RELIGIONE ANTICO EGITTO

RELIGIONE ANTICO EGITTO

Il complesso delle credenze egiziane sfugge a un’esposizione organica e sistematica per il frazionamento geografico dell’Egitto, il mutare degli eventi e delle concezioni e infine il fondamentale eclettismo religioso degli Egiziani, pronti ad accogliere credenze apparentemente in contrasto fra di loro e a mantenerne altre ormai sorpassate. In mancanza di trattati organici esistono – oltre ai racconti degli autori classici, spesso travisatori del vero fenomeno religioso – fonti indigene consistenti in testi e monumenti figurativi. Tra gli importantissimi testi di carattere e uso funerario ricordiamo in ordine di tempo: i Testi delle Piramidi, i Testi dei Sarcofagi (chiamati dagli egittologi Libro dei Morti) raccolte estremamente eterogenee comprendenti formule magiche e d’offerta, rituali, inni, ecc., prima riservate al solo sovrano, poi passate anche ai privati. Tra quelle a carattere non funerario si hanno testi mitologici e magici, inni a divinità e infine resoconti di templi, dediche, iscrizioni storiche o racconti con accenni a pratiche religiose o a fatti del mito. Il frazionamento geografico ha dato luogo fin dalla preistoria, a tutta una serie di divinità locali, il cui aspetto originario si è spesso modificato in seguito ad avvenimenti storici. Alcuni dei avevano aspetto animalesco o umano con testa animale, probabilmente più come marchio di qualità superumana (spesso il nome stesso dell’animale è un aggettivo e ne indica l’aspetto o la qualità) che non come ricordo di un originario culto totemico. Molti animali erano ritenuti esseri divini o loro incarnazioni, quindi venerati e dopo la morte imbalsamati e sepolti: come il toro Apis a Menfi, l’ariete a Mende e inoltre il falco, l’ibis, il coccodrillo, il gatto, il babbuino, l’ippopotamo, talune varietà di serpenti, ecc. Si hanno così, procedendo da Sud verso Nord: a Elefantina il dio Khnum a testa di ariete, custode delle acque del Nilo e dotato di capacità creatrice, con le dee Sati e Anuki, a Edfu una forma del dio falco Horo, a El Kab la deaavvoltoio Nekhbet, a Hierakonopolis un’altra forma di Horo, a Tebe il dio guerriero Mont, poi soppiantato da Ammone e dalla sposa Mut. A Copto, presso la carovaniera che portava al Mar Rosso, era venerato il dio Min, itifallico, a testa umana fin dall’origine, venerato anche ad Akhmim; a Dendera la dea Hathor, spesso rappresentata in forma di giovenca. Dei con aspetto canino, protettori dei morti, erano oggetto di culto ad Abido, a Cynopolis, a Siut con i nomi rispettivamente di Khenty Amentyu, ”il primo degli occidentali”, Anubi e Wewaut, ”colui che apre le strade”. A Hermopoli si venerava Thot, dio della saggezza e della Luna rappresentato ora come ibis e ora come cinocefalo; nel Faiyum, zona di laghi bonificata durante la XII dinastia, un dio coccodrillo, Sobek; a Menfi, Ptah, patrono degli artefici, con la sposa Sakhmet a testa di leonessa e il figlio Nefertum, in origine un fiore di loto; a Sais la divinità locale era Neith, a Busiri Osiride, a Behbet Iside; vi erano poi molte divinità minori. Altre divinità, pur essendo venerate specialmente in alcune città, godevano anche di un culto esteso a tutto il regno. Così le divinità cosmiche Ra (il Sole), Gheb e Nut (la Terra e il Cielo), le grandi divinità funerarie, come Osiride e Iside, gli dei nazionali come Horo e Ammone. Alcune città avevano sviluppato poi un loro sistema teologico tendente a illustrare le origini e la finalità del cosmo. A Heliopoli la cosmogonia s’incentrava su Atum (”il completo”), ben presto assimilato a Ra (Atum-Ra) cui erano legati gli altri otto dei per generazioni successive: Atum generò Sciu (l’aria) e Tefnut (forse l’ipostasi femminile di Sciu) e da questi nacquero Gheb e Nut, che a loro volta diedero origine a Osiride, Iside, Seth e Nefti, che costituirono altre due coppie. In tutto erano nove dei, che venivano comunemente contraddistinti come ”la grande enneade”. Una seconda cosmogonia elaborata a Hermopoli faceva derivare da un caos liquido (Nun) un tumulo di terra sul quale, da un uovo misterioso, era nato il Sole bambino. Numerosi miti univano tra loro gli dei; il più noto era quello di Osiride, ucciso dal fratello Seth, resuscitato per opera della sua sposa Iside e vendicato prontamente dal figlio Horo. Questo quadro religioso, tuttavia, non si mantenne immutato, ma subì un complesso svolgimento storico. In età preistorica le credenze nell’aldilà e il culto dei morti sono testimoniati dalle sepolture e dai loro corredi. Per il resto data la mancanza di fonti scritte, possiamo ricostruire solo pochi aspetti, confortati dai ritrovamenti archeologici. Si è già fatto cenno al culto degli animali; inoltre è accertato che, per quanto più raramente, si veneravano piante e oggetti, quali pilastri, sisti (o scettri), pietre. All’inizio dell’Antico Regno si formarono o si stabilizzarono gran parte dei culti che continuarono poi in età posteriore, si tentò una sistemazione del pantheon, necessaria dopo l’unificazione e la fine delle indipendenze locali, e si formularono i primi sistemi teologici. Durante l’età menfita, il periodo fiorente dei costruttori delle grandi piramidi, la figura del re acquistò un risalto sempre maggiore anche nell’ambito della