PROMESSI SPOSI TEMATICHE

PROMESSI SPOSI TEMATICHE


La storia

Manzoni scrive un romanzo storico, ambienta cioè le avventure di Renzo e Lucia nel seicento, durante la dominazione spagnola in Italia. A fianco dei personaggi nati dalla fantasia dell’autore si muovono così personaggi storici veri e propri  oppure personaggi realmente esistiti a cui Manzoni si ispira per crearne dei nuovi. Solo in questo modo la storia di Renzo e Lucia diventa vera. Non si deve infatti dimenticare che per Manzoni, come egli stesso scrive in una sua lettera, « l’essenza della poesia non consiste nell’inventar dei fatti», ma nel far uscire, proprio dalla storia, i sentimenti e « le passioni che hanno tormentato gli uomini », cioè « ogni segreto dell’anima umana».


La Provvidenza

 Il tema più significativo, però, quello su cui poggia il messaggio manzoniano, si riferisce alla visione religiosa della vita l’opera della Provvidenza di Dio nella storia e nelle umane vicende. Il pessimismo manzoniano emerge nella constatazione della presenza del male, dell’irrazionalità dell’agire umano, della forza dirompente degli egoismi in contrasto. Pure la Grazia di Dio non abbandona gli uomini che lo cercano e confidano in Lui. Sbaglia don Abbondio quando, esultante, definisce la Provvidenza come una “scopa” che finalmente ha fatto piazza pulita di don Rodrigo e dei suoi scagnozzi.

Il “lieto fine” dei Promessi Sposi, semmai, non consiste nel rito delle nozze, ma in quella sorta del “decalogo” con cui Renzo, ormai marito, padre e imprenditore di successo attua un bilancio di quei due anni travagliati e avventurosi. Constata che si è fatto una dura esperienza di vita che lo mette in grado di dare buoni consigli ai figli, quando cresceranno. Invece Lucia osserva che, per quanto la riguarda, non si è mai messa nei guai, ma “sono loro che sono venuti a cercar me”. Allora, insieme, gli sposi giungono alla conclusione che, di fronte alle tribolazioni, bisogna confidare in Dio e sperare che le sofferenze migliorino la vita. È un finale senza idillio, come osservano i critici, ma coerente con la tensione religiosa che percorre tutta la narrazione.


La carestia

Fra Cristoforo lascia il suo convento per recarsi a casa di Lucia. Il paesaggio è quello di un lieto tramonto autunnale, ma gli uomini che popolano questo paesaggio rattristano Manzoni e i lettori. Questo scenario è l’ anticipazione della carestia, un argomento della storia milanese del secolo XVII, analizzato da Manzoni con cura e documentazione di studioso. L’attenzione rivolta alla storia, come sempre accade, anche in questo caso non invade l’interesse per l’uomo.In Italia in quel periodo c’era una situazione economica molto difficile. C’era una vera e propria carestia che portava il popolo italiano ad una situazione di disagio estremo.

La religione

Esistono nei Promessi sposi tre figure di religiosi, don Abbondio, fra Cristoforo, il cardinal Federigo, che esprimono tre diversi modi di vivere e operare religiosamente.

Don Abbondio, che «non era nato con un cuor di leone», non trova spazio nella società del suo tempo e accetta di farsi prete per intesse. Il ministero sacerdotale diventa quindi per don Abbondio l’unico sistema per assicurarsi un quieto vivere, in un mondo violento e corrotto: e il curato infatti si fa prete per mettersi in salvo e in pace.

Fra Cristoforo è invece l’immagine del religioso che opera nel mondo, fino ad opporsi, anche con aggressività, ai mali della società secentesca. È il predicatore che crede che la parola di Dio abbia creato il mondo: perciò le sue parole non restano soltanto parole, ma diventano azioni concrete (fra Cristoforo affronta don Rodrigo, va a servire gli appestati, scioglie il voto di castità di Lucia, per esempio).

La figura del cardinal Federigo, infine, è quella che più si avvicina al modo di intendere la religione da parte di Manzoni. A differenza di fra Cristoforo, il cardinal Borromeo non solo opera nel mondo, ma lo scavalca con il suo esempio: sa dunque opporre alla falsità del mondo un modello di verità che è proprio la verità della parola di Dio.

