro i signori ricchi, come Sardanapalo, Re assiro, vizioso) il tuo poeta è seppellito lontano dalla sua casa. O Musa, tu non sei vicino a lui, sotto l’albero del Tiglio che ora è triste (dà un’anima all’albero, e questo è classicismo) perchè non fa ombra sulla tomba di Parini.

Vv 71-91: Forse Parini è sepolto vicino ad un assassino che fu ghigliottinato. La città di Milano, corrotta, non gli diede un degno sepolcro. (Ora Foscolo descrive, con un sentimento preromantico, lugubre, notturno da Ossian, un cimitero). Ora senti la cagna abbandonata fra le sterpaglie, affamata e l’upupa (non è un uccello notturno, ma Foscolo qui la usa perchè, a causa di tante “U” dà un suono lugubre e cupo) che si nutre di cadaveri (sporca) accusa la luce delle stelle. Purtroppo sui morti, se non ci sono pianti degli amici affettuosi, non nasce nessun fiore. Adesso Foscolo dice che da sempre l’uomo ha dato importanza alle tombe,

Vv 92-104: da quando iniziò la civiltà con la famiglia, le leggi e la religione, per difendere i cadaveri (che la Natura trasforma) dalle belve e dalle tempeste. Questo concetto Foscolo lo prende dallo scrittore Vico, ma Foscolo a differenza del Vico non crede nella Provvidenza. Prima le Tombe erano sacre, perchè ricordavano le imprese passate (quindi i Sepolcri servono anche a tramandare le grandi imprese e a far nascere nei cuori forti, il desiderio di grandi cose e l’amor patrio).

Vv 105-114: Ci fu un periodo (parla del Medioevo e del Cristianesimo che egli critica) in cui nelle chiese c’era puzza di cadaveri che erano li sepolti e le loro figure facevano paura a chi pregava, e che nel sonno si svegliava piena di terrore (sentimento lugubre, cupo). Ma ci furono pure i cimiteri pagani (Foscolo li ammira) in cui c’erano profumo e dolci fontane e le lampade notturne e i parenti offrivano latte mentre parlavano con i loro morti,

Vv 115-137: credevano di essere ai Campi Elisi (Paradiso pagano). Adesso parla dei cimiteri inglesi, dove le donne pregavano per far ritornare l’Ammiraglio Nelson che si fece la bara con l’albero della nave vinta (Battaglia di Trafalgar 1804, in cui vinse su Napoleone).

Vv 137-154: Ma nei paesi (come l’Italia) in cui non c’è amor patrio, ma solo viltà, i Sepolcri non servono a niente perchè i vili sono morti già vivi. Io, spero, da morto, di lasciare sentimenti puri e un Carme (i Sepolcri) che canti la libertà. (Questa è la parte centrale, più importante dei Sepolcri, perchè spiega la loro funzione centrale, perchè ispirano a grandi imprese e rendono santa la terra che accoglie le Tombe degli uomini forti,

Vv 154-180: come il Sepolcro di Santa Croce a Firenze in cui sono sepolti grandi uomini come Machiavelli che, con il Principe, fece vedere al popolo, la crudeltà di questi, con la scusa di dargli consigli (non è proprio vero perchè nel Principe, Machiavelli, dà davvero consigli di crudeltà, ma Foscolo vuole difendere Machiavelli dall’accusa di immortalità seguendo la tesi repubblicana, democratica, del Rousseau, Boccollini, ma Foscolo vuole difendere Machiavelli) e c’è anche Michelangelo che ideò la cupola di San Pietro e Galileo e altri. Ma tu Firenze sei beata anche per il tuo clima sereno e per i tuoi fiumi, che scendono a te dai monti dell’Appennino. La luna lieta della tua aria serena illumina i tuoi colli in festa per la vendemmia, le valli intorno piene di case e di uliveti mandano profumi di fiori in cielo: e Tu, per prima o Firenze, ascoltavi il carme (l’opera: la Divina Commedia di Dante, un ghibellino in esilio, perchè durante l’esilio si avvicinò all’impero: ebbe fiducia nell’Imperatore Arrigo VII). Prima egli era sempre stato Guelfo di parte bianca, rabbia perchè, nella sua opera egli si scaglia contro la corruzione del tempo, e tu (o Firenze) hai dato i natali e la lingua e quel poeta (Petrarca) dalla poesia dolce (Calliope: musa della poesia dolce) che ponendo un puro velo all’Amore (amore spirituale) che prima in Grecia e a Roma era fisico, offriva quest’amore a Venere celeste, spirituale; ma più felice, te, o Firenze, perchè hai riunite in un Tempio (il Sepolcro di Santa Croce) le glorie italiane,