religione. Il faraone è la personificazione terrena di Horo, veglia sul benessere dei suoi sudditi, ne è il solo responsabile; i grandi monumenti funerari che sono elevati in suo onore proteggono anche il suo popolo. I sudditi fedeli restano sotto la protezione del sovrano anche dopo la morte: la tomba e le offerte funerarie stesse sono fatte in nome del re. La religione funeraria presentava in quest’epoca varie contraddizioni: il morto, se è un privato, può sopravvivere come stella, oppure viaggiare in un mondo sotterraneo, dove il Sole si rifugia dopo il tramonto. se è re sale al cielo nella barca di Ra. Grande importanza si annetteva alla conservazione del corpo del defunto: ciò si rivela nell’uso della mummificazione, apparso in tempi antichi e sviluppatosi ad altissima perfezione nel Nuovo Regno. A una concezione realistica dell’aldilà, immaginato simile alla vita terrena, si connetteva poi la credenza che il defunto fosse costretto a lavorare: per evitargli questa fatica, si ponevano nella tomba figurine di uomini che, chiamate in vita con formule magiche, dovevano lavorare per lui. Questa concezione subì una dura scossa alla fine dell’Antico Regno quando una violenta rivoluzione pose fine alle dinastie menfite, distrusse i privilegi ed estese in un ambito più ampio i vantaggi, anche religiosi, delle classi dominanti, facendo sorgere un’esigenza di uguaglianza tra gli uomini, di giustizia (maat) di norme morali. Anche i morti non sono più distinti, tutti diventano nell’aldilà personificazioni di Osiride e il loro destino è sottomesso a un giudizio in cui si pesano, davanti agli dei dell’oltretomba le azioni giuste e malvage compiute in vita (psicostasia). Solo ai giusti sarà concessa l’eterna sopravvivenza, i malvagi moriranno di nuovo e definitivamente. Né mancarono in quest’epoca esempi di sfiducia in una possibile sopravvivenza, con conseguente invito a godere le gioie della vita finché si è in tempo. Il Medio Regno restaurò il vecchio ordine nel Paese. In questo periodo l’origine tebana dei faraoni dell’XI dinastia portò a grande importanza il culto di Ammone, un oscuro dio locale, che ben presto divenne il dio nazionale, talvolta assimilato a Ra nella forma Ammone-Ra. in suo nome vennero combattute le lotte d’indipendenza contro il dominio degli Hyksos; a lui il sovrano consacrava templi fastosi e dedicava le prede di guerra, con il risultato concreto che i templi si arricchirono notevolmente e il clero di Ammone assunse uno straordinario potere che scavalcava in qualche caso la stessa autorità regía. Nuove concezioni e nuove esigenze religiose penetrarono frattanto nel mondo egiziano attraverso le conquiste di Paesi stranieri e i contatti con popolazioni asiatiche. Tutto questo sfociò, verso la fine della XVIII dinastia, in una rivoluzione religiosa voluta da un sovrano, Amenofi IV, strana figura mista di poesia e di fanatismo religioso, non priva di un certo intuito politico. Egli abolì violentemente il culto di Ammone e degli altri dei per sostituirlo con il culto monoteistico e a carattere naturalistico del disco solare Aton cambiò anche il proprio nome da Amenofi (Ammone è contento) in Ekhnaton (Colui che è gradito ad Aton) e in onore del nuovo dio fondò anche una nuova capitale: Akhetaton. Questo straordinario tentativo però non sopravvisse al suo autore, la cui memoria venne anzi violentemente cancellata dai monumenti e dalle iscrizioni. Il culto di Ammone fu restaurato in tutto l’Egitto, protettore delle imprese guerresche dei sovrani ramessidi, e il suo culto rifiorì anche fra gli umili operai e artigiani, invocanti il favore, l’aiuto, il perdono del dio con accenti di commovente intimità. Si diffusero anche divinità straniere, soprattutto siriane. Il sacerdozio di Ammone finì col trionfare sulla sempre più debole monarchia e vi fu un periodo in cui il dio governò direttamente attraverso i suoi sacerdoti e le sue spose terrene, ”le divinità adoratrici”, fenomeno questo tuttavia più politico che religioso. In bassa epoca l’esperienza religiosa si frantumò in una serie di piccoli culti a divinità locali, a esseri semi-divini, geni o personaggi divinizzati. Anche nei confronti delle divinità tradizionali l’atteggiamento si fece più libero e la letteratura gettò talora il ridicolo sulle lotte e le vicende degli dei. Si diffuse sempre più il culto degli animali; la superstizione e il ritualismo si sostituirono spesso alla profonda religiosità dei tempi più antichi, le pratiche magiche assunsero un’importanza sempre crescente. L’età greca con le esigenze religiose dell’ellenismo ricercò nella religione egiziana elementi comuni alla propria religione, identificando con gli dei egiziani i propri dei, vedendo nei sacerdoti egizi i depositari di un’antica saggezza. Di qui una ricerca dei culti minori, una sistematizzazione delle credenze, una cura indefessa nel restauro e nella costruzione dei templi. È questo tipo di religione, sincretistica e arcaicizzante, che si diffuse, anche in età romana, oltre i confini dello stesso Egitto. Il cristianesimo penetrò nell’Egitto nel I sec. e una tradizione ne attribuisce l’evangelizzazione a San Marco; nel II sec. era già diffusissimo tanto che Alessandria divenne uno dei centri teologici più importanti del cristianesimo dei primi secoli.