Quanto più m’avicino al giorno estremo parafrasi

Quanto più m’avicino al giorno estremo parafrasi

-FRANCESCO PETRARCA-


Questo sonetto è il trentaduesimo dell’opera poetica di Petrarca intitolata Rerum Vulgarium Fragmenta (“Frammenti di cose in volgare), chiamata anche Canzoniere. La poesia è inserita in quelle “in vita di Laura” (liriche 1-263), che si differenziano da quelle “in morte di Laura”(liriche 264-366). Infatti Petrarca continuò a lodare la sua donna anche dopo la morte di lei, avvenuta nel 1348.
Le poesie di quest’opera appartengono in gran parte a due filoni: il filone “dafneo”, dell’amore terreno per Laura e per la gloria e della pena amorosa; e il filone “del pentimento”, della consapevolezza dello scorrere del tempo che rende effimera la vita e i suoi piaceri, da cui consegue il desiderio di abbandonare gli amori terreni per dedicarsi al vero Bene indicato dalla dottrina e dalla fede cristiana. Il sonetto 32 è più vicino al filone “del pentimento”.


Forma metrica

Questa poesia è un sonetto le cui quartine hanno rime ABBA ABBA e le cui terzine hanno rime CDE DCE.


Parafrasi

Nella prima quartina il poeta dice che quanto più si avvicina all’ultimo giorno della sua vita, che è solito rendere brevi i dolori della vita, tanto più egli vede il tempo scorrere veloce e leggero, impalpabile, impercettibile, ed egli vede che il suo sperare nel tempo (cioè che il tempo, il futuro, porti qualcosa di positivo) è fallace e mancante (“scemo”v.4).
Nella seconda quartina Petrarca dice, rivolgendosi ai suoi pensieri, che non andranno ancora molto parlando dell’amore ormai, perché il duro e pesante carico terreno (“terreno incarco”v.7), che si porta in terra, cioè il corpo, la parte mortale, si consuma lentamente come la fresca neve; per cui egli e i suoi pensieri avranno pace, dopo la morte.
Poi il poeta nella prima terzina spiega che egli e i suoi pensieri troveranno pace perché con il carico terreno, inteso come corpo, parte materiale dell’uomo, cadrà quella speranza, cioè la speranza nell’amore, che li fece pensare a cose prive di senso così lungamente, e allo stesso modo cadranno il riso e il pianto, la paura e l’ira, le passioni (<pathos) risvegliate dal desiderio per i beni terreni.
Nell’ultima quartina Petrarca conclude dicendo che così vedranno poi chiaramente come spesso si traggano dei benefici dalle cose paurose, come la morte, e come spesso ci si angosci inutilmente per causa sua.


Analisi

Nella prima strofa Petrarca introduce il tema principale di questa poesia, che è una riflessione sulla morte. In seguito egli fa alcune considerazioni su ciò che gli accadrà con la morte, sui sentimenti che proverà e conclude con una riflessione sul lato positivo della morte.
Nella prima quartina il poeta scrive che, man mano che invecchia, si accorge di come il tempo sembri scorrere più velocemente e di come sfuma la sua speranza che il tempo porti qualcosa di buono. Egli definisce il momento della morte il “giorno extremo”(v.1), che abbrevia i dolori e le preoccupazioni (le “miserie”) della vita.
Nella seconda quartina Petrarca si rivolge ai suoi pensieri dicendo loro che egli e i suoi pensieri non parleranno più molto dell’amore, perché il suo corpo si sta consumando: la sua vita terrena sta per finire e presto giungerà la morte. Petrarca e i suoi pensieri troveranno finalmente pace grazie a lei.
Nella prima terzina il poeta spiega perché con la morte avranno pace. Egli scrive che con il corpo, la parte terrena dell’uomo, se ne andrà quella speranza che lo ha fatto pensare a cose prive di senso, cioè all’amore, e se andranno anche sentimenti (ovvero passioni) come la contentezza e la tristezza, la paura e l’ira (è l’oscillare tra stati d’animo contrastanti del I sonetto del Canzoniere: “le vane speranze e il van dolore”, una condizione di instabilità psicologica che Dante nel V canto dell’Inferno ha tradotto nell’immagine della “bufera infernal” che agita le anime dei lussuriosi).
Infine nell’ultima terzina Petrarca conclude dicendo che egli e i suoi pensieri vedranno così come spesso ci si preoccupi inutilmente per della cose che fanno paura, come la morte, e come sovente invece da queste cose si traggano dei benefici, in questo caso la “pace” (v.8).
Petrarca in questo sonetto menziona la morte come qualcosa che fa paura e che gli toglierà la speranza nell’amore, ma soprattutto come ciò che gli permetterà finalmente di trovare la pace interiore che non ha conosciuto in vita. Egli rivaluta dunque positivamente la morte