Quando il gran lume appar ne l’orïente Rime VI

Quando il gran lume appar ne l’orïente Rime VI

DI VITTORIO COLONNA


IL DOLORE DEL RISVEGLIO

Quando il gran lume appar ne l’orïente,                    

che ’l negro manto de la notte sgombra,                  

e dalla terra il gelo e la fredd’ombra                         

dissolve e scaccia col suo raggio ardente:                

 

de’ primi affanni, ch’aveva dolcemente

il sonno mitigati, allor m’ingombra                           

ond’ ogni mio piacer dispiega in ombra,

quando da ciascun lato ha l’altre spente.

 

Così mi sforza la nimica sorte                                   

le tenebre cercar, fuggir  la luce,

odiar la vita e desiderar la morte.

 

Quel ch’ agli altri occhi appanna a’ miei riluce,        

perché, chiudendo lor, s’apron le porte

a la cagion ch’ al mio Sol mi conduce.


PARAFRASI

Quando il Sole nasce all’alba,

e allontana il nero manto della notte (l’oscurità)

e il freddo gelo, e la fredda ombra,

dissolve e scaccia col suo raggio luminoso:

 

mi opprime con le sofferenze

che il sonno aveva alquanto alleviato,

per cui ogni mia gioia tramuta in pena

quando da ogni parte le altre ombre ha portato via (quelle della notte).

 

Così mi costringe la sorte nemica

A cercare l’oscurità e a fuggire la luce

odiare la vita e desiderare la morte.

 

Quello che (la notte) offusca gli occhi delle altre persone (impedisce loro di vedere),

risplende come luce ai miei occhi perché chiudendoli (gli occhi) si aprono le porte del sonno,

mezzo che mi conduce al mio amato consorte (Sole).


SCHEMA METRICO

sonetto con rime incrociate nelle quartine (ABBA ABBA) e rime alternate nelle terzine (CDC DCD)


COMMENTO

Vittoria Colonna, nel 1509, tramite un matrimonio combinato già dalla prima infanzia, andò in sposa al marchese di Pescara, Francesco Ferrante d’Avalos, capitano dell’esercito di Carlo V e morto nel 1525 in seguito alle ferite riportate nella battaglia di Pavia. Da allora, la Colonna si dedicò alla memoria del marito e ritiratasi, negli ultimi anni, nel convento delle benedettine a Roma vi morì nel 1547. Le sue Rime, in uno stile sostenuto e controllato, sono animate da severa dignità e hanno come modello il petrarchismo del Bembo. Molti componimenti sono dedicati alla memoria del marito e tanti altri sono incentrati sulla tematica religiosa. Qui, nel sonetto riportato, c’è il motivo del confronto (chiaramente petrarchesco) tra la notte e il giorno nei loro significati abituali ma rovesciati e, di conseguenza, tra la condizione del soggetto e del mondo naturale: il sorgere del Sole, che è sorgente di vita per la terra, è fonte, invece, di dolore per la poetessa poiché attraverso il sonno era riuscita a mitigarlo e ad aprire le porte che conducono all’amato marito defunto. La luce la riporta, infatti, alla realtà del lutto: lei, allora, non cerca la luce ma le tenebre, non desidera la vita ma la morte. La notte e la morte sono le porte che conducono all’aldilà, luogo in cui brilla l’amato sole (il marito). L’antitesi, più in generale, è dunque fra la vita terrena e la vita spirituale, tra l’aldiqua e l’aldilà.