La peste

Il XXXI e il XXXII capitolo dei Promessi sposi sono capitoli di pura trattazione storica, in cui tutta l’attenzione di Manzoni sembra rivolta allo studio della peste a Milano del 1630. L’autore dimostra un’accurata conoscenza del fenomeno, documentata sui testi più autorevoli di quel tempo. L’analisi storica offre tuttavia a Manzoni l’occasione per indagare nel cuore degli uomini.

Allora nelle sue pagine compaiono gli esempi di grande carità cristiana (primo fra tutti quello del cardinal Federigo), di quanti, « nella furia del contagio », visitano gli ammalati per dare il loro conforto e il loro aiuto. « Ma di fronte a queste sublimazioni di virtù » non mancano anche gli esempi di « perversità » di coloro « sui quali l’attrattiva della rapina » è più forte del timore della malattia. Questi uomini entrano da padroni nelle case degli infermi, maltrattano, rubano e saccheggiano senza pietà. Quello della peste diventa dunque un nuovo quadro dell’umanità, descritta da Manzoni in tutti i suoi aspetti.


La Giustizia

Nei primi sei capitoli dei Promessi Sposi, Manzoni pone particolare attenzione al tema della giustizia; evidenziando e, per meglio dire, criticando la “giustizia” secentesca.
Nell’Italia del 600, sotto il dominio spagnolo, la giustizia nei comuni era piuttosto irregolare e, nelle mani dei più potenti. Succedeva, infatti, che gli unici ad essere vittime del sistema giudiziario fossero proprio i più bisognosi: gli umili e indifesi.
È evidente il desiderio dell’autore di denunciare e criticare la giustizia dell’epoca dal fatto che abbia scelto come protagonisti del suo romanzo proprio due semplici e umili contadini.
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Tramite l’incontro di don Abbondio con i bravi, evidenzia la popolazione per lo più divisa tra oppressi e oppressori, e la condizione nella quale si trovavano i meno coraggiosi che, per non essere vittime di tali angherie, erano costrette a raggrupparsi in corporazioni o a rifugiarsi sotto la protezione di una delle due più potenti classi sociali: la chiesa. Il piccolo clero locale era, tuttavia, impotente di fronte a tale prepotenza e presa di potere da parte dei nobili, ricchi e potenti, e viveva, quindi, in un continuo clima di terrore, spesso costretto ad atteggiamenti di servilismo.

La giustizia, all’epoca dei Promessi Sposi, era gestita dai potenti, i signorotti dei paesi che, tramite un considerevole numero di bravi al loro servizio, commettevano soprusi e angherie ed, inoltre, grazie il loro potere, corrompevano altri rappresentanti della giustizia o si facevano amici di altri potenti. I nobili molto spesso pretendevano di sostituirsi alla legge, di far coincidere le loro volontà con essa..
Manzoni, infatti, non crede che la giustizia possa attuarsi tra gli uomini, mentre egli sogna uno stato di diritto, dove tutti, compresi gli stessi governatori, siano tenuti a rispettare le stesse leggi, una società basata sui principi della rivoluzione francese, dell’illuminismo e sui valori cristiani.


La Libertà

Spicca, in primo piano, il tema del rapporto fra libertà e condizionamento, in cui si innestano i motivi dell’amore, della prevaricazione, della paura, che concorrono a sviluppare quello unificante del matrimonio mancato. La libertà è il valore su cui si incardina la morale cristiana, ma viene cancellata da disvalori, primo fra tutti il conformismo Ecco, allora, comparire i motivi del privilegio che tocca solo a una piccola categoria di persone, dell’ingiustizia che colpisce tutti coloro che patiscono l’oppressione dei privilegi altrui, della violenza nell’ambito sociale, politico e anche familiare, della mancanza di moralità che nasce dal mancato rispetto delle più elementari norme evangeliche.
A questo punto il pessimismo di Manzoni, insieme a un certo senso latente e sommesso di condanna si allenta nel tono bonario dell’ironia, soprattutto nei punti in cui smaschera le piccole astuzie degli umili e diviene denuncia aspra quando constata come anche i valori più sacri, quali la paternità, siano inquinati dall’orgoglio, che porta alla menzogna, alla coercizione allo stravolgimento dei valori della famiglia e della società.