Vv 180-197: le sole, forse da quando le Alpi (un tempo difesa dell’Italia dallo straniero) era mal vietate, cioè facilmente attraversabili da tutti e da quando le varie vicende umane ti tolsero armi, ricchezze, altari (religione), la patria e tranne il ricordo del passato glorioso, tutto. Poichè se c’è un posto, come il Sepolcro di Santa Croce, dove brilla speranza di gloria per i giovani forti e per l’Italia, da questo posto prenderemo i buoni auguri per un futuro migliore. In questo Sepolcro si recava spesso Vittorio (Alfieri, scrittore del ‘700 ammirato molto da Foscolo e per questo chiamato qui per nome. Ma mentre Alfieri era isolato e staccato dagli avvenimenti politici, il Foscolo vive e parteci- pa.) per trovare ispirazione. Egli era pieno d’ira per gli dei della Patria (che non era libera) e in silenzio cercava i luoghi più deserti, guardando il cielo, pieno di speranza; e, poichè niente del suo periodo lo rendeva sereno, si riposava qui; e aveva il viso teso. Adesso vive qui con i grandi uomini; vive, è seppellito, vive perchè è sempre vivo il suo ricordo per essere stato un uomo di grandi ideali pattriottici.

Vv 197-207: Della pace delle tombe, parla una Divinità, la stessa che diede agli Ateniesi ( pochi di numero) il coraggio di vincere i Persiani (numerosi) nella battaglia di Maratona (Grecia), dove Atene costruì un sepolcro (Sepolcro di Maratona). Chi navigava il mare Egeo, vicino Maratona, vedeva ancora il ripetersi di quella famosa battaglia con elmi scintillanti nella notte, spade tra loro cozzanti; il fumo dei roghi, fantasmi di guerrieri lampeggianti per le armi di ferro che cercavano la battaglia;

Vv 207-224: e nell’orrore del notturno silenzio si sentiva per i campi un tumulto di schiere, un suono di trombe, un correre precipitoso di cavalli scalpitanti sugli elmi dei moribondi; il pianto dei feriti, gli inni dei vincitori e il canto delle Parche ( le tre dee che tessevano la vita dell’uomo, il destino). Felice Te, o Pindemonte! che, da giovane, hai attraversato il mare greco! E se il pilota guidò la tua nave oltre le isole egee, di certo hai udito fatti antichi dei lidi dell’Ellesponto e il mare agitato che portava sul promontorio Retèo le armi di Achille sul Sepolcro di Aiace (le armi di Achille, alla sua morte, spettavano ad Aiace, il più coraggioso ma le ebbe, con l’astuzia, Ulisse, grazie all’aiuto dei Re Menelao ed Agamennone); così la morte dà giustamente la gloria, ne l’astuzia, nè i re, poterono conservare le armi coraggiose (difficoli da mantenere) ed Ulisse ( nato ad Itaca, perchè gli dei sotterranei provocarono l’agitazione del mare per cui le armi caddero dalla nave di Ulisse.

