PROSA A LUIGIA PALLAVICINI CADUTA DA CAVALLO
L’ode fu scritta nel 1800 per Luigia Pallavicini, gentildonna genovese, la quale, durante una cavalcata sulla riviera di Sestri, era caduta ferendosi gravemente al viso. Il Foscolo si trovava allora a Genova assediata dagli Austriaci, capitano delle milizie napoleoniche comandate dal generale Massena. “Ma il dramma è dal sereno fluire dell’ode; il poeta trasferisce l’evento contingente in un’aura favolosa: il mito di Adone, simbolo della caducità della bellezza individuale, e quello di Artemide, simbolo dell’eternità della bellezza universale. Il Foscolo celebra in quest’ode non una donna, ma la bellezza, espressione della suprema armonia del mondo, ma non sempre si innalza a vertici veri di poesia. Solo a tratti ritroviamo l’equilibrio tra la «passione divorante» e la «pacata meditazione». L’ode fu pubblicata già nel 1802.”
Prosa:
1) Per te le Grazie preparino i soavi balsami e le bende odorose che diedero a Venere, quando una spina profana le punse il piede divino
2) il giorno in cui, folle, riempiva di gemiti il sacro monte Ida e bagnava di lacrime il petto insanguinato di Adone giovinetto nativo di Cipro.
3) Ora piangono te gli Amori, te che sei stata annoverata Regina e Dea tra le Donne Liguri! e fiori votivi portano all’altare dal quale risuona il grande arco di Apollo, figlio di Latona.
4) E te chiama la danza ove gli zefiri portavano un’insolita fragranza, quando indocile ai nodi la tua chioma scendeva fino al braccio dandoti un leggero impaccio.
5) Così Pallade (Minerva), mentre è immersa nelle acque del fiume (Inaco) che, cadendo dal colle Inaco versa fiori su di lei, tiene fuori dall’acqua le chiome liberate dall’elmo con la mano bagnata.
6) Un armonioso canto usciva dalle tue labbra e dagli occhi ridenti di Venere tralucevano le liti e le paci, la speranza, il pianto e i baci.
7) Deh! perché hai rivolto ad occupazioni virili, come il cavalcare, le tue forme gentili e il tuo docile ingegno? perché, incauta, non hai seguito l’arte delle Muse che si trovano sul monte Elicona nella regione Aonia, piuttosto che gli aspri giochi di Marte?
8) Invano i venti presaghi agghiacciano il polveroso petto e la forza ardente del cavallo imbizzarrito mentre il morso irritante accresce l’impeto della corsa.
9) Ardono gli occhi, fuma la bocca, il cavallo agita la testa eretta, vola la schiuma dalla bocca e sporca le vesti svolazzanti e le incerte mani e il candido seno;
10) e il sudore scende e gli irti capelli svolazzano sul collo; risuonano gli antri della scogliera marina sotto lo scalpitìo incalzante delle zampe che sollevano nella sua scia sassi e polvere.
11) Già dal lido si slancia il cavallo, sordo alle grida e alla paura; già nuota immerso nell’acqua fino alla pancia…, e ingorde le acque si gonfiano, dimenticando che da esse nacque una Dea.
12) Allora Nettuno, il dio del mare, addolorato ancora dalla morte ingiusta di Ippolito, sorse dal suo letto nel Tirreno percorrendo le profonde vie del mare e respinse con un cenno onnipotente il furente cavallo.
13) Il cavallo arretrò dal flutto recalcitrando, e, orribile visione, si rizzò sopra le onde, e scuotendo l’arcione te, misera, sulla riva pietrosa strascinò tramortita.
14) Muoia chi discortese osò per primo affidare a un infedele corsiero l’agile corpo d’una donna e fu causa con questo colpevole consiglio di un nuovo pericolo alla bellezza!
15) Perché, se questi non fosse mai esistito, ora non vedrei pallido il bel colorito roseo del tuo volto, non vedrei gli occhi amorosi spiare nello sguardo dei medici uno sguardo che annunci il ritorno alla bellezza d’un tempo.
16) Un giorno le cerve trainavano il cocchio dorato di Cinzia (Diana), ma udendo l’urlo delle fiere impazzirono e dalla rupe etnea fecero precipitare la Dea.
17) Gioivano di riso invidioso le dee abitatrici dell’Olimpo, perché l’eterno viso silenzioso, e pallido, appariva cinto da un velo ai conviti degli dei;
18) ma molto piansero il giorno che dalle sacre danze di Efeso lieta faceva ritorno Diana, la sorella di Febo Apollo, fra le vergini (le sessanta ninfe Oceanine) a lei consacrate, e più bella che mai saliva al cielo.