Lo sfondo storico del romanzo

I Promessi Sposi sono ambientati nel Seicento. Questo secolo si può considerare, più che lo sfondo, il vero protagonista del romanzo. Esso è presente nei suoi aspetti più caratteristici.
1) Il Ducato milanese era allora sotto il dominio della Spagna, ma i veri padroni erano i potenti, i signorotti piccoli e grandi che circondati di sgherri, i bravi, facevano quello che volevano, ridendosene della giustizia.
2) Gli umili vivevano nel timore e nella miseria, resa ancor più grave dai raccolti scarsi e dagli sperperi per la guerra.

Il Manzoni ambienta la vicenda nella Lombardia del 17° secolo:
1) per far luce su una delle più buie e meno note della storia italiana,
2) perchè questo secolo, che aveva dato prova della nefandezza più crudele e svergognata e nel quale c’erano i pregiudizi più assurdi ma anche l’esercizio delle virtù più toccanti, si prestava all’ambientazione di un romanzo che doveva commuovere e far riflettere il lettore,
3) per sottolineare il ruolo storico della Chiesa nel Seicento, accanto ai personaggi deboli e inetti come Don Abbondio, il Manzoni presenta anche figure luminose come quella di Fra Cristoforo e del Cardinale Borromeo, le quali esprimono la forza morale della Chiesa, istituzione in grado di arginare o di combattere le prepotenze e l’arroganza dei potenti e di soccorrere gli oppressi

L’economia        

L’economia italiana dalla metà del seicento entrò in una crisi irreversibile dovuto allo spostamento progressivo dei grandi traffici internazionali dal mar mediterraneo al mar baltico all’oceano atlantico, dopo la scoperta dell’america. Inoltre la frattura provocata dalla riforma protestante aveva chiuso i mercati dell’Europa settentrionali ai prodotti e alle merci provenienti dall’ Italia. Politicamente gli stati italiani, dopo la pace di Cateau-Cambresis persero la loro indipendenza poiché caddero sotto il dominio della Spagna la  monarchia spagnola governava con i suoi viceré o con i suoi governatori i regni di Napoli Sicilia e Sardegna e il ducato di Milano, ma anche gli altri stati italiani risentivano dell’ influenza politica della Spagna. Questo predominio garanti un lungo periodo di pace interna ma influì negativamente sui costumi, sulla mentalità e sulle abitudini degli italiani. La nobiltà del nostro paese divenne oziosa e improduttiva come quella spagnola e affidò le sue estese proprietà terriere ad amministratori preferendo vivere nelle città presso le corti. L’ agricoltura decadde e. le terre, mai coltivate, finirono per inaridirsi e rendere sempre meno, soprattutto al sud.

Nonostante l’ottuso conservatorismo ecclesiastico, nascono la scienza dell’età moderna e nuove forme d’espressione dove primeggiano l’inquietudine, la contraddittorietà, l’angoscia, insomma, tutto ciò che è in netto contrasto con la prospettiva armoniosa e razionalistica del Rinascimento, dove era indispensabile la ragione per conquistare la verità divina. La culla della civiltà barocca fu l’Italia (in particolare Roma e Bologna), sede della Chiesa e centro irradiante della spinta controriformista. Infatti, il Barocco si configura come l’arte della Chiesa, del trionfo contro la riforma protestante: attraverso l’arte, la Chiesa riconquista prestigio, suggestionando folle di fedeli ed ostentando tutta la sua ricchezza e potenza.

Non stupisce che, l’arte figurativa, preferisce alla riproduzione degli oggetti la finzione: le chiese barocche presentano volte affrescate in modo da suscitare la sensazione di uno spazio verticale infinito, che si identifica con il cielo. Dall’evidenza visiva dipende la dimostrazione della fondatezza delle scoperte celesti di Galilei. Nel barocco, troviamo l’intrecciarsi strettissimo di razionalità e di fantasia, di riflessione e di creazione, di astrazione e di concretezza.