Vv 224-241: La poesia (le Muse) eternatrice delle azioni umane, chiami me per cantare gli eroi, ma il triste periodo e il mio desiderio di libertà rendono esule. “Per diversa gente ir fuggitivon” (qui Foscolo ricorda l’opera di Catullo) “Multas per gentes…” in cui Catullo si rivolge al fratello morto… però in Catullo manca il dolore e la preoccupazione per la sepoltura illacrimata (perchè lontano dai parenti) e manca anche il problema dell’immortalità che dà il ricordo. Le muse Pimplèe, del monte Pimpla, della Macedonia, in Grecia, (sacro alle muse) sono custodi dei sepolcri e quando il tempo avrà cancellato tutto, il loro canto (la poesia) canterà i fatti che diventeranno eterni. Oggi nella Troade deserta c’è per gli stranieri un sepolcro (Sepolcro di Elettra) eterno grazie alla ninfa Elettra, amata da Giove, dal quale ebbe Dàrdano da cui discesero Ilo ed Assaraco ed i cinquanta figli di Priamo (Re di Troia) e la stirpe dei latini. Infatti, da Ilo discesero i principi Troiani sino al Re Priamo e da Assaraco Enea, da cui i latini detti Giulia stirpe dal nome del figlio Julo.

Vv 241-254: Quando Elettra sentì vicino la morte, chiese l’ultima preghiera a Giove: se ti fu caro il mio amore e i fati non possono darmi premio maggiore (i Fati, il destino era superiore agli stessi dei) almeno guardami dal cielo e fai in modo che resti eterno il mio nome. Così pregando moriva. E il Re dall’Olimpo (Giove) piangeva; e dicendo di sì col capo, pioveva dai capelli su Elettra ambrosia e così rese eterno quel Sepolcro.

Vv 254-272: Lì fu seppellito Erittonio ed Ilo (grandi eroi), lì, le donne troiane, sciogliendo i capelli (in segno di dolore, invano! Infatti diventeranno schiave dei greci) cercando di respingere con le preghiere il destino futuro dei loro mariti. Cassandra (la figlia di Priamo che, avendo respinto la corte del Dio Apollo, ebbe da questi il dono di profetizzare il futuro ma, come punizione, senza essere creduta) quando Apollo la ispirava a cantare la fine di Troia, venne lì e cantò a questa tomba un canto d’amore e qui portava i giovani per insegnar loro questo dolore e diceva: Ahime! Se mai voi giovani da Argo (in Grecia) dove, schiavi pascerete i cavalli a Diomede (figlio di Tideo) e ad Ulisse figlio di Laerte, ritornerete in Patria, ma non la troverete più. Infatti le mure di Troia fatte da Apollo bruceranno sotto le macerie (incendio di Troia). Ma le divinità della Patria staranno in questo sepolcro poichè anche nelle disgrazie mantengono la loro dignità. E voi, cipressi, che piantano le nuore del Re Priamo,

Vv 273-279: crescerete annaffiati da lacrime di vedove, proteggete i miei padri; colui che allontanerà l’ascia dagli alberi sacri, avrà pochi lutti familiari e potrà avvicinarsi santamente all’altare (profezia che allude alle sventure dei capi greci dopo la conquista: forse al figlio di Achille che osò uccidere il figlio di Priamo, mentre questi era vicino all’altare). Un giorno vedrete umile e modesto un cieco (il poeta Omero) e vagando entrare nelle tombe, abbracciare il sepolcro e chiedere ispirazione.

Vv 279-fine: Le tombe risponderanno (funzione ispiratrice della poesia, grazie alle tombe dei grandi uomini) e parleranno di Ilio (Troia, Ilio, dal nome del suo fondatore) distrutta due volte (da Ercole e dalle Amazzoni) e due volte risorta in silenzio per rendere più gloriosa la conquista ai greci, portati dal Fato. Il sacro profeta (Omero) calmando gli eroi morti con la poesia, renderà, col suo canto eterni i capi greci per uno spazio quasi infinito per tutto il mondo (ai tempi di Omero il mondo si pensava circondato da un immenso fiume, l’Oceano). E tu, Ettore (figlio di Priamo) sarai onorato in tutti i posti dove è ritenuto sacro il sangue versato per la Patria fino a quando il sole illuminerà le infelicità della vita.

Il Carme finisce con una immagine di vita: il Sole e di dolore: morte e sciagura.


Partizione e breve commento stilistico

vv. 1-22 Premessa iniziale, sviluppata attraverso due interrogazioni retoriche (vv.1-3; vv.3-15)seguite dall’asserzione: la forza inesorabile del tempo ( quella che nell’ Ortis era la “Distruzione divoratrice di tutte le cose ” ) trasforma continuamente tutto l’esistente: l’ uomo, le tombe, le reliquie della terra e del cielo, per cui razionalmente la tomba, un sasso, non può essere di alcun conforto per chi non è più.Si noti che la condizione del morto è espressa attraverso le negazioni reiterate (né – né…)

vv. 23-50 Di contro alla realtà dura della concezione meccanicistica si para l’ illusione di poter continuare a vivere destando nella memoria dei vivi ” l’armonia del giorno ” ossia quel complesso di sentimenti che costituiscono l’esistere.

Tale illusione sussiste per tutti coloro che sperano di poter avere una tomba lacrimata, in patria, il che certamente non può verificarsi per il malvagio che è l’unico che ” non lascia eredità d’affetti “. La tomba è dunque ciò che testimonia e alimenta il sogno di vincere il destino di annientamento dell’uomo

vv. 51-90 Tale illusione è però minacciata, anche per i benefattori dell’umanità, da una “nuova legge ” ( l’editto di Saint Cloud ) che ” il nome a’ morti contende ” al punto che persino il Parini potrà giacere forse insieme al ladro, lui che era stato il sacerdote della poesia satirica la cui musa, Talia, invano prega che la rugiada contorni amorosamente quelle sacre ossa che sono, invece, abbandonate dall’incuria degli uomini in un macabro cimitero diroccato, popolato da cagne randage e upupe.

vv. 91-136 Invece il sepolcro ha rivestito in altri tempi storici una fondamentale funzione civilizzatrice: era un altare per i vivi, il simbolo degli ideali che animarono gli antenati, un incitamento al progresso e alle conquiste. Queste erano le caratteristiche positive e vitali del sepolcro nell’età classica che ancora hanno i sepolcri inglesi, mentre macabra e spaventosa è la raffigurazione di quei sepolcri medievali nelle chiese che offrono, quindi, un giusto pretesto ad una legge sbagliata.

vv. 137-212 Ma tale funzione vivificatrice del sepolcro non può esserci dove domina la viltà dei costumi e degli animi.Tuttavia le urne dei grandi incitano a grandi imprese gli animi forti. Tale la sensazione che il poeta ricavò visitando le tombe di Machiavelli, Michelangelo, Galilei in Santa Croce a Firenze, il luogo ove sono serbate quelle che sono forse le ultime glorie rimaste all’Italia e da cui si potrà ripartire un giorno per il riscatto della patria, così come faceva un altro grande italiano anch’egli ivi sepolto, Vittorio Alfieri. Tra queste mura sembra parlare quella stessa potenza divina che eccitò il valore dei Greci a Maratona (connessione per analogia) e che, secondo la tradizione, faceva avvertire al navigante che passasse di lì ancora i clamori e i bagliori della battaglia.

vv.213-229 Pindemonte, cui il carme è rivolto, ebbe tal felice sorte e veleggiò nei sacri mari di Grecia. Altra sorte, più sfortunata e più alta, quella del poeta che spera che le Muse gli concederanno di eternare col canto gli eroi.

vv. 230-295 Il tempo, infatti, divorerà anche i sepolcri e con essi la loro funzione civilizzatrice. Ma allora sorge la poesia a costruire memorie più durature per gl’ideali e i sogni dei trapassati: ” l’armonia vince di mille secoli il silenzio “. Così dopo che la memoria umana di Elettra e della sua stirpe scomparve ci furono le tombe a testimoniare l’eroismo e la virtù dei vinti di Troia. E quando anche le urne furono sul punto di scomparire, un cieco mendico le interrogò ed esse gli narrarono le vicende troiane. Così Omero, col suo canto, eternò la gloria dei Greci, ma anche la fama e la pietà dei vinti ovunque fosse onorato il sangue versato per la patria e fino all’ultimo giorno in cui il sole risplenderà sulle sciagure umane